Campania, le chiusure anticipate fanno crollare i fatturati del 70%

L'ordinanza del Governatore Vincenzo De Luca ha imposto la chiusura dei locali alle 23, facendo precipitare di nuovo gli incassi. Alberghi in crisi anche in Sicilia, dove in tanti chiuderanno presto fino al 2021

13 ottobre 2020 | 10:59
La scelta del Governatore Vincenzo De Luca di chiudere con un’ordinanza i locali alle 23, ha fatto ripiombare nel baratro tutto il settore della ristorazione in Campania. In pochi giorni, i fatturati sono di nuovo crollati ai livelli delle primissime settimane post-lockdown, cancellando di fatto la tregua che si era registrata in estate.

La stretta sulla movida in Campania ha fatto di nuovo crollare i fatturati

I numeri resi noti da Confesercenti, Abbac (l’associazione dei b&b della Campania) e Federalberghi sono impietosi: rispetto al 2019, nei primi 9 mesi di quest’anno le imprese campane hanno perso il 55% degli incassi, pari a circa 36 miliardi di euro, con quelle della ristorazione e dell’accoglienza tra le più colpite. E le prospettive non sono certo delle migliori: l’ordinanza firmata dal Governatore della Campania è ancor più restrittiva del decreto firmato nella notte dal Presidente del Consiglio e se la curva dei contagi non accennerà ad abbassarsi, è facile prevedere che le disposizioni regionali restino in vigore anche nelle prossime settimane.

Un problema per tutte le imprese che operano ai piedi del Vesuvio, 40mila delle quali, secondo una stima delle associazioni di categoria, sono in grande sofferenza per aver contratto mutui con le banche per affitti arretrati e tasse ancora da pagare. Dopo la parziale ripresa estiva, i fatturati sono di nuovo crollati, «complici - conferma Pasquale Russo, direttore generale di Confcommercio Napoli - lo stop ai pubblici esercizi alle 23 e l’obbligo delle mascherine all’aperto. In città - aggiunge - è in rosso tutto il terziario; solo la ristorazione ha perso circa mezzo miliardo di euro, il doppio in tutta la Regione.

Passando al turismo, secondo i dati di Abbac «in 10 mesi è andato in fumo il 75% degli incassi nell’extralberghiero del capoluogo, pari a 18,7 milioni di euro. E non va meglio per quel che riguarda il comparto delle agenzie viaggio. Per il presidente di Fiavet Campania Ettore Cucari, si tratta di «perdite enormi. I viaggi all’estero sono crollati dell’80%, considerato anche il taglio dei voli e il boom del turismo di prossimità, mentre quelli in entrata sono diminuiti del 70%».

Dalla Campania alla Sicilia, la situazione non è migliore, anzi: anche le aziende dell’Isola stanno scontando gli effetti della crisi post lockdown, e anche in questo caso, a soffrire più di altri è il settore alberghiero. Tanti hotel, come in altre parti d’Italia, sono ormai costretti a scegliere se restare aperti con le camere pressoché vuote, oppure chiudere i battenti, sperando in tempi migliori. In Sicilia, che pure quest’estate si è confermata tra le regioni preferite dagli italiani in vacanza, le imprese dell’accoglienza sono tornate a soffrire, con la fine dell’estate: dopo l’azzeramento dei fatturati in primavera, il ritorno dell’attività al 50% nel mese di luglio e un agosto in cui mediamente il settore ha perso il 20% degli introiti, a settembre gli affari sono di nuovo sprofondati.

«Sono arrivati pochissimi stranieri - ha ricordato il presidente regionale di Federalberghi, Nico Torrisi - con conseguenze in termini di durata media dei soggiorni, di budget e di abitudini di spesa». E così anche in Sicilia sta affacciandosi il fenomeno dei compratori stranieri che contattano ristoratori e albergatori per provare a comprare le loro strutture a prezzi di saldo: «Nel momento di maggiore debolezza - ha concluso Torrisi - spuntano gli sciacalli. Coi sono anche inserzioni web e sui social che promettono acquisti con prezzi fino a un terzo del valore di mercato».

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Alberto Lupini


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