Il caro carburante rischia di mettere in ginocchio tutta l'economia italiana. In prima linea a rischiare ci sono le imprese del turismo, ma non dimentichiamo che da lunedì 7 marzo i pescatori sono fermi nei porti per protesta, mentre gli autotrasportatori hanno annunciato da lunedì 14 marzo la sospensione delle attività a livello nazionale per "cause di forza maggiore".
Già un mese fa la benzina verde era aumentata fino a superare i 2 euro al litro. Con lo scoppio della guerra in Ucraina e le tensioni sui mercati internazionali i prezzi dei carburanti sono aumentati ulteriormente: la benzina verde e il gasolio in alcuni casi superano oggi i 2,5 euro al litro. Netti incrementi si segnalano pure nelle stazioni di metano (già aumentato sensibilmente nei mesi scorsi): in alcuni distributori siamo già sopra i 2,2 euro. Un incremento esponenziale, tanto che le banche hanno dovuto rivedere il limite al tetto di spesa delle carte di credito per gli impianti self service, altrimenti non sarebbe stato possibile pagare un pieno. In precedenza c'era il limite di 100 euro, adesso è stato leggermente aumentato di qualche euro, ma potrebbe non essere sufficiente visto il rialzo dei prezzi.
Se si continua di questo passo nessuno vorrà prendere la macchina per mettersi in viaggio per raggiungere le località turistiche. E questo vale soprattutto per i turisti stranieri che devono magari attraversare mezza Europa. Già nessuno vuole mettersi in viaggio, specialmente se vive oltre oceano, per la guerra. In particolare gli americani e i giapponesi che hanno timore di andare in vacanza in Europa e restare coinvolti nel conflitto fra Russia e Ucraina.
E in questa situazione è giunta la doccia fredda dell'Istat che ha segnalato un drastico aumento nel quarto e ultimo trimestre del 2021 dei prezzi alla produzione dei servizi legati al trasporto marittimo (+38,3%) e aereo (+14,9%).
Anche per questo motivo le imprese del settore turistico rischiano seriamente di chiudere per sempre. Fipe-Confcommercio, l'associazione di categoria che tutela gli esercenti, proprio oggi ha lanciato l'ennesima richiesta di aiuto al Governo: «Siamo ormai in perenne stato di crisi. È certamente prioritario attivare tutte le iniziative di solidarietà per le popolazioni colpite attraverso piccoli e grandi gesti, come sta succedendo diffusamente anche nel nostro mondo. Al contempo, tuttavia, chiediamo di non abbassare l’attenzione sui settori più in difficoltà con misure urgenti sui temi della liquidità, con la proroga delle moratorie, creditizie, fiscali e contributive, interventi tampone e strutturali sul caro energia e monitoraggio dell’inflazione, contrastando i movimenti speculativi. Senza imprese, infatti, non c’è futuro per il Paese».
Caro carburante: benzina e diesel hanno raggiunto i 2,5 euro al litro
I prezzi dei carburanti continuano a crescere in maniera esponenziale: la verde in modalità "servito" raggiunge il muro dei 2,5 euro al litro. Anche il diesel "self" è ormai sopra i 2 euro, mentre nel rifornimento con servizio si avvicina ai 2,4 euro (mentre a Livigno, senza Iva e accise, la benzina oggi costa 1,36 euro al litro). Netti incrementi si segnalano per il metano auto: in alcuni distributori è già sopra i 2,2 euro al chilogrammo . Se il Governo non interviene l'Italia rischia di fermarsi. Questi aumenti, che si aggiungono a quelli dell'energia elettrica e delle materie prima, stanno mettendo in ginocchio famiglie e imprese.
Il caro benzina rischia di fermare la ripresa del turismo
Se l'escalation del caro carburanti non si arresta nessuno si vorrà mettere alla guida per raggiungere le località turistiche e l'unico che potrà forse salvarsi da questa situazione sarà il cosiddetto turismo di prossimità. Ma non solo; c'è anche la questione legata agli stranieri, specialmente quelli provenienti dai paesi oltreoceano. La guerra tra Russia e Ucraina ha reso l'Europa un paese a rischio e quindi difficilmente qualcuno si metterà in volo per raggiungere l'Italia. Senza contare che il prezzo del carburante sta già influendo sui traghetti e sugli aerei. Tra l'altro l'Istat oggi denuncia che nel quarto e ultimo trimestre del 2021 sono saliti i prezzi alla produzione dei servizi legati al trasporto marittimo (+38,3%) e aereo (+14,9%).
L'appello di Fipe: «Il Governo dia tregua alle imprese»
L’esordio del 2022 per il settore della ristorazione ha visto crescere esponenzialmente il costo delle materie prime e della bolletta energetica delle aziende, che registra aumenti dell’80%, tendenzialmente in ulteriore crescita. Ciò determina un inevitabile aumento di prezzi, che alimenta inflazione aggiuntiva penalizzando la ripresa dei consumi e generando nuove difficoltà nel riscontrare le esigenze del mercato del lavoro. Per la Federazione italiana pubblici esercenti si tratta di «un circolo vizioso che ha trovato nella guerra un detonatore ulteriore». «Guerra vicinissima, aberrante nelle conseguenze umane, desolante per la fiducia dei mercati e i flussi internazionali, nefasta nelle conseguenze economiche anche di medio periodo, tra scarsità di materie prime, sanzioni commerciali moralmente doverose ma inevitabilmente dolorose anche per la parte che le commina». È la durissima analisi che l’Ufficio di presidenza di Fipe-Confcommercio, ha condiviso, manifestando l’enorme preoccupazione per il contesto internazionale e per le ripercussioni sul mondo della ristorazione, dell’intrattenimento e la filiera turistica nel nostro Paese. Per Fipe rischia di andare definitivamente in crisi il qualificato modello diffuso dei pubblici esercizi italiani e si chiede al Governo di coinvolgere le rappresentanze d’impresa per trovare le soluzioni più efficaci a misura di economia reale.
«Siamo ormai in perenne stato di crisi, tra allarmi, emergenze ed urgenze a non finire - ha commentato il Presidente Lino Enrico Stoppani - Quello che è ancora più drammatico è che, ad ogni problema risolto (o tamponato), altri emergono all’orizzonte più numerosi, e talvolta più gravi, in un effetto moltiplicatore che turba e mina la fiducia delle persone. Davanti a questa degenerazione fuori controllo delle crisi, si impone la necessità di gestire lo scenario drammatico con il quale ci si sta purtroppo confrontando. È certamente prioritario attivare tutte le iniziative di solidarietà per le popolazioni colpite attraverso piccoli e grandi gesti, come sta succedendo diffusamente anche nel nostro mondo. Al contempo, tuttavia, chiediamo di non abbassare l’attenzione sui settori più in difficoltà con misure urgenti sui temi della liquidità, con la proroga delle moratorie, creditizie, fiscali e contributive, interventi tampone e strutturali sul caro energia e monitoraggio dell’inflazione, contrastando i movimenti speculativi. Senza imprese, infatti, non c’è futuro per il Paese».
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Le conseguenze del caro benzina, insieme a quelle del caro carburante, si fanno sentire su tutto, compresi i prodotti alimentari, visto che l'85% delle merci viaggia su strada. Gli agricoltori, denuncia Coldiretti, «sono costretti ad affrontare rincari insostenibili dei prezzi per il carburante necessario per le attività dei trattori che comprendono l'estirpatura, la rullatura, la semina, la concimazione l'irrigazione che, insieme ai rincari di concimi e mangimi, spinge quasi un imprenditore su tre a ridurre la produzione». Ma non solo, il fatto che il prezzo medio del gasolio per la pesca è praticamente raddoppiato (+90%) rispetto allo scorso anno costringe i pescherecci italiani (nonostante i pescatori godano comunque di prezzi agevolati sulla benzina) a navigare in perdita o a tagliare le uscite e favorendo le importazioni di pesce straniero. Il risultato è che da lunedì 7 marzo le barche sono ferme nei porti di tutta Italia per protesta e dai banchi del pesce in poco tempo è sparito tutto il pescato nostrano. Il Governo ha annunciato aiuti tempestivi, ma nel frattempo la protesta continua. Lunedì invece potrebbero fermarsi gli autotrasportatori e anche in questo caso si provocherebbe una vera e propria paralisi per le aziende di qualsiasi settore.
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«Così come avvenuto per contrastare le drammatiche conseguenze di carattere economico e sociale derivanti dal diffondersi della pandemia da Covid-19, la risposta al caro carburanti e al caro energia dovrebbe concretizzarsi nell'adozione di un Energy Recovery Fund, finanziato dal debito pubblico europeo comune: è questa, a mio modo di vedere, la soluzione preferibile, forse l'unica, per fronteggiare una situazione inedita e straordinaria di vertiginoso aumento dei prezzi». Così il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli ha risposto durante l'informativa al Consiglio dei ministri sull'impatto della guerra in Ucraina e le conseguenze sulle imprese italiane del settore.
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Alberto Lupini
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