Il prezzo del gasolio è alle stelle: in tutta Italia si oscilla intorno ai due euro al litro e la situazione non sembra, almeno nel breve periodo, destinata a migliorare. Un problema che sta avendo effetti devastanti sulla pesca. Già molte barche avevano rinunciato a uscire in mare, schiacciate dai costi insostenibili. Ora però si è arrivati a un punto di non ritorno e i pescatori hanno quindi deciso, uniti, di scioperare.
A trainare la protesta è Marinerie d'Italia e l'adesione è molto alta in tutte le regioni. Almeno fino a domenica le barche non usciranno in mare, ma non è detto che il blocco non continui ad oltranza. I primi effetti sul mercato si stanno già vedendo: il pesce italiano è quasi introvabile e le aziende che operano nel settore della distribuzione per la ristorazione stanno già preparando, laddove possibile, percorsi alternativi per non rimanere all'asciutto.
I pescatori sono in sciopero contro il caro gasolio
I pescatori di tutta Italia sono in sciopero. Da lunedì e fino a domenica (ma si potrebbe proseguire ad oltranza) le barche resteranno in porto. La causa? Il prezzo del gasolio arrivato alle stelle che rende in molti casi antieconomico uscire in mare. Questo nonostante il settore sia in qualche modo tutelato dall'assenza di accise che permette di ridurre il costo del carburante, rispetto al mercato tradizionale. Non a sufficienza però.
Parla Francesco Caldaroni, leader della protesta
A confermare la situazione insostenibile è Francesco Caldaroni, pescatore, presidente di Marinerie d'Italia e leader della protesta a livello nazionale. «La situazione è critica - ha evidenziato - Da anni il settore è già tartassato dalle normative comunitarie che hanno ridotto i giorni di pesca. Siamo tutti d'accordo, il mare va difeso e tutelato. Le regole devono però valere per tutti, altrimenti il mercato viene invaso da pesce straniero e noi siamo fermi in porto. In questo contesto già difficile ci si è messo pure il gasolio».
Non è la prima volta che i pescatori incrociano le braccia a causa del caro carburante. Già nel 2008 fu sciopero ad oltranza e i rappresentanti di categoria andarono fino a Bruxelles. Ora si è tornati a quei giorni. Mercoledì 9 marzo i pescatori scenderanno in piazza a Roma, in cerca di risposte dal Governo. «Allora il prezzo del barile arrivò a cifre record, ma il gasolio lo pagavamo meno di 80 centesimi al litro - ha proseguito Caldaroni - Oggi non siamo ancora arrivati a quei livelli eppure a noi costa più di un euro. Com'è possibile? Vogliamo risposte, anche perché, senza aiuti sulle accise, chiude tutto il comparto. Non solo io ma anche il mio equipaggio e tutto l'indotto che gira intorno alla pesca».
E per i ristoranti?
I pescatori non sembrano intenzionati a fermarsi, almeno fino a quando non riceveranno rassicurazioni adeguate. I primi effetti sul mercato iniziano già a vedersi. Il pesce italiano è quasi introvabile e nel giro di pochi giorni potrebbe scomparire a tutti gli effetti. È quindi probabile che i ristoranti, ma anche le famiglie, dovranno trovare prodotti alternativi. In questo senso si stanno già muovendo gli operatori della distribuzione.
«Sul prodotto fresco l'impatto dello sciopero è immediato - ha confermato Antonio Caputo di Bergel, che opera nel settore della fornitura per la ristorazione, non soltanto di pesce - Viene infatti a mancare una varietà di prodotti che si affianca a quelli di allevamento. Il prodotto del Mediterraneo ha una qualità che altrove è difficile trovare e lo dimostra il fatto che, nonostante i prezzi siano alti, la richiesta c'è sempre. Questa notte però non è arrivato nemmeno un chilo di pesce. È logico quindi che sia necessario, almeno per il momento, cercare mercati alternativi».
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Un prodotto molto richiesto
«A causa dello sciopero non abbiamo in questo momento la possibilità di vendere pesce locale ai nostri clienti - ha sottolineato Mattia Mannini, socio di DelMar, da trent'anni leader nella commercializzazione, lavorazione e distribuzione di prodotti ittici freschi e congelati - Si tratta del prodotto maggiormente richiesto dagli italiani ma non possiamo fare altro: tutte le barche sono in porto. L'unico pesce che possiamo vendere fresco è quello che arriva dall'estero».
DelMar ha chiesto anche a Confesercenti di aumentare il confronto tra le parti. «Al momento non c'è tra operatori del settore - ha aggiunto Mannini - Il timore è possano scioperare anche gli autotrasportatori. A quel punto avremmo la paralisi completa».
Le preoccupazioni sul lungo periodo
A spaventare sono gli effetti sul lungo periodo, che potrebbero mettere realmente in crisi gli operatori di settore, già fiaccati dalla pandemia e a loro volta colpiti dal caro energia. «Per fortuna abbiamo una ampia rete di fornitori che ci sta permettendo nel breve periodo di sopperire a questa emergenza. Nel medio lungo periodo, invece, la situazione si fa decisamente più critica. Il fermo dei pescherecci rischia infatti di compromettere l'intera filiera - ha spiegato Fabrizio Bonifaccio, amministratore delegato di Orobica Pesca, nata nel 1965 a Bergamo e attiva sia al dettaglio sia all'ingrosso - Sarebbe un colpo non da poco per un settore che si stava riprendendo, dopo le criticità subite durante i mesi del lockdown. Senza contare il caro energia che nell'ultimo periodo si è fatto particolarmente sentire. Utilizzando le celle frigorifere siamo a tutti gli effetti un'azienda energivora e quindi speriamo che questa situazione, già critica anche a causa del conflitto tra Russia e Ucraina, si risolva nel breve periodo, altrimenti sarà sempre più difficile per noi sopravvivere».
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Alberto Lupini
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