Benzina, l'oro nero della mafia: un'altra minaccia per agricoltura, alberghi e ristoranti

Il presidente del sindacato dei benzinai Figisc Anisa Confcommercio, Bruno Beardi, ha parlato di un 30% della benzina erogata «in nero» dalle pompe no logo, talvolta in mano alla criminalità organizzata. Concorrenza sleale che fa aumentare i prezzi e che minaccia le aziende agricole e tutto il comparto delle vacanze

13 gennaio 2023 | 12:15

Caos benzina. Dopo il parziale dietrofront del governo Meloni sulle accise ora scoppia il “caso” delle pompe bianche, ovvero quei distributori che non appartengono alle grandi categorie e le loro colonnine sono “no logo”. Parliamo soprattutto di imprenditori indipendenti presenti a livello regionale e nazionale. Imprenditorie che, in alcuni casi, sarebbero “furbetti” e che, con un metodo rodato e semplice riescono ad aggirare, appunto, le accise e a evadere le tasse. Bruno Beardi, presidente del sindacato dei benzinai Figisc Anisa Confcommercio, al Corriere della Sera, ha parlato di un 30% della benzina erogata «in nero». Un universo che si muove sottotraccia, dunque (già denunciato dal direttore uscente dell’Agenzia delle Dogane, Marcello Minnenna, in un’audizione in commissione parlamentare di inchiesta sulle mafie, e confermato dal comandante generale della guardia di Finanza, Giuseppe Zafarana) che, sottraendosi al Fisco, alimenta enormi flussi di denaro a solo beneficio della criminalità organizzata. Mafia che sta espandendo i suoi tentacoli sull’agricoltura e sulla ristorazione mettendo le mani su hotel, ristoranti, bar e vigneti. E ora con questo giochetto rischia di arrecare un ulteriore danno a tutto il sistema italiano, dai trasporti all’agricoltura (come denuncia Confagricoltura) al turismo, perché, in fin dei conti, la benzina è, oggi, più cara anche per queste distorsioni e concorrenza sleale.


Come i furbetti delle pompe bianche aggirano i controlli

Ma come funziona il trucchetto delle pompe bianche? Un’autocisterna carica di benzina di contrabbando, proveniente dalla Slovenia, dalla Bulgaria o dalla Polonia, passa la frontiera italiana e arriva in un deposito di carburanti di medie o piccole dimensioni. Questo deposito, non supera, infatti, le 3mila tonnellate di stoccaggio perché al di sotto di quel quantitativo, il gestore del deposito non ha l’obbligo di utilizzare il sistema informatizzato Infoil collegato con la guardia di Finanza e l’Agenzia del Demanio. In parole povere, quel deposito non è sottoposto ai controlli, come invece avviene per la benzina stipata nei grandi depositi dei trader e dalle compagnie petrolifere, e questo permette di non versare le accise e le l’Iva.


Minaccia per tutti

Questa benzina “tax free” arriva, quasi sempre alle pompe senza logo, le pompe bianche, appunto, dove i prezzi per un pieno sono più bassi. Ma questo “vantaggio immediato” per i consumatori, alla lunga, come dicevamo si ritorce contro tutti, come appunto dimostra la situazione attuale del caro benzina in Italia. E non parliamo solo degli italiani, ma anche delle aziende e di interi comparti, turismo e agricoltura in primis, come dicevamo. Per chiarezza di cronaca, le frodi e illeciti riguardano una minima parte delle 6mila pompe bianche disseminate sulla rete stradale italiana. Però è appunto vero che queste criticità, si concentrano proprio nelle stazioni di servizio no logo. E che la situazione potrebbe espandersi a macchia d’olio. Nel triennio 2019-2021 la guardia di Finanza ha sequestrato, infatti, 19 milioni di chili di carburanti, rilevando il consumo di 404 mila tonnellate di prodotti energetici non dichiarati.

«Sul tema delle accise sono stati fatti controlli sulle frodi carburanti, fondamentalmente collegabili al fenomeno delle pompe bianche» ha spiegato Minenna. «Si tratta principalmente di settori della logistica petrolifera e di distributori senza logo, cioè pompe bianche, attraverso cui le organizzazioni criminali realizzano le condotte evasive che consentono di immettere sul mercato carburante a prezzi fortemente concorrenziali», ha aggiunto Giuseppe Zafarana.

Occorre che il Governo intervenga e «si indaghi sui carburanti importati illegalmente che rappresentano il 30% del totale. Qui lo Stato perde 13 miliardi di euro», ha detto Bruno Bearzi.

 


Aziende agricole in ginocchio per il caro benzina

Un intervento immediato perché, come dicevamo, c’è di mezzo tutto il sistema Italia, e i due principali comparti dell’economia italiana: agricoltura e turismo che, dopo tutto quello subito per il Covid e il caro bollette, non possono permettersi anche i danni del caro energia.


«Tutti gli esperti indicano che il 2023 sarà un anno particolarmente difficile per le forniture energetiche - affermano presidente e direttore della Confagricoltura di Asti, Gabriele Baldi e Mariagrazia Baravalle - È da tre anni che le aziende agricole si trovano in forte difficoltà: prima la pandemia e poi l’aumento dei costi di produzione derivanti dallo scoppio del conflitto russo-ucraino hanno letteralmente messo in ginocchio tutto il comparto. Apprezziamo le misure presenti all'interno della Legge di Bilancio, tra queste anche quella relativa all'estensione del credito di imposta del 20% per l’acquisto di gasolio e benzina, ma non basta. È necessaria una task force coordinata dal Governo insieme all'Unione Europea che operi in un’ulteriore riduzione delle accise, almeno per tutta la durata di questo anno, in modo tale da alleggerire i costi e ridare dignità alle nostre imprese. In altri Paesi europei sono stati previsti interventi a favore di famiglie e imprese per tutto il 2023, mentre in Italia le misure a favore delle imprese sono previste solo per il primo trimestre. Senza una solida iniziativa comune, rischiamo il collasso del mercato unico europeo».

 


L'impatto sul turismo

Dall’agricoltura al turismo, le cose non promettono bene. Con la benzina così cara, aumentano notevolmente i costi delle materie prime, anche quelle alimentari. E così alberghi e ristoranti sono obbligati a rivedere i prezzi dei loro listini.


Non solo. Se guardiamo ai dati 2022, l’auto, visto anche il post Covid, è stato un mezzo molto amato dagli italiani per andare in vacanza, nonostante i numeri siano in calo. Quindi, è presto detto, con i carburanti così cari, il rischio è che la gente si veda costretta a ridurre i giorni di vacanza, nel peggiore dei casi, oppure a spendere meno una volta recatasi nel luogo di villeggiatura, con conseguenze evidenti per il settore. Insomma, altra benzina sul fuoco proprio non ci voleva.

Sciopero dei benzinai congelato

Lo sciopero dei benzinai, proclamato per il 25 e il 26 gennaio, contro le misure del decreto sulla trasparenza dei prezzi dei carburanti, è al momento congelato. Il governo ha assicurato l'avvio di un confronto con il settore, che inizierà con un tavolo tecnico martedì 17 e ha preso atto del congelamento dello sciopero e la sospensione del giudizio sul decreto legge in attesa della pubblicazione.

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Alberto Lupini


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