Boom di latte, pasta e uova Coldiretti: «È una spesa di guerra»
Gli alimenti di primissima necessità sono quelli che in queste settimane di emergenza hanno fatto registrare l’incremento di vendite più consistente nei supermercati, come durante l’ultimo conflitto mondiale
23 marzo 2020 | 16:17
Latte, uova, pasta e caffè. Beni di prima, primissima necessità per gli italiani, che in queste settimane costretti a casa, stanno concentrando i loro acquisti al supermercato proprio su questi alimenti. Una tipologia di spesa che fa pensare a un periodo di grande difficoltà, come quello della guerra. È questo che risulta da un’indagine condotta da Coldiretti, che ha registrato un aumento degli acquisti del 50% per le uova, del 47% per il latte a lunga conservazione e addirittura del 59% per la pasta di semola. Cresce anche il consumo di caffè macinato (+17%) e di acqua (+9%).
Con l’emergenza si torna a comprare soprattutto prodotti di base con la tendenza ad accumulare prodotti a lunga conservazione come Grana Padano e Parmigiano (+38%), tonno sott’olio (+34%) e salumi (+22%). E nella top five dei prodotti alimentari che hanno avuto il maggiore incremento di vendite nell’ultimo mese di emergenza Coronavirus ci sono – precisa la Coldiretti - le farine a pari merito con i legumi secchi (+83%), seguiti dalla carne in scatola (+82%), dai fagioli conservati (+72%) e dal lievito di birra (+70%) che evidenzia un ritorno in cucina degli italiani costretti a rimanere tra le mura domestiche.
Il risultato è che, secondo l’indagine di Coldiretti, in 4 famiglie su dieci (38%) sono state ammassate scorte di prodotti alimentari e bevande per il timore ingiustificato di non trovali più disponibili sugli scaffali. «Un comportamento irrazionale che oltre a costringere a pericolose file – si legge in una nota di Coldiretti – mette sotto pressione il lavoro di oltre tre milioni di italiani ai quali è stato richiesto di continuare ad operare nella filiera alimentare, dalle campagne all’industrie fino ai trasporti, ai negozi e ai supermercati, per garantire continuità alle forniture di cibo e bevande alla popolazione».
Una realtà che allargata dai campi agli scaffali – continua la Coldiretti – vale 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil (i dati sono del 2019) grazie al lavoro tra gli altri di 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari e 230mila punti vendita in Italia, tra ipermercati (911) supermercato (21101), discount alimentari (1716), minimercati (70081 e altri negozi (138000).
Una rete diffusa lungo tutto il territorio che – sottolinea la Coldiretti - viene quotidianamente rifornita dalle campagne italiane dove stalle, serre e aziende continuano a produrre per seguire i cicli della natura, dall’attività di allevamento a quella di coltivazione. Per affrontare l’emergenza Coronavirus e combattere le speculazioni tipiche ei momenti di guerra è nata “l’alleanza salva spesa Made in Italy con agricoltori, industrie alimentari e distribuzione commerciale che si impegnano a garantire regolarità delle forniture alimentari agli italiani e a combattere qualsiasi forma di speculazione sul cibo dai campi alle tavole” promossa da Coldiretti e Filiera Italia insieme ai grandi gruppi della distribuzione commerciale.
Tra gli alimenti più venduti in queste settimane, pasta e scatolame
Con l’emergenza si torna a comprare soprattutto prodotti di base con la tendenza ad accumulare prodotti a lunga conservazione come Grana Padano e Parmigiano (+38%), tonno sott’olio (+34%) e salumi (+22%). E nella top five dei prodotti alimentari che hanno avuto il maggiore incremento di vendite nell’ultimo mese di emergenza Coronavirus ci sono – precisa la Coldiretti - le farine a pari merito con i legumi secchi (+83%), seguiti dalla carne in scatola (+82%), dai fagioli conservati (+72%) e dal lievito di birra (+70%) che evidenzia un ritorno in cucina degli italiani costretti a rimanere tra le mura domestiche.
Il risultato è che, secondo l’indagine di Coldiretti, in 4 famiglie su dieci (38%) sono state ammassate scorte di prodotti alimentari e bevande per il timore ingiustificato di non trovali più disponibili sugli scaffali. «Un comportamento irrazionale che oltre a costringere a pericolose file – si legge in una nota di Coldiretti – mette sotto pressione il lavoro di oltre tre milioni di italiani ai quali è stato richiesto di continuare ad operare nella filiera alimentare, dalle campagne all’industrie fino ai trasporti, ai negozi e ai supermercati, per garantire continuità alle forniture di cibo e bevande alla popolazione».
Una realtà che allargata dai campi agli scaffali – continua la Coldiretti – vale 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil (i dati sono del 2019) grazie al lavoro tra gli altri di 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari e 230mila punti vendita in Italia, tra ipermercati (911) supermercato (21101), discount alimentari (1716), minimercati (70081 e altri negozi (138000).
Una rete diffusa lungo tutto il territorio che – sottolinea la Coldiretti - viene quotidianamente rifornita dalle campagne italiane dove stalle, serre e aziende continuano a produrre per seguire i cicli della natura, dall’attività di allevamento a quella di coltivazione. Per affrontare l’emergenza Coronavirus e combattere le speculazioni tipiche ei momenti di guerra è nata “l’alleanza salva spesa Made in Italy con agricoltori, industrie alimentari e distribuzione commerciale che si impegnano a garantire regolarità delle forniture alimentari agli italiani e a combattere qualsiasi forma di speculazione sul cibo dai campi alle tavole” promossa da Coldiretti e Filiera Italia insieme ai grandi gruppi della distribuzione commerciale.
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Alberto Lupini
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