Il caro benzina si fa sentire sulla filiera agroalimentare e sul settore turistico; soprattutto quello legato ai viaggi su quattro ruote. Negli ultimi giorni, complice il rialzo sui listini azionari per quanto riguarda il prezzo delle materie prime energetiche (petrolio e gas), al distributore il conto si fa più salato. Non solo per i privati, ma anche per le aziende a partire da quelle che movimentano le merci agroalimentari da Nord a Sud della Penisola e fuori dai confini nazionali.
In una settimana benzina e diesel saliti di oltre un centesimo al litro
Partiamo, innanzitutto, dal costo alla pompa. Secondo le rilevazioni del ministero per la Transizione ecologica, nell’ultima settimana il prezzo medio della benzina in modalità self è aumentato di 1,05 centesimi portandosi a 1,687 euro al litro. Rincaro anche per il diesel, salito di 1,3 centesimi a 1,537 euro al litro. Il costo del Gpl è in media a 0,717 euro, in aumento di 0,48 centesimi. Prezzi figli di tendenze globali a loro volta generate dalla crisi Covid. Se, infatti, con lo scoppio della pandemia e i vari lockdown anche la produzione di carburanti si è bloccata, con la ripresa delle attività in diverse parti del mondo (a partire dalla Cina) hanno determinato un mismatch fra domanda e offerta. L’Opec (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio), per esempio, dopo il drastico taglio dei primi mesi del 2020 non è ancora tornata sui livelli pre-Covid.
In Italia l'85% delle merci viaggia su strada
Fenomeni globali che poi finiscono per pesare sulle tasche degli italiani. Soprattutto quando andranno a fare la spesa. Come ricordato da Coldiretti, infatti, l’85% dei trasporti commerciali avviene per strada. Camion di varia stazza percorrono le arterie autostradali ogni giorno trasportando beni alimentari e non. E con i prezzi della benzina in rialzo, anche quelli del trasporto crescono. Risultato? «A subire gli effetti dei prezzi dei carburanti - si legge in una nota diramata dall’associazione dei coltivatori - è l’intero sistema agroalimentare dove i costi della logistica arrivano a incidere fino dal 30 al 35% sul totale dei costi per frutta e verdura». Costi che, inevitabilmente, vengono in parte ricaricati sui consumatori. «Gli impulsi inflazionistici, inizialmente concentrati nell’energetico, cominciano, infatti, a trasferirsi su altre filiere. Al di là del sensibile aumento atteso per il mese di ottobre, sono presenti a livello globale tensioni sulle materie prime e strozzature nella logistica che non possono essere completamente risolte nel breve termine», ha avvertito l'Ufficio Studi di Confcommercio in una nota di fine settembre.
Rincari anche per i viaggiatori
E che dire di chi decide di mettersi in viaggio sfruttando la propria auto? Anche in questo caso il costo del pieno potrebbe dissuadere i turisti. Soprattutto se si considera che, nel corso dell’ultima estate, la spesa media pro-capite in vacanza è stata di “appena” 582 euro. Con una facile simulazione (utilizzando la piattaforma ViaMichelin), immaginiamo di partire da Bergamo, dove ha sede la redazione di Italia a Tavola per dirigerci in macchina (un’auto compatta Euro 5) verso Portovenere, da dove potrebbe cominciare il nostro ipotetico soggiorno alle Cinque Terre, il costo del viaggio è pari a 63,26 euro per 273 km. Di questi, 29,70 euro sono di pedaggio e 33,56 di carburante. Nel caso in cui la nostra auto fosse a diesel, il conto calerebbe ma di poco: 59,44 euro di cui 29,70 di pieno. Se poi volessimo allungarci fino a Firenze, 163 km in tutto, si devono aggiungere 32,34 euro di cui 18,49 euro di benzina. Nel caso del diesel la componente carburante scende a 16,62 euro. Infine, se decidessimo di passare sull’altra costa e arrivare in Salento, allora il costo sale ancora: 151 euro per la tratta di 824 km dalla città dei Medici a Lecce con l’auto a benzina (108 euro di pieno); 120 euro con il diesel (di cui 77,97 con la sosta al distributore). T
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Al di là delle cifre, però, il rischio è che l'aumento dei prezzi energetici (compresi quelli per le bollette di luce e gas) spinga l'inflazione erodendo quindi il potere di acquisto delle famiglie italiane. Come affermato dal ministro all'Economia, Daniele Franco nell'occasione della presentazione della Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) «l'aumento del costo dell'energia e il suo peso sull'inflazione è uno degli elementi di incertezza che grava sulla ripresa». Non a caso, secondo gli ultimi dati consolidati diffusi dall'Istat, se da un lato il reddito disponibile è aumentato nel secondo trimestre del 2021, in concomitanza con le riaperture di aprile, del +0,5%; dall'altro una crescita dei prezzi pari al +0,4% rispetto al trimestre precedente ha di fatto ridotto il guadagno in termini di potere d'acquisto da parte delle famiglie a un misero +0.1%.
Scorrendo in avanti il calendario e arrivando al mese di settembre, i dati Istat parlano di un indice provvisorio dei prezzi al consumo in aumento del +2,6% su base tendenziale con il carrello della spesa che fa segnare una variazione del +1,2% su base annua. «Gli effetti dell’aumento dei costi energetici rischiano di ripercuotersi sui costi che le famiglie dovranno affrontare nei prossimi mesi, con un impatto sulla capacità di spesa che potrebbe minare la ancor fragile ripartenza dei consumi. A questo si aggiunge la preoccupazione dovuta alla significativa pressione sui prezzi delle materie prime che rischia di riversarsi anche su diversi prodotti alimentari di base quali pasta, panificati, cereali, olii vegetali, e su filiere come ad esempio quella delle carni», ha commentato Carlo Alberto Buttarelli, direttore relazioni con la filiera e Ufficio studi di Federdistribuzione.
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Alberto Lupini
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