«La ripartenza dei ristoranti ora dà speranza al Paese»

Per Calugi (direttore generale della Fipe) «I ristoranti rappresentano la spina dorsale del settore e la loro chiusura ha di fatto impoverito e reso meno attraenti le nostre città». . Le città d’arte sono ancora in sofferenza poiché mancano i flussi di turisti dall’estero che si registravano prima del Covid

19 luglio 2021 | 05:00
di Giorgio Lazzari

L’Italia ha un patrimonio inestimabile, fatto di locali unici, in grado di rappresentare la storia delle diverse zone, province e regioni. La ristorazione è un bene da difendere, perché racconta la nostra storia e rappresenta l’immagine più significativa dell’Italia. Roberto Calugi, direttore generale di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, è convinto che la ripartenza dei ristoranti sia fondamentale per rimettere in moto tutto il Paese.

 

L'intervista a Roberto Calugi

Quando siamo fortunati a vivere in Italia?
Abbiamo la fortuna di vivere in una nazione dove in ogni angolo si ha l’opportunità di trovare ristoratori unici, che grazie alla loro forte volontà tramandano, di generazione in generazione, i piatti e la storia di ogni singolo territorio.

Oggi finalmente siamo ripartiti e i ristoranti hanno ricominciato a lavorare con una certa continuità.
Il lascito principale e positivo dell’esperienza passata è stato comprendere quanto fosse importante la ristorazione per tutto il comparto del turismo. I ristoranti rappresentano la spina dorsale del settore e la loro chiusura ha di fatto impoverito e reso meno attraenti le nostre città. Quando si spegne la luce di un’insegna, è una sconfitta per tutti noi. Viaggiando da Sud a Nord per il nostro Paese, ci rendiamo conto del forte legame tra turismo e ristorazione, grazie alla ricchezza che abbiamo a disposizione. Molti luoghi sono caratteristici e diventano famosi proprio grazie all’offerta enogastronomica. Per fare un esempio, Trastevere non sarebbe Trastevere senza i suoi locali.

 

Come è cambiato il consumatore dopo la pandemia?
L’esperienza vissuta ci ha tutto sommato insegnato a fermarci e a prestare maggiore attenzione a tutto ciò che prima davamo per scontato. Ci aspettiamo un consumatore più consapevole e attento, che va alla ricerca della qualità e punta ad esperienze gastronomiche sul territorio. Ne consegue che andremo incontro ad una maggior valorizzazione del prodotto italiano.

Negli ultimi mesi, a causa delle restrizioni per andare all’estero, molti italiani hanno potuto conoscere meglio il territorio circostante.
Sicuramente le difficoltà legate al turismo internazionale hanno permesso a moltissime persone di scoprire vicino a casa bellezze paesaggistiche, culturali ed enogastronomiche uniche anche in chiave di eterogeneità di prodotti. Di fatto il turismo aveva già tra le sue principali componenti la ristorazione, con i prodotti tipici e i piatti della tradizione, grazie a sapori che sono sempre stati associati alla bellezza del territorio.





Dalla montagna alla pianura, dai luoghi meno conosciuti dove sorgono ristoranti stellati alle città d’arte, vantiamo un patrimonio enogastronomico veramente ricco ed eterogeneo. Quali sono le località che stanno reagendo meglio?
Parto con un dato: il 65% degli italiani in vacanza avrà una destinazione legata alle località di balneazione. Di conseguenza soffrono ancora le città d’arte e rispetto al 2019 il turismo in Italia è ancora in flessione, anche perché manca la componente estera, che valeva circa 10 miliardi di euro. Il bilancio dell’estate 2021 è positivo e in crescita rispetto al 2020, grazie alla riscoperta delle bellezze vicino a casa, che spesso non venivano abbastanza valorizzate, pur avendole sotto il naso. Oggi i ristoranti localizzati in zone di mare o di montagna stanno lavorando bene grazie ad una clientela italiana che sta permettendo di superare le difficoltà registrate nei primi 5 mesi di chiusura. I locali situati nelle città d’arte, che negli ultimi anni erano assoggettate al turismo estero, fanno ancora un po’ di fatica, in attesa che torni, speriamo presto, anche la clientela americana, russa e asiatica. Dalla riapertura abbiamo comunque assistito ad un incremento costante del turismo di prossimità, grazie a svizzeri, francesi, austriaci e tedeschi, che hanno raggiunto in auto il nostro Paese. Si somma poi il turismo di vicinato, che raggiunge le province limitrofe per conoscere le tradizioni di un territorio vicino a casa.

 

Di qualsiasi forma di turismo si parli, risulta fondamentale la componente enogastronomica.
In effetti, visitare il Colosseo è la scusa per passare da un’amatriciana ad una cacio e pepe. La ristorazione è infatti il principale motivo di viaggio per il quale gli stranieri vengono a visitare l’Italia e ci ritornano con piacere, dopo aver parlato e fatto pubblicità delle nostre località. Anche noi italiani siamo diventati meno esterofili, con maggiore attenzione alla ricerca della qualità delle esperienze. Le competenze sono cresciute e con esse le richieste di approfondimento, banalmente sulle tecniche di trasformazione o sulla genesi di un piatto. Il cliente cerca la storia nei piatti e il ristoratore ha il compito di regalare emozioni ai suoi commensali.





Chi fa il ristoratore conosce i sacrifici di un mestiere particolarmente totalizzante. Quali soddisfazioni riesce a raccogliere oggi il mondo della ristorazione?
Si tratta di uno dei lavori più impegnativi che esistono, dove si sacrificano le feste, i fine settimane e il tempo libero. Grazie ad un buon piatto si riesce a dare ristoro, emozionando e facendo emergere la parte più genuina. Uno chef è come un artista che dedica tutta la sua vita al pubblico, dal quale basta ricevere un complimento o una domanda per dimenticare le fatiche e uscirne gratificato. L’applauso delle papille gustative rappresenta la fine della rappresentazione. Siamo ripartiti e dobbiamo continuare su questa strada.


 

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Alberto Lupini


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