In Italia l'invasione dei cinghiali è un problema. Il fenomeno negli anni ha raggiunto numeri che fotografano al meglio una situazione fuori controllo: sono circa 2,3 milioni i capi presenti sul territorio e la cifra è in costante aumento. Una situazione complessa che le Regioni stanno provando ad affrontare, pur con qualche difficoltà.
Una prima nota positiva è arrivata dalla Lombardia, che ha ricevuto il via libera da parte del ministero della Salute alla richiesta di un allargamento della caccia ai cinghiali “con l’utilizzo di cani da seguita nel periodo dal primo ottobre 2022 al 31 gennaio 2023 in attuazione di quanto previsto dall’art. 18 comma 2 della legge 157/1992”. Una scelta che apre a un maggior numero di capi abbattuti.
Un piccolo passo a cui si spera replicheranno a breve anche gli altri enti.
Troppi cinghiali, quanti problemi!
Al di là dei numeri, gli ungulati portano in dote diversi problemi di non facile soluzione. Anche qui partiamo dai numeri: secondo la Coldiretti, per esempio, aumentano pericoli e danni in città e campagne con un incidente stradale ogni 41 ore nell’ultimo anno causato dai cinghiali. I cinghiali causano quindi incidenti stradali con morti e feriti, portano malattie, razzolano fra i rifiuti in città, spaventano le famiglie e sono un flagello per i campi perché devastano i raccolti.
Non solo. Da qualche tempo su di loro si è anche abbattuta la Peste suina africana, di cui i cinghiali sono principale vettore, che rappresenta un'importante minaccia per l'agroalimentare made in Italy, soprattutto per i salumi. A rischio c’è un comparto che garantisce lavoro a 100mila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione, con un fatturato che vale 20 miliardi, buona parte del quale realizzato proprio sui mercati esteri.
Lotta ai cinghiali: primo passo dalla Lombardia
L'appello è arrivato nei giorni scorsi dalla Coldiretti, che ha scritto una lettera ad Angelo Ferrari, Commissario straordinario alla Peste suina africana. «Considerata la situazione di estrema emergenza per i danni e gli incidenti stradali provocati dalla fauna selvatica sono del tutto fuori luogo, vanno contro la realtà dei fatti e danneggiano il Paese le proposte di abolizione della caccia avanzate - ha sottolineato il presidente Ettore Prandini - per contingenti e strumentali interessi politici. Ridurre numericamente la specie cinghiale significa rallentare la diffusione della Peste suina africana in quelle zone dove maggiore è la presenza di filiere agroindustriali legate agli allevamenti di maiali che garantiscono reddito, occupazione ed indotto all’Italia».
In sostanza, Coldiretti ha chiesto di allargare ulteriormente la caccia ai cinghiali e un primo segnale positivo, dicevamo, è arrivato dalla Lombardia. «Considerata la situazione di estrema emergenza per i danni e gli incidenti stradali provocati dalla fauna selvatica, il parere positivo espresso dagli esperti dal Ministero sull’attività venatoria per contenere i cinghiali è un primo passo significativo», ha commentato Prandini.
La soluzione? L'abbattimento
A dire che la soluzione a questa emergenza sia l'abbattimento sono stati direttamente gli italiani. Oltre otto su dieci (81%), secondo l’indagine Coldiretti/Ixè, pensano che l’invasione dei cinghiali vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero.
In Liguria, una delle regioni maggiormente colpite dalla Peste suina e con un contingente di cinghiali stimato sopra le 50mila unità, qualcosa è già stato fatto. Lo scorso anno sono stati cacciati 19.695 cinghiali, l'84,7% del contingente massimo fissato a 23.240 capi. Quest'anno la cifra è stata alzata a 35.451 cinghiali, con l'obiettivo di combatterne la proliferazione incontrollata.
Una mosca bianca in un contesto in cui i numeri sono ancora troppo bassi. Un esempio, in questo caso, arriva dal Piemonte, dove l'anno scorso sono stati 7mila i capi abbattuti, mentre per Coldiretti servirebbe abbatterne 50mila.
A caccia con l'arco in Abruzzo
C'è poi chi, in attesa di poter ampliare il contingente massimo, ha modificato il disciplinare in merito alla caccia ai cinghiali. È l'Abruzzo, che nel documento ha inserito la possibilità del prolungamento dell'orario di prelievo dei cinghiali fino alle ore 24, il ricorso a strumenti per il miglioramento della visione notturna, come visori a infrarossi, visori termici, torce e fari e l'utilizzo dell'arco.
La sentenza di supporto
Nel frattempo, ad agosto è anche arrivata una sentenza a suo modo rivoluzionaria nel panorama della lotta ai cinghiali. Il Tar ha dato ragione all'azienda vitivinicola Durin di Ortovero, in provincia di Savona. I cinghiali, resi furiosi anche dalla siccità e dalla mancanza d'acqua, per cercare di dissetarsi si sono più volte spinti fino alle vigne, nel tentativo di mangiare l'uva, con danni ingenti. Così il Tribunale amministrativo regionale ha stabilito che i viticoltori, per tutelare la propria attività, non essendo possibile recintare i terreni sia dal punto di vista pratico sia per il costo, possono servirsi di gabbie e fucili per abbattere gli ungulati.
Stagione venatoria alle porte
Non resta quindi che attendere novità anche se i tempi stringono. La stagione venatoria è ormai alle porte. In gran parte delle regioni partirà infatti ad ottobre e proseguirà almeno fino alla fine dell'anno (anche se calendari e giorni variano da zona a zona).
La volontà degli enti, Regioni comprese, sembra chiara: porre fine all'invasione. I numeri dicono che è arrivato il momento di farlo.
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Alberto Lupini
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