Bolzano capofila per il green pass? I ristoratori: Non saremo sceriffi
La provincia autonoma dal 26 aprile vorrebbe aprire i locali anche al chiuso solo ai vaccinati, guariti o testati. Una sperimentazione che potrebbe essere utile a tutta Europa, ma gli imprenditori chiedono chiarimenti
21 aprile 2021 | 17:05
Bolzano è destinata a diventare il progetto pilota per tutta l’Europa in materia di green pass. La provincia autonoma infatti ha decretato che dal 26 aprile i ristoranti riapriranno anche al chiuso proprio grazie al certificato il quale testimonierà che i clienti sono stati vaccinati, sono guariti dal Covid o si sono sottoposti ad un tampone negativo. I ristoratori però - come abbiamo anticipato già ieri raccogliendo alcune reazioni dei locali alla notizia della riapertura solo agli “immunizzati” - sono perplessi: troppe le incognite circa l’attuazione dello strumento, ma soprattutto troppo poche le indicazioni date sul ruolo che avranno al momento del controllo del pass.
La situazione è in stallo e oscilla tra due estremi: da una parte, appunto, il presidente Arnold Kompatscher si fa promotore della sua politica e si candida a fare da esperimento per gli altri Paesi, dall’altra però il ministro per gli Affari regionali, Maria Stella Gelmini ha invitato Bolzano ad allinearsi alle linee guida del Governo andando piano sulle riaperture e quindi anche sull’attivazione del green pass.
Dubbio assai lecito, anzi centrale, ma non l’unico. «L’altra grande incoerenza - spiega - è che si può stare seduti fuori all’aperto senza mascherina, mentre per entrare nel locale si ha bisogno di una documentazione. Ma non se si deve andare in bagno, per quello basta la mascherina. Diventa difficile gestire un terrazzo con 40 tavoli all’aperto. Dovrei capire, magari senza chiedere per non fare brutte figure, chi si alza per andare in bagno e chi sta entrando realmente nel locale. La proposta del green pass regionale come strumento per facilitare la fruizione dei locali pubblici è stata fatta probabilmente da persone che non conoscono la gastronomia. Se qua ogni volta che devo entrare in un locale devo presentare un documento o un codice QR la vedo dura di potersi godere due ore di svago e libertà».
«Sicuramente - prosegue - stando all’esperienza dell’anno scorso, appena aprono le province e la gente può non ci si pensa su due volte a muoversi. D’altronde, tutti vogliono sentirsi liberi di viaggiare, di andare a mangiare al ristorante e prendersi una birretta dopo un periodo così. Nel 2020, di questi tempi, non avevamo ancora iniziato a lavorare, quindi l’anticipo dovrebbe aiutarci e speriamo poi di poter avere una prospettiva duratura. Due o tre mesi di attività estiva ci hanno molto impegnato, ma non bastano per coprire le spese».
«L’apertura del locale - ammette - arriva nel momento di maggiore bisogno. Abbiamo ricevuto davvero poco sia dalla provincia autonoma che dallo Stato centrale, non possiamo più permetterci di stare chiusi. Al momento quindi stiamo ultimando le pulizie e ci prepariamo per ripartire. E, come lo scorso anno dopo il lockdown, mi aspetto di recuperare almeno una buona metà della clientela pre-pandemia. Non un boom, ma di questi tempi sono grandi numeri».
L’esperienza di Fejes è anche nel turismo: «Siamo anche B&B - dice - e finora abbiamo chiesto alle persone di essere corrette e informarci subito in caso di sintomi ma non ho mai misurato la febbre delle persone che sono entrate. Anche se forse dovrei, lo trovo comunque un’attività scomoda sia per noi che per i clienti. In vista delle riaperture del 26, la nostra fortuna è quella di avere un grande ristorante con due sale per 80 persone in cui riusciremo senza problemi a mantenere i due metri di distanza fra un tavolo e l’altro. All’esterno, invece, possiamo contare su 16 tavoli».
«Secondo me - chiude - la gente ha voglia di uscire. I nostri clienti fissi ci hanno già chiesto informazioni sulla riapertura e la possibilità di prenotare un tavolo. Un segnale importante in vista della ripartenza perché in prima battuta, vista anche la situazione degli spostamenti transfrontalieri, non ci aspettiamo un flusso turistico ma puntiamo a intercettare la clientela locale. Poi da metà maggio abbiamo già un po’ di prenotazioni nelle stanze e daremo avvio alla stagione estiva che arriverà a pieno regime a metà luglio».
La situazione è in stallo e oscilla tra due estremi: da una parte, appunto, il presidente Arnold Kompatscher si fa promotore della sua politica e si candida a fare da esperimento per gli altri Paesi, dall’altra però il ministro per gli Affari regionali, Maria Stella Gelmini ha invitato Bolzano ad allinearsi alle linee guida del Governo andando piano sulle riaperture e quindi anche sull’attivazione del green pass.
Ristoratori felici per le aperture, perplessi sui controlli
Il tempo però stringe perché mancano poco più di 4 giorni al 26 aprile e i ristoratori si ritrovano - per l’ennesima volta - a non riuscire a programmare al meglio la ripartenza dell’attività. Perché il certificato è determinante per entrare nel locale e rappresenta la discriminante. L’umore degli addetti ai lavori è in bilico tra la gioia di poter tornare a lavorare dopo oltre 4 mesi di stop e l’incertezza nel non sapere cosa accadrà col green pass.Bunio Jean: Possiamo chiedere informazioni personali?
«Innanzitutto - ha detto Bunio Jean del Franziskanerstuber - abbiamo colto con molto piacere la notizia che finalmente ci fanno aprire e lavorare. Penso sia la cosa più importante per riuscire a tornare a una vita “normale”. Per quanto riguarda il green pass, penso che la questione non sarà così facile da implementare come tutti credono. Allo stato attuale delle cose, sostanzialmente, mi costringono a chiedere a ogni cliente che volesse entrare nel locale domande molto personali che, a ben vedere, a me non riguardano. Non so nemmeno se, in termini di legge e privacy, io abbia il diritto di chiedere queste informazioni; non penso sia del tutto legale. E se uno si rifiuta di far vedere la certificazione, come dovrei reagire? Dovrei perdere il cliente?».Dubbio assai lecito, anzi centrale, ma non l’unico. «L’altra grande incoerenza - spiega - è che si può stare seduti fuori all’aperto senza mascherina, mentre per entrare nel locale si ha bisogno di una documentazione. Ma non se si deve andare in bagno, per quello basta la mascherina. Diventa difficile gestire un terrazzo con 40 tavoli all’aperto. Dovrei capire, magari senza chiedere per non fare brutte figure, chi si alza per andare in bagno e chi sta entrando realmente nel locale. La proposta del green pass regionale come strumento per facilitare la fruizione dei locali pubblici è stata fatta probabilmente da persone che non conoscono la gastronomia. Se qua ogni volta che devo entrare in un locale devo presentare un documento o un codice QR la vedo dura di potersi godere due ore di svago e libertà».
«Sicuramente - prosegue - stando all’esperienza dell’anno scorso, appena aprono le province e la gente può non ci si pensa su due volte a muoversi. D’altronde, tutti vogliono sentirsi liberi di viaggiare, di andare a mangiare al ristorante e prendersi una birretta dopo un periodo così. Nel 2020, di questi tempi, non avevamo ancora iniziato a lavorare, quindi l’anticipo dovrebbe aiutarci e speriamo poi di poter avere una prospettiva duratura. Due o tre mesi di attività estiva ci hanno molto impegnato, ma non bastano per coprire le spese».
Manuel Hoffer: Vedremo come si comporterà la popolazione
Più rilassato per le caratteristiche del suo locale Manuel Hoffer dello Stochas il quale rimanda la valutazione sul certificato verde alla popolazione. «In vista delle riaperture del 26 aprile siamo in una situazione molto favorevole perché abbiamo 400 mq di terrazza e diamo la possibilità di sedersi e mangiare fuori. Per quanto riguarda la gestione del green pass ancora non sappiamo come effettuare il controllo, quali sono le regole di ingaggio con il cliente. Se sarà uno strumento che aiuta i clienti a tornare al ristorante dipenderà molto sa come verrà accolto dalla popolazione. Secondo me sarà metà e metà fra chi è favorevole e chi no al green pass e al suo utilizzo per entrare nei locali. Dobbiamo attendere la prossima settimana e vedere come evolve la situazione; anche a livello lavorativo».«L’apertura del locale - ammette - arriva nel momento di maggiore bisogno. Abbiamo ricevuto davvero poco sia dalla provincia autonoma che dallo Stato centrale, non possiamo più permetterci di stare chiusi. Al momento quindi stiamo ultimando le pulizie e ci prepariamo per ripartire. E, come lo scorso anno dopo il lockdown, mi aspetto di recuperare almeno una buona metà della clientela pre-pandemia. Non un boom, ma di questi tempi sono grandi numeri».
Anna Fejes: Così, lavoro ancora più duro
Se davvero i ristoratori dovessero travestirsi anche da “carabinieri” il loro lavoro - già reso più complicato del previsto con tutti i protocolli anti-Covid da rispettare - diventerebbe quasi sostenibile sostiene Anna Fejes, direttrice del Rössl bianco. «Intanto - osserva - aspettiamo la decisione della Giunta provinciale e, in base a questo, seguiremo le indicazioni sulle varie procedure possibili. Certo, per come la penso io, nell’ottica di un servizio di accoglienza, vorrei evitare di controllare la gente. Piuttosto, ogni ospite dovrebbe essere responsabile per sé stesso. Il nostro lavoro, stante la situazione attuale, è già abbastanza complicato e vorrei evitare di sobbarcami altri controlli, protocolli e simili sebbene riconosca la bontà e la correttezza delle limitazioni e l’idea del green pass».L’esperienza di Fejes è anche nel turismo: «Siamo anche B&B - dice - e finora abbiamo chiesto alle persone di essere corrette e informarci subito in caso di sintomi ma non ho mai misurato la febbre delle persone che sono entrate. Anche se forse dovrei, lo trovo comunque un’attività scomoda sia per noi che per i clienti. In vista delle riaperture del 26, la nostra fortuna è quella di avere un grande ristorante con due sale per 80 persone in cui riusciremo senza problemi a mantenere i due metri di distanza fra un tavolo e l’altro. All’esterno, invece, possiamo contare su 16 tavoli».
«Secondo me - chiude - la gente ha voglia di uscire. I nostri clienti fissi ci hanno già chiesto informazioni sulla riapertura e la possibilità di prenotare un tavolo. Un segnale importante in vista della ripartenza perché in prima battuta, vista anche la situazione degli spostamenti transfrontalieri, non ci aspettiamo un flusso turistico ma puntiamo a intercettare la clientela locale. Poi da metà maggio abbiamo già un po’ di prenotazioni nelle stanze e daremo avvio alla stagione estiva che arriverà a pieno regime a metà luglio».
Luca Giacomel: Quali poteri avremo?
Tira le fila Luca Giacomel, presidente della Federazione italiana cuochi Alto Adige. «L’idea del green pass - spiega - è buona, ma il problema è: noi ristoratori facciamo gli sceriffi? Dobbiamo fermare tutti quelli che entrano? Ci sono dinamiche che vanno chiarite. L’altra questione è: chi viene al ristorante e ha il green pass, sarà realmente quella persona o saremo legittimati a chiedergli la carta d’identità? Per quanto riguarda la possibilità di aprire anche in questo caso bisognerà valutare se ne vale la pena o no, perché nel mio ristorante ad esempio abbiamo 15 coperti all’esterno, ma mettere in moto un locale ha dei costi e poi abbiamo già pagato più volte lo scotto di aprire per poi dover chiudere poco dopo».© Riproduzione riservata
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Alberto Lupini
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