Brexit sempre più vicina L’allarme di Confagricoltura

Con la fresca vittoria del partito dei Conservatori di Boris Johnson, l’uscita dall’Unione europea del Regno Unito sembra ormai cosa fatta, si stima che la data ufficiale sarà il 31 gennaio . Si profila così un grosso problema per l’agroalimentare made in Italy che rischia di subire un grosso contraccolpo, dopo quello già subito causa i dazi imposti da Donald Trump

13 dicembre 2019 | 16:13
Il partito dei Conservatori di Boris Johnson hanno stravinto le elezioni in Regno Unito. Un esito quello che è avvenuto nelle ultime ore attesissimo oltre che dal Paese anche dal resto dell’Unione europea perché gran parte della partita si è giocata sulla Brexit che vede proprio Johnson tra i principali sostenitori. Come già raccontato nei mesi scorsi, a risentire molto di questa uscita sarà l’agroalimentare italiano, già duramente messo alla prova dai dazi imposti da Donald Trump.


Boris Johnson

Il Regno Unito è importatore netto di prodotti agroalimentari. Gli acquisti dagli Stati membri della Ue ammontano a circa 40 miliardi di euro l’anno. L’export italiano di settore ha raggiunto i 3,4 miliardi di euro nel 2018, di cui il 30% assicurato da prodotti a indicazione geografica protetta. Quello del Regno Unito è il quarto mercato di sbocco per le produzioni agroalimentari italiane, dopo Germania, Francia e Stati Uniti. Vino e mosti e prodotti ortofrutticoli incidono per il 45% sul totale delle esportazioni destinate al mercato britannico.

Tra le reazioni più preoccupate c’è quella di Confagricoltura: «Il risultato elettorale nel Regno Unito - spiega il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti - fa chiarezza sui tempi della Brexit, ma la tutela del Made in Italy agroalimentare non è assicurata».

«Alla Camera dei Comuni ci sono, sulla carta, i numeri per far passare l’accordo di recesso negoziato con l’Unione - ha proseguito Giansanti -. Il 31 gennaio prossimo, a meno di clamorose sorprese, il Regno Unito uscirà dalla Ue. Le incertezze riguardano il futuro delle relazioni commerciali bilaterali».

L’accordo di recesso raggiunto tra Bruxelles e Londra - ha ricordato Confagricoltura - prevede, dopo il formale recesso, l’avvio di un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2020, durante il quale il Regno Unito continuerà ad applicare nella sostanza le regole della Ue. Inoltre, come previsto nella dichiarazione politica che accompagna l’accordo di recesso, partirà il negoziato sulle future relazioni commerciali con l’obiettivo concordato di definire una approfondita area di libero scambio.

«Come ha già evidenziato il capo negoziatore della Ue, Michel Barnier, la prevista durata del periodo transitorio è troppo breve per raggiungere l’accordo - ha sottolineato il presidente di Confagricoltura -. Il Primo ministro britannico ha dichiarato di non essere disponibile ad una proroga».

«È indispensabile un chiarimento urgente - ha puntualizzato Giansanti - perché senza un accordo rischieremmo di trovarci, alla fine dell’anno venturo, nella situazione peggiore che finora è stata evitata. Vale a dire il ritorno delle frontiere tra Ue e Regno Unito, con il ripristino dei dazi e dei controlli sulle merci. In pratica una “hard Brexit” a scoppio ritardato».

«Anche il riconoscimento e la tutela delle indicazioni geografiche protette - ha messo in guardia Giansanti - non sarebbero più garantiti sul mercato britannico, a tutto vantaggio delle imitazioni e delle contraffazioni delle nostre specialità».

«Non può essere il fattore tempo a condizionare il futuro delle relazioni tra Ue e Regno Unito - ha concluso il presidente della Confagricoltura -. Occorre consolidare al massimo gli attuali flussi commerciali».

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Alberto Lupini


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