Bergamo, coniugi divisi al bar In Città Alta domenica di folla

Le immagini della Città Alta gremita di gente hanno fatto il giro d’Italia, mentre nei locali non si sa ancora come far rispettare le distanze. L’esempio di un bar che ha separato due coniugi

18 maggio 2020 | 15:41
di Sergio Cotti
Bergamo, la città che insieme alla sua provincia è stata al centro dell’emergenza coronavirus in Europa per settimane, e che ora insieme a Brescia si candida per diventare capitale della Cultura nel 2023, è tornata a vivere. Forse anche troppo e troppo in fretta, a giudicare dalle immagini di una Città alta senza turisti, ma piena zeppa di gente, domenica pomeriggio, quando ancora la possibilità di “andare a zonzo” per le strade della Lombardia ancora non c’era. Come se gli ospedali pieni, le colonne di carri funebri e le sirene delle ambulanze che scorrazzavano ininterrottamente fino a qualche settimana fa non fossero mai esistiti. Certo, c’è voglia di tornare alla normalità (che, mettiamocelo in testa, comunque non sarà mai quella di un tempo), di uscire di casa dopo due mesi di “arresti domiciliari” e di respirare aria senz’altro meno inquinata (qualcosa di buono, questa emergenza, l’ha pure portato, per fortuna).

Folla a Bergamo Alta. L'immagine ha fatto il giro d'Italia

Ma il rischio di contagio, ci dicono i medici, è ancora troppo alto per pensare che il “liberi tutti” di oggi non debba essere vissuto come un momento di responsabilità cui nessuno può sentirsi esonerato. E sono proprio le immagini di domenica pomeriggio che spiegano il perché, fino a qualche giorno fa, non era permesso a nessuno di passeggiare per la città. Fuori una, dieci, cento persone, dal deserto delle prime settimane di lockdown all’assembramento di ieri, il passo è breve. Altro che Navigli, altro che Quartieri Spagnoli…

Servirebbero più equilibrio e responsabilità, una “quadra” forse impossibile da trovare, soprattutto quando ci scontriamo con altri comportamenti, altrettanto esagerati, ma in senso diametralmente opposto. Siamo ancora a Bergamo, o meglio a Curno, alle porte della città, lunedì mattina, giorno di riapertura di negozi e locali. È l’ora della colazione e il bar (uno di quelli che si affacciano sulla Briantea) dove decidiamo di sorseggiare il primo cappuccino dopo più di due mesi di astinenza, è desolatamente vuoto. Entra una coppia con la mascherina d’ordinanza (così come il personale del locale, che indossa anche i guanti) e si accomoda al tavolo, uno di fronte all’altra. Arriva la cameriera che, gentilmente, chiede loro di sedersi a due tavoli diversi, in obliquo, per garantire la distanza di sicurezza. «Sono le regole», dice, anche dopo che i due signori avevano fatto presente di essere coniugi e conviventi.

Prove tecniche di distanziamento sociale in un bar

Ora, quei due signori avrebbero potuto consumare tranquillamente la loro colazione anche l’uno in braccio all’altra, bevendo dalla stessa tazza. Questo permettono di fare le regole, com’è logico che sia. La barista non lo sapeva e quello che potrebbe essere inteso come un eccesso di zelo, in realtà non è altro che il frutto della confusione totale che le mille ordinanze e i mille decreti emanati da Governo e Regioni anche a poche ore dalla riapertura dei locali, hanno generato anche tra gli addetti ai lavori. Forse domani quei due signori sceglieranno un bar che li farà sedere vicino e non ci sarebbe nulla da ridire su quella decisione. Ripartire con il piede giusto, per i locali, significa rispettare le regole e, quindi, informarsi bene su ciò che dicono. Non è facile, ce ne rendiamo conto, ma è uno sforzo che va fatto assolutamente, per il bene di tutti, a cominciare dal loro.

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Alberto Lupini


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