Chiara Ferragni ha rotto l'uovo di Pasqua su cui lei e una folta schiera di influencer - più o meno quotati al borsino dei follower - hanno finora campato, sfruttando la credulità e il desiderio della gente (di tutte le età) di evadere dalla vita quotidiana identificandosi con questi nuovi “personaggi”, illudendosi che siano “autentici”. Il vaso di Pandora si è però scoperchiato e mostra un quadro desolante soprattutto per l'enogastronomia. I vari piazzisti del web, anche se più presentabili rispetto al modello televisivo di Vanna Marchi, negli ultimi anni hanno sfruttato il Far West della rete, aggravando le già pessime esperienze di commistione fra pubblicità e informazione su stampa e tv.
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Qual è stato il meccanismo vincente degli influencer come Chiara Ferragni?
Il meccanismo vincente è stato l'autoreferenzialità basata sul numero dei like (più o meno reali e più o meno comprati) con cui hanno sostituito l'autorevolezza che spesso non potevano avere per mancanza di esperienza (anche solo per ragioni anagrafiche). E proprio il vino, il cibo e la ristorazione sono il teatro dove si sono forse registrate le vicende peggiori. Dagli spadellatori che non hanno mai lavorato in un ristorante, a pretesi esperti di diete che hanno creato danni incalcolabili a molti giovani. Se poi si considera che questi nuovi mestieranti si mischiano ai professionisti veri presenti sui social con milioni di follower (pensiamo per tutti ad Antonino Cannavacciuolo) si può ben capire come la confusione sia massima.
Non che i testimonial pubblicitari più “tradizionali” siano stati esempi di etica o serietà: pensiamo solo ai cuochi che pubblicizzano in tv o sui giornali prodotti che non utilizzano nelle loro cucine… Ma almeno in quei casi è chiaro a tutti che si tratta di pubblicità. Ed è vero che, in fondo, molti influencer fanno la stessa cosa, ma evitando di chiarire che “anche loro” sono pagati dagli sponsor. E ci sono agenzie che in questi anni sono cresciute gestendo questi personaggi del web come veicoli pubblicitari o come comparse per riempire le conferenze stampa.
A sostenere questa “nuova” comunicazione affidata agli influencer c'è poi stata la corsa di gestori di locali o dirigenti d'azienda a farsi promuovere (a pagamento), affidandosi però spesso a giovani ignoranti del prodotto di cui parlano. Questo perché in genere gli influencer sono bravi a presentarsi come “il nuovo” usando linguaggi e approcci più moderni di quelli di noi giornalisti. Il tutto in totale assenza però di regole deontologiche o normative: il risultato è che la “reclame” viene spacciata per giudizi disinteressati.
Se questi investimenti siano davvero efficaci se lo stanno per fortuna chiedendo ora molte aziende. Senza credibilità non è che le vendite siano volate o i ristoranti (anche stellati) e gli hotel si siano riempiti… Oltre al discredito, c'è poi il rischio di portarsi in dote perdite secche mentre l'aumento di fatturato in genere va in tutto in tasca all'influencer (vedi il pandoro delle Ferragni). L'Antitrust per il «Pink Christmas», ha sanzionato Balocco (per 425mila euro) e due società che fanno capo a Ferragni (per oltre un milione di euro). Parliamo di un prezzo medio di 9,37 euro per un prodotto identico con solo una confezione diversa rispetto al tradizionale che costava 3,68 euro. Balocco ha incassato 1,6 milioni in più, ma tra il compenso a Ferragni e spese varie l'operazione è stata in perdita.… E ora anche l'immagine aziendale è stata intaccata.
Influencer e pubblicità: le nuove linee guida dell'Agcom
Per carità, non tutti gli influencer fanno pubblicità spacciata per beneficenza, ma certo la non chiarezza è spesso sovrana, e ciò fa male anche a quei blogger o influencer che invece lavorano con serietà e professionalità. È quindi più che benvenuta la decisione - finalmente - dell'Agcom (l'Agenzia di controllo della concorrenza) di porre dei limiti e imporre a tutti di distinguere fra libere opinioni e reclame, rendendo esplicito il contenuto pubblicitario e commerciale quando si tratta di sponsorizzazioni. Ora dovrà essere scritto chiaramente che è PUBBLICITÀ (in maiuscolo e in caratteri grandi), tagliando alla radice l'atteggiamento “leggero” tenuto dai più. Nel testo del provvedimento Agcom si legge: In caso di contenuti con inserimento di prodotti, gli influencer sono tenuti a riportare una scritta che evidenzi la natura pubblicitaria del contenuto in modo prontamente e immediatamente riconoscibile”. Le linee guida riguardano tutti gli influencer operanti in Italia che raggiungono almeno un milione di follower sulle varie piattaforme o social media.
In questo senso è un bene che si possa distinguere fra marketing e contenuto informativo. E a maggior ragione che ciò valga soprattutto per gli influencer più importanti. Se queste regole fossero state introdotte da tempo, gli scandali della Ferragni non desterebbero oggi così scalpore e, forse, il suo impero non sarebbe diventato così grande… Il meccanismo utilizzato da tanti influencer “furbetti” è quello di illudere i consumatori di essere uno di noi, da qui la spinta ad essere seguiti ed entrare nella loro vita, che siano famosi e meno. Una tendenza resa ovviamente quasi “normale” dai social che negli anni hanno ampliato a dismisura l'effetto piazza o casa a ringhiera in cui si tende a sapere un po' di tutto su ogni vicino. Ed è questa illusione che forse comincia a svaporare di fronte a casi come quelli della Ferragni. Chi ha giocato sull'autoreferenzialità senza basi concrete ora rischia davvero tanto. Ma non per le sanzioni che potrebbero scattare (se mai l'Agcom lo farà), quanto per essere costretti a segnalare che le proposte fatte finora non erano così disinteressate o altruistiche, ma frutto di sponsorizzazioni.
Quali scenari si aprono con le nuove linee guida dell'Agcom per gli influencer?
Ora sarà interessante vedere cosa succederà in un comparto dove a fianco di influencer farlocchi ci sono anche tante persone serie. E il discrimine sarà vedere la scritta (evidente) di pubblicità, e non qualche #adv in mezzo ad altri tag. Il che apre scenari interessanti perché bisogna anche chiedersi come fanno a guadagnare i food influencer. Nella moda alla fine si seguono trend (che sono quelli degli stilisti) e forse è più evidente che se si parla di Gucci invece che di Armani in qualche modo si fanno gli interessi di qualcuno, oltre che il proprio.
Ma se si parla di pasta invece che di un vino o di un ristorante il confine è molto più labile e il vero rischio è mettere magari a rischio la salute del follower che si illude che l'influencer abbia almeno qualche conoscenza sanitaria o abbia fatto la scuola alberghiera… Per carità di “ignoranti” ce ne sono tanti anche fra i giornalisti, ma in genere c'è una redazione dove qualche collega è in grado di correggere gli errori più vistosi. Gli influencer per loro natura (salvo avere organizzazioni alle spalle quando sono “grandi”) sono invece liberi professionisti che lavorano soli. E se salta l'autoreferenzialità non c'è più nulla che sorregga un lavoro che comunque è utile e legittimo, purché si chiarisca se si fa pubblicità. Un po' di ordine potrebbe fra l'altro portare anche un po' di tregua a quella spettacolarizzazione del cibo (il fenomeno del food porn) di cui non se ne può più. Ma si aprono altri scenari che comprendono anche il pessimo ruolo svolto da piattaforme come TripAdvisor che hanno per primi fatto saltare ogni confine fra commenti e pubblicità.
Alcuni esempi di influencer nel mondo del food
Per concludere vediamo ora alcuni casi di influencer, che non per questo sono equiparabili alla Ferragni, per i quali le norme di Agcom potrebbero avere o meno effetti sulla loro reputazione. Nell'elenco troviamo chi si è inventato il lavoro di influencer vero e proprio e chi, come molti cuochi, ha un ampio seguito sui social. Sono figure ovviamente diverse ma saranno considerate allo stesso modo da Agcom. Con un'avvertenza in più: non è che il numero di follower (che a volte possono essere comprati e quindi fasulli) significa che tutti i giorni questi personaggi siano seguiti. Vorrebbe dire che ogni italiano ne consultano tanti ogni giorno. Sono numeri dovuti magari a chi è entrato una volta per curiosità su un profilo e ha segnato di seguirlo… ma poi non ci è più tornato.
- Rafael Nistor, con le sue ricette facili su Tik Tok supera gli 8.6 milioni di follower.
- Antonino Canavacciuolo (Villa Crespi ***), è il cuoco più seguito si Instagram con 5,7 milioni di follower fra Instagram e Facebook..
- Benedetta Rossi (Fatto in casa da Benedetta), con oltre 4.8 milioni di follower. L'uso di ingredienti semplici ed economici (con tanto di marchi) per ricette casalinghe l'ha esposta a molte critiche portandola anche alla lacrime in rete.
- Max Mariola, il cuoco romano ha oltre 3,8 milioni di follower che seguono le sue ricette fra Instagram e Facebook.
- Sonia Peronaci, già fondatrice di Giallo Zafferano, supera i 3,6 milioni di follower fra Instagram, Facebook e TikTok. Fra ricette ed eventi si occupa di marchi.
- Alessandro Borghese (Il lusso della semplicità) ha 3.2 milioni di follower fra Instagram e Facebook.
- Bruno Barbieri (Si fa così) il cuoco di master chef ha 2,6 milioni di follower fra Instagram e Facebbok.
- Massimo Bottura (Osteria Francescana ***) il cuoco modenese ha 2,1 milioni di follower fra Instagram e Facebook.
- Luca Pappagallo (Casa Pappagallo) ha 9 milioni di follower su Facebook.
- Andriana Kulchytska (La ragazza con l'accento), su Tik Tok la blogger supera 1.6 milioni di follower.
- Raffaele e Caterina (i “2 food fit lovers”) fra Instagram e Tik Tok superano 1.6 milioni di follower.
- Diletta Secco, la giovane toscana supera 1.4 milioni di follower su Tik Tok.
- Damiano Carrara (atelier Damiano Carrara) il pastry chef ha 1,3 milioni di follower su Instagram.
- Simone Rugiati, Chef e personaggio televisivo, coinvolto in vari programmi culinari e progetti gastronomici, ha oltre un milione di follower fra Instagram e Facebook.
- Aurora Cavallo (Cooker Girl) supera 1.2 milioni di follower su TikTok.
- Francesca Giovinazzo e Tommaso Fogliata (Take my heart everywhere) su Instagram presentando viaggi di lusso tra hotel e ristoranti superano 1,1 milioni di follower.
- Nicola Jiang (viaggio per mangiare) fra Instagram e TikTok supera 1.1 milioni di follower.
- Chiara Maci (@chiarainpentola), food blogger e autrice di libri di cucina, condividendo ricette e storie legate al cibo italiano, supera oltre un milione di follower fra Instagram e Facebook.
- Carlotta Perego (Cucina Botanica), con oltre un milione di follower solo su Instagram è la regina della dieta vegana, anche in questo caso con prodotti di marca esibiti. A lei si può associare, dopo l'accordo, Clio Zammateo (ClioMakeup), la regina del beauty con oltre 10 milioni di follower.
- Luisa Orizio (Allacciate il grembiule), fra Instagram e TikTok ha oltre un milione di follower proponendo ricette.
- Natalia Cattelani fra Facebook, Instagram e TikTok supera il milione di follower.
- Umberto Gazerro (Chef Nerone) fra Instagram e TikTok supera un milione di follower.
- Davide Campagna (Cotto al dente) supera un milione di follower su Facebook.
- Carlo Gaiano raggiunge un milione di follower su Faceobok.
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Alberto Lupini
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