Basta foto di piatti al ristorante? Ecco perché c'è chi le vieta

A Parigi e New New decisioni in forte controtendenza rispetto all'abituale. In due ristoranti infatti è stata attuata una stretta sulle foto ai piatti, per fastidi creati ai clienti e allo staff da clienti fin troppo invasivi e invadenti, armati non solo di smartphone ma anche anche di attrezzatura fotografica. In Italia questo divieto è attuabile? L'abbiamo chiesto alla Fipe

09 dicembre 2023 | 05:00

A Parigi e New York due ristoranti stanno, se non vietando in toto, comunque limitando i propri clienti di esagerare con le foto ai piatti (i propri o quelli degli altri) una volta al tavolo. Una decisione che pare in controtendenza con i tempi attuali, ma che è ben motivata in virtù della pace e tranquillità al locale (tanto degli ospiti quanto dello staff). Niente di assurdo, quindi, ma una decisione ben ponderata che, da una parte, "sacrifica" certo la visibilità social, ma dall'altra assicura forse il concetto chiave per il quale si va al ristorante: la convivialità. Che la saga, fin troppo lunga in realtà e anche un po’ antipatica, del foodporn e della condivisione invadente di scatti al cibo stia giungendo ai capitoli finali? Che l’esposizione sui social media, in alcuni casi anche eccessiva, quasi invasiva e per certi versi fastidiosa, dei piatti più disparati, strabordanti, abbondanti, goduriosi più per l’obiettivo e il flash che per il palato stia perdendo colpi? 

A Parigi meno foto al ristorante: disturbano gli altri tavoli

Prima foto al piatto, poi si può mangiare. Un ritornello che abbiamo rispettato, o che abbiamo visto rispettare, molto spesso, specialmente a pranzo o cena fuori, di fronte a un bel piatto (ma in alcuni casi anche un piatto qualsiasi), un piatto che soddisfa più l’estetica che il gusto o anche semplicemente un panino farcito, forse anche inutilmente oltremisura, e pure difficile da azzannare. All’estero, stufi di una tendenza che ha trasformato ristoranti in studi fotografici, in non pochi casi con tanto di attrezzature professionali allestite senza l’autorizzazione dello staff, pare stiano cercando di limitare il fenomeno. L’ultimo caso in un ristorante di Parigi, il Carboni's (di ispirazione italiana), che sui suoi account social ha informato: «Abbiamo notato che molti clienti trasformano la loro cena in un servizio fotografico, e anche se ci piace vedere i vostri scatti, portano disturbo ai nostri clienti e anche allo staff. Chiediamo gentilmente di tenere i vostri servizi fotografici entro certi limiti». Ricordiamo come, perlomeno nel nostro Paese, è violazione della privacy far comparire altre persone presenti in un luogo destinato al pubblico nei propri scatti, senza il loro consenso. Un altro aspetto magari poco noto ma che si aggiunge, però, alla questione.

Anche a New York stretta sulle foto al ristorante

Il collegamento a quanto sostenuto, ormai anni fa, da Anthony Burdain (scomparso nel 2018) viene spontaneo. Il celebre cuoco e personaggio televisivo francese sosteneva come le foto al cibo non fossero segnale di un buon ristorante, il quale non risulta essere quel posto che probabilmente ci esce sulla home del nostro Instagram. Discorso che in parte riflette il pensiero di Carol Song, ristoratore di New York che ha vietato ai propri clienti di fare altre foto che non siano quelle rapide con lo smartphone al proprio tavolo. L’imprenditore ha raccontato come spesso molti ospiti nemmeno ordinassero, lanciandosi a fare foto ai piatti e ai drink di tavoli sconosciuti. «Non volevo un posto dove le persone venissero solo perché va di moda. Rimpiango solo di non averlo fatto dall'inizio, ma non credevo si arrivasse a questo livello».

Fipe: «Il ristoratore può interdire le foto nel suo locale»

Per parlare della questione abbiamo contattato la Fipe (Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi) che ci ha risposto attraverso il suo vice direttore Luciano Sbraga. «Dentro un'azienda le regole le stabilisce l'imprenditore – ci dice – e non diamo valutazioni di merito. Si tratta di una scelta che prende il titolare, valutando evidentemente come nella sua azienda quel tipo di comportamento dei clienti non sia positivo per l'azienda o consono per il contesto generale. Dal punto di vista formale nessuno può impedire a un imprenditore di stabilire delle proprie regole all'interno del suo locale, che sia un ristorante o un'attività in generale, che rimane un luogo privato per quanto aperto al pubblico. Un ristoratore quindi a sua discrezione può interdire, attraverso le buone maniere ovviamente, le foto per le più svariate ragioni, che vanno dalla privacy a, per esempio, una questione di copyright sui piatti».

Nel caso in cui ci fosse divieto di foto e il cliente non rispettasse questa decisione, come può comportarsi il titolare? «Può, sempre con buon senso e buone maniere, invitare a uscire dal proprio locale chi non ne rispetta le regole». Non c'è quindi una vera e propria legge in materia, come ci informa anche il team di A Cena con Diritto, collettivo formato da esperti di diritto della ristorazione: «Il ristorante è un luogo privato aperto al pubblico per cui si applicano le regole dettate dal ristoratore. Se a quest’ultimo fa piacere che i clienti fotografino i suoi piatti, e non i clienti e il personale di servizio per evidenti ragioni di tutela della riservatezza, lo può consentire. Se ad un altro ristoratore non è gradito, lo può inibire. Resta fermo il fatto che per il ristoratore è lecito allontanare un cliente qualora questi, con tale condotta, turbi la sicurezza o la quiete degli altri avventori».

Social, sono mai stati un'arma infallibile per la ristorazione?

Detto ciò, è indubbio come nell’epoca social molti ristoratori si siano fatti forza del mezzo per poter promuovere la propria azienda, in modo diretto o indiretto. In quest’ultimo caso, attraverso proprio l’attività dei clienti (paganti, questa volta) che una volta seduti al tavolo e fatta l’ordinazione, prima di mangiare sistematicamente hanno rispettato il rito laico della foto al piatto. Pubblicata in rete seduta stante o a posteriori, condivisa con il proprio pubblico, sia esso più o meno numeroso. Un’arma pubblicitaria non da poco per il ristoratore o lo chef di turno. Un’arma pubblicitaria, soprattutto, di fatto a costo zero. Come lo fosse un normale passaparola, ma con tanto di testimonianza foto o videofotografica direttamente dal locale.

Tutto normale, o tutto apparentemente normale, considerata l’epoca in cui stiamo vivendo. L’epoca del tutto e subito, l’epoca dell’overshowing, del mostrare tutto e di più della propria vita (o quantomeno di ciò che si vuole far vedere) e il cibo è senza dubbio tra i soggetti più fotografati e condivisi. Eppure, eppure qualcosa sembra star cambiando. Perlomeno nella mente, e nella visione, di alcuni ristoratori, come abbiamo visto, soprattutto all’estero. E se, paradossalmente, qualcuno si sia stufato dei propri clienti che, prima di mangiare un piatto, passano spesso interi minuti a cercare l’angolatura più adatta, l’inquadratura ottimale per scattare una foto e, perché no, alimentare la corrente foodpornistica con tanto di hashtag per racimolare quanti più like possibile? La convivialità, insomma, torna a prevalere sull'apparenza?

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Alberto Lupini


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