Caffè Florian a Venezia: dopo 300 anni, in crisi per il covid
Compie 3 secoli lo storico locale in Piazza San Marco, ma la pandemia ha svuotato Venezia e fatto chiudere tutte le attività. I ristori non sono ancora arrivati, ma il Demanio vuole comunque il 100% del canone
29 dicembre 2020 | 12:45
Il Caffè Florian di Venezia avrebbe dovuto festeggiare i suoi tre secoli di storia in grande stile. Proprio oggi, infatti, compie 300 anni: l’apertura risale al 29 dicembre 1790. Qui erano di casa poeti, intellettuali, politici e le stelle del cinema. Ma la città ora è senza turisti, tutti i locali sono chiusi per via di un’emergenza sanitaria che ancora non si è conclusa. L’amministratore delegato dello storico Caffè, Marco Paolini, parla di «una Venezia magnifica e spettrale», avvolta «nel silenzio e nella desolazione».
«La crisi attuale - prosegue Paolini - è ovviamente di tutti, ma per il Caffè Florian è come lo specchio di un'intera città, Venezia, vittima del suo stesso successo turistico mondiale. Festeggiare i 300 anni di vita di un'attività con le porte sbarrate è l'immagine emblematica di questa crisi di Venezia e delle città d'arte in generale, per questo il Florian è un simbolo, che può essere preso ad esempio dalle molte attività storiche ora in crisi profonda, la cui crisi non ha solo valore economico, ma soprattutto storico, in quanto pezzi della storia d'Italia conosciuti nel mondo».
La nota ancora più amara è che il Demanio continua a richiedere comunque il 100% del canone, senza che il locale, che conta 70 dipendenti, abbia ricevuto ancora un euro di ristoro. Una contraddizione che Italia a Tavola da mesi sta denunciando. «Noi abbiamo fatto il possibile per mantenere in vita l’attività, ma lo Stato dov’è?», si chiede Paolini.
Un francobollo celebrativo
Il celebre locale in Piazza San Marco solo poche settimane fa, il 3 dicembre, era stato omaggiato dalle Poste Italiane con un francobollo dedicato, che fa parte della serie Eccellenze del sistema produttivo ed economico. Oggi invece il futuro del Florian è quanto mai incerto. Il prossimo anno scade la concessione demaniale, motivo per cui Sacra, la società titolare del locale, non può aprire alcun contenzioso altrimenti si vedrebbe tolta il rinnovo. Paolini ha chiesto al demanio che l’affitto venga rivisto. Il deputato veneziano del Pd Nicola Pellicani, che si era già interessato e occupato delle concessioni demaniali delle botteghe della Piazza, ha fatto sapere che presenterà nel prossimo Milleproroghe la proposta per dare la possibilità di contrattare il canone.
Sostegno economico inadeguato
«In genere il nostro fatturato è di circa 8 milioni e mezzo, ma quest'anno non abbiamo incassato 6 milioni e mezzo», spiega Paolini. «Lo Stato ci ha dato come sostegno 160mila euro, mi domando se ci stanno prendendo in giro. Essendo un’azienda con un fatturato nel 2019 superiore a 5 milioni non abbiamo potuto beneficiare di diverse agevolazioni, come se essere dei bravi amministratori, avere a cuore il futuro dei dipendenti e riuscire a crescere sempre di più fosse una colpa. La pandemia ha colpito tutti, non capisco queste differenze».
La fama del locale non è servita a sopravvivere alla pandemia. «Nella piazza ci sono molte attività che pagano l’affitto sia ai privati che al demanio perché alcune parti del locale sono dello Stato, altre di singoli proprietari, come nel nostro caso», prosegue Paolini. «I privati però, compresa la situazione, ci hanno dimezzato l’affitto e grazie ai crediti d’imposta ottenuti siamo arrivati a pagare il 25% della somma che dovevamo versare, mentre lo Stato non ha cambiato nulla e ci ha chiesto di pagare il 100% che ammonta a 210mila euro all’anno. Mi domando che cosa stia succedendo se non si riesce a capire che siamo in un momento difficile. Perché non ci sono venuti incontro nemmeno su questo?».
Interno del Caffè Florian - Foto: venetosecrets.com
«La crisi attuale - prosegue Paolini - è ovviamente di tutti, ma per il Caffè Florian è come lo specchio di un'intera città, Venezia, vittima del suo stesso successo turistico mondiale. Festeggiare i 300 anni di vita di un'attività con le porte sbarrate è l'immagine emblematica di questa crisi di Venezia e delle città d'arte in generale, per questo il Florian è un simbolo, che può essere preso ad esempio dalle molte attività storiche ora in crisi profonda, la cui crisi non ha solo valore economico, ma soprattutto storico, in quanto pezzi della storia d'Italia conosciuti nel mondo».
La nota ancora più amara è che il Demanio continua a richiedere comunque il 100% del canone, senza che il locale, che conta 70 dipendenti, abbia ricevuto ancora un euro di ristoro. Una contraddizione che Italia a Tavola da mesi sta denunciando. «Noi abbiamo fatto il possibile per mantenere in vita l’attività, ma lo Stato dov’è?», si chiede Paolini.
Un francobollo celebrativo
Il celebre locale in Piazza San Marco solo poche settimane fa, il 3 dicembre, era stato omaggiato dalle Poste Italiane con un francobollo dedicato, che fa parte della serie Eccellenze del sistema produttivo ed economico. Oggi invece il futuro del Florian è quanto mai incerto. Il prossimo anno scade la concessione demaniale, motivo per cui Sacra, la società titolare del locale, non può aprire alcun contenzioso altrimenti si vedrebbe tolta il rinnovo. Paolini ha chiesto al demanio che l’affitto venga rivisto. Il deputato veneziano del Pd Nicola Pellicani, che si era già interessato e occupato delle concessioni demaniali delle botteghe della Piazza, ha fatto sapere che presenterà nel prossimo Milleproroghe la proposta per dare la possibilità di contrattare il canone.
Sostegno economico inadeguato
«In genere il nostro fatturato è di circa 8 milioni e mezzo, ma quest'anno non abbiamo incassato 6 milioni e mezzo», spiega Paolini. «Lo Stato ci ha dato come sostegno 160mila euro, mi domando se ci stanno prendendo in giro. Essendo un’azienda con un fatturato nel 2019 superiore a 5 milioni non abbiamo potuto beneficiare di diverse agevolazioni, come se essere dei bravi amministratori, avere a cuore il futuro dei dipendenti e riuscire a crescere sempre di più fosse una colpa. La pandemia ha colpito tutti, non capisco queste differenze».
La fama del locale non è servita a sopravvivere alla pandemia. «Nella piazza ci sono molte attività che pagano l’affitto sia ai privati che al demanio perché alcune parti del locale sono dello Stato, altre di singoli proprietari, come nel nostro caso», prosegue Paolini. «I privati però, compresa la situazione, ci hanno dimezzato l’affitto e grazie ai crediti d’imposta ottenuti siamo arrivati a pagare il 25% della somma che dovevamo versare, mentre lo Stato non ha cambiato nulla e ci ha chiesto di pagare il 100% che ammonta a 210mila euro all’anno. Mi domando che cosa stia succedendo se non si riesce a capire che siamo in un momento difficile. Perché non ci sono venuti incontro nemmeno su questo?».
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Alberto Lupini
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