Carriere certe e riduzione del costo del lavoro: ecco come riavvicinare i giovani alla ristorazione

Secondo il consulente ed esperto di marketing della ristorazione Giacomo Pini l'introduzione del Reddito di cittadinanza non c'entra nulla con la grande fuga dei giovani dal settore. “Ha soltanto accentuato un problema che in Italia esiste da tempo e che se non viene per tempo contrastato finirà per danneggiare gravemente il settore dell'accoglienza”

27 giugno 2022 | 05:00
di Martino Lorenzini

«L'introduzione del Reddito di cittadinanza non è la causa che sta facendo scappare il personale, e in particolare i giovani, dai settori della ristorazione e dell'accoglienza. Ha soltanto reso ancora più evidente un problema che se se non si affronterà per tempo finirà per danneggiare pesantemente l'intero sistema». Parole di Giacomo Pini, imprenditore, Ceo di GPstudios, azienda di consulenza e formazione in ambito ristorazione e turismo e autore del libro "Risto Boom. Crea il successo del tuo locale". Anche Pini ha voluto dire la sua su un argomento che ormai da qualche mese sta tenendo banco in Italia e che ha creato accese polemiche che non accennano a placarsi.

"La ristorazione in Italia ha perso il suo fascino"

«Il settore della ristorazione in questo momenti si trova all'interno di quella che io penso sia la tempesta perfetta - ha premesso Pini - Ritengo che diversi fattori abbiano portato all'attuale crisi della ristorazione che vede molte persone fuggire a gambe levate, specialmente i giovani. Fra questi c'è anche il Covid e il conseguente lockdown. Il lungo periodo di fermo ha portato in molti a riflettere e a ripensare il proprio futuro. Un fenomeno ormai generalizzato, che sta coinvolgendo il mondo del lavoro».

Come mai il settore della ristorazione ha perso appeal?
A meno che tu non faccia parte di qualche catena o di qualche grande realtà, percepisci intorno a te la sensazione che manchino le prospettive di carriera e quindi finisci col perdere gli stimoli e a cercare occupazioni che magari offrono stipendi più alti o quantomeno uguali, ma a condizioni lavorative decisamente migliori.

Cosa è successo di preciso rispetto al passato?
Penso che un tempo erano molto efficaci le referenze, che certificavano di fatto il tuo percorso professionale ed erano più efficaci del cosiddetto libretto di lavoro. Adesso, invece, non ci sono più e bisognerebbe fare in modo di reintrodurre un nuovo sistema di referenze, affinché siano nuovamente efficaci.

Le scuole alberghiere hanno delle responsabilità?
Sicuramente. La maggior parte propone dei programmi scolastici arretrati e così finiscono per formare diplomati che non sono ancora pronti per il mondo della ristorazione. E così le aziende sono costrette a formarle investendo tempo e denaro. C'è poi anche la questione legata agli Itp, ovvero gli Insegnanti tecnico pratici che ci sono nei laboratori. So che al momento per diventarlo è sufficiente avere il diploma, ma a mio parere servirebbero anche competenze pratiche e una maggiore formazione teorica.

 

 

La crisi coinvolge anche gli stagionali, come mai?
Per diversi motivi. Anzitutto il fatto che il periodo stagionale si riduce sempre di più e alla fine per un dipendente spesso accettare di lavorare per pochi mesi non è più conveniente. Soprattutto per chi viene da un'altra regione o all'estero. Bisogna inoltre trovare anche degli alloggi decenti dove ospitare queste persone e non limitarsi a mandarle in spazi che magari sono angusti e scomodi e che devono pure condividere coi colleghi.

Quindi anche i ristoratori e albergatori hanno delle responsabilità?
Si, nel momento in cui, per esempio, utilizzano gli stagisti per impiegarli in mansioni che abitualmente nessuno vorrebbe fare. Oppure quando li utilizzano per rimpiazzare il personale mancate, mentre dovrebbero farli affiancare da personale qualificato. E poi devono finirla di dire ai nostri giovani "vieni che ti insegno come si fa il mestiere". Perché spesso non lo si fa in maniera professionale. Se va bene lo si fa in maniera artigianale e se va male in maniera approssimata o sbagliata. Il personale deve infatti imparare lo storytelling del locale e dei suoi piatti, ma anche imparare le tecniche di vendita. Tutte capacità che per essere apprese richiedono studio e impegno.

 

Cosa si può fare per invertire la rotta?
Anzitutto far sedere tutti i soggetti coinvolti attorno a un tavolo per affrontare il problema. E più si rimanda questo momento più i nostri talenti se ne andranno all'estero dove la professionalità italiana nel settore è molto apprezzata e riconosciuta. Basti pensare che il miglior management dei ristoranti di Dubai negli Emirati Arabi è italiano. Oppure al Geranium di Copenaghen, dove tutto il personale è italiano e so che non tornerà più in Italia, perché in Danimarca è valorizzato, tutelato e ciascuno riesce ad avere anche i propri spazi al di fuori della routine di lavoro.

Cosa può fare lo Stato per combattere la crisi?
Sicuramente ridurre il costo del lavoro sarebbe un buon punto di partenza.

Cosa si rischia se non si affronta il problema?
Ci sarà una grande dispersione di professionalità e il settore si impoverirà. E va detto anche che non tutti i ristoratori sono disposti a rimpiazzare un cameriere italiano con uno straniero. Come non è detto nemmeno che i nuovi migranti siano interessati a questo settore.

Il modello usato da Gaetano Trovato (celebre cuoco di origini siciliane che fin dal 1995 ha introdotto nel suo locale, Arnolfo, la doppia sosta settimanale e poi anche i tre giorni di ferie al mese da attaccare a quelli di riposo) è replicabile?
Dipende dal contesto.

Quanto può incidere sui ricavi di un ristorante un personale adeguatamente formato?
Dipende. se pensiamo ai format verticali come i franchising, dove si cerca di ridurre al minimo il personale, anche zero. Se invece pensiamo al ristorante la percentuale di possibili ricavi in più oscilla tra il 15% e il 20%. Per essere più esplicito prendo come riferimento una frase di Massimo Bottura dove affermava che i suoi piatti non varrebbero nulla se non si trovassero nel contesto giusto.

Esiste una figura professionale più importante di altre?
No, dipende sempre dalla tipologia e dalla natura del locale. Penso per esempio a un sommelier. In un format verticale, dove nel menu si abbina al cibo anche il bere (il cosiddetto pairing), la sua presenza è ininfluente, mentre in altri settori è fondamentale.

Quali sono le nuove figure professionali che stanno emergendo?
Negli alberghi di lusso sicuramente il life style manager. Si tratta di una sorta di maggiordomo che, volendo, ti segue in ogni momento del soggiorno facendo anche da personale shopper o concierge. Nella ristorazione, invece, è di tendendeza la figura dello Store manager. Si tratta di un ruolo ibridizzato in grado di gestire le risorse umane e al tempo stesso fare chiusura di cassa. Tra i suoi copiti c'è quello di fare in modo che tutto fili liscio all'interno del locale.

Quali sono le abilità che oggi le aziende richiedono ai dipendenti?
Adesso si cerca molto di migliorare il senso della vendita, ma soprattutto le cosiddete soft skills, ovvero insegnare alle persone a gestire altre persone.

Che tipo di formazione offre la vostra azienda di consulenza?
Si va dall'apetto pratico a quello teorico. Non trascuriamo nulla

Quale è la caratteristica indispensabile che chi lavora in questo settore dovrebbe sempre avere?
La capacità e la voglia di stare in mezzo alla gente non dovrebbe mai mancare.

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