A viaggiare si impara fin da piccoli, con la propria famiglia, ma anche con la scuola. I viaggi d'istruzione non rappresentano, infatti, soltanto un momento di svago e condivisione. Sono a tutti gli effetti parte del percorso di crescita degli studenti, sia dal punto di vista personale sia dal punto di vista culturale. Per molti le gite scolastiche rappresentano il primo vero momento lontani da casa e un viatico importante sulla lunga strada verso l'indipendenza. Insomma, da qualunque lato le si guardi le gite scolastiche sono un passaggio fondamentale per la crescita dei più giovani.
Dopo gli anni della pandemia, in cui non è stato possibile partire, ora si è finalmente tornati alla normalità, almeno sulla carta. I viaggi d'istruzione si trovano, infatti, a fare i conti con nuovi problemi, causati dall'inflazione, dalla crisi economica e dai continui rincari che non lasciano scampo nemmeno alle gite.
Gite scolastiche sempre più care
Tutto ruota intorno una sola percentuale, il 20%. Le stime parlando di un aumento dei costi delle gite del 20% e, come conseguenza, di un tasso di rinuncia da parte delle famiglie che in alcuni casi ha raggiunto, appunto, il 20%, laddove in passato si aggirava invece intorno al 5%. Numeri che sono sintomo di un malessere diffuso e di difficoltà evidenti. Sempre più famiglie non possono permettersi i viaggi d'istruzione dei figli, che costano dai 350 ai 600 euro per uscite dai tre ai cinque giorni, e, semplicemente, rinunciano. «Le classi ormai partono con appena metà o poco più dei ragazzi - conferma Cristina Costarelli, dell'Associazione Nazionale Presidi - Il problema c’è ed è esteso, i costi sono saliti di un buon 20% e sugli aerei chiediamo preventivi che poi salgono e diventano inaffrontabili».
La reazione delle scuole: viaggi annullati
Le scuole, che tanto hanno atteso la ripresa dei viaggi d'istruzione, si trovano oggi tra l'incudine e il martello. Da un lato i costi che aumentano a dismisura, dall'altro le famiglie che non riescono a fronteggiarli. Il risultato? Qualcuno ha già iniziato ad annullare le gite scolastiche di più di un giorno. È il caso, per esempio, del Luigi Cossa, Istituto d'istruzione superiore di Pavia. La dirigente scolastica Cristina Anna Maria Comini, come racconta la Provincia Pavese, ha annunciato la cancellazione delle gite su più giorni perché «molte famiglie non riescono a sostenere i costi».
Una decisione che non ha trovato concordi molti genitori, ma che ha una spiegazione chiara e lineare. «Prima del Covid organizzavamo regolarmente viaggi d'istruzione utilizzando due format: quello di tre giorni e quello di cinque, la cosiddetta "gita lunga" per gli studenti più grandi del triennio - spiega la professoressa Ilaria Castellano, collaboratrice della preside, a La Repubblica - Ma rispetto al 2019 i prezzi sono notevolmente aumentati, diventando proibitivi per molte delle famiglie dei nostri ragazzi. Abbiamo una popolazione studentesca molto ampia e quindi un'utenza estremamente variegata. Per evitare che nelle classi si verificassero situazioni spiacevoli abbiamo preso questa decisione all'inizio dell'anno scolastico».
La questione sociale
Le parole di Ilaria Castellano accendono i riflettori su uno degli aspetti centrali del caro gite, quello sociale che, come sempre in questi casi, ha diverse sfaccettature. La presa di posizione delle scuole è legittima: gli istituti non se la sentono di escludere alcuni studenti e, per tutta risposta, limitano o annullano le gite. I viaggi d'istruzione, però, in alcuni contesti rappresentano una delle poche opportunità per i ragazzi di viaggiare in Italia e in Europa. Ragazzi che, altrimenti, a causa delle difficoltà economiche famigliari, resterebbero sempre nella propria città. Da lì nasce la pressione delle famiglie. In realtà, le scuole da sempre contribuiscono a sostenere i costi per chi non se li può permettere, ma i rincari di voli, hotel e spese accessorie rendono questa pratica al momento impossibile. Insomma, non è facile trovare una via d'uscita e il rischio è di minare un momento importante per la crescita dei ragazzi.
La questione, per questo motivo, è arrivata anche in Parlamento. A presentarla Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi Sinistra, che presenterà un'interrogazione parlamentare: «In questi giorni nel Paese molte classi stanno partendo per le tradizionali gite scolastiche. Peccato che spesso siano a metà: complice l'inflazione che ha fatto crescere i costi, sono sempre di più gli studenti e le studentesse delle famiglie a basso e medio reddito che non riescono a partire. È un'ingiustizia bella e buona che un'attività che è parte del percorso formativo debba essere negata a chi non ha mezzi economici. Ci sono studenti che grazie alla gita scolastica salgono in treno per la prima volta, studentesse che non sono mai state prima all'estero, ragazzi che magari non avevano mai dormito in albergo».
L'impatto sul comparto turistico
Se l'aspetto sociale è centrale, di certo non si può ignorare anche l'aspetto economico. Le gite rappresentano un'importante fonte di guadagno per il comparto turistico e l'aumento dei costi e la conseguente diminuzione delle partenze potrebbe colpire duramente molte attività. Non soltanto gli alberghi, chi si troverebbero con camere invendute, ma anche ristoranti, attività culturali e aziende di trasporto. Il mercato prima del Covid valeva infatti circa 3 miliardi. In Italia sono circa un migliaio le agenzie di viaggi che propongono viaggi di istruzione nella loro offerta, all'interno di un comparto che occupa circa 8mila lavoratori diretti e circa 40mila indiretti, se si considera l'intera filiera (aerei, treni, bus, alberghi, ristoranti e guide turistiche). Un'intera filiera che ha dovuto, come tutti, fare i conti con il fermo obbligatorio della pandemia e che ora si trova di fronte a un'altra grana su cui, per dirla tutta, non ha alcuna responsabilità. La speranza è, quindi, che tutte le parti in causa trovino una soluzione e i viaggi d'istruzione tornino alla tanto attesa normalità e ad essere adatti per tutte le tasche.
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Alberto Lupini
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