Bar e ristoranti contro il Governo. Si punta ad un tavolo per dichiarare lo stato di crisi

Il ministro allo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli incontrerà oggi Fipe e organizzazioni sindacali per confrontarsi sullo stato di salute dei locali colpiti dai decreti . Sul no all'asporto dopo le 18 per i bar: il presidente Stoppani: «Scelta incomprensibile». Il direttore Calugi: «Misura colma»

12 gennaio 2021 | 11:18
di Federico Biffignandi
Dopo la giornata di ieri che ha visto alcuni gestori di locali di Bari e Trento radunarsi davanti alle rispettive Prefetture per chiedere di impedire questa scelta e di portare ristori nelle loro casse e dopo le dichiarazioni di Pasquale Naccari (Tni-Tutela nazionale imprese) che ha minacciato di tenere aperti i bar nonostante i divieti ora tocca alla Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi, uscire allo scoperto. Lo ha fatto su due fronti: da una parte con il presidente Lino Stoppani che ha chiesto e ottenuto dal ministro allo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli un incontro per aprire lo stato di crisi del settore ristorazione, dall’altro con il direttore Roberto Calugi che è entrato più nelle questioni specifiche che mettono a repentaglio il settore.


Scontro Governo-ristorazione sul ring del Covid. Nella foto: Stefano Patuanelli e Lino Stoppani

Oggi l'incontro Fipe-sindacati-Patuanelli
Fronte ministeriale. Già nella giornata di lunedì, Lino Stoppani con le organizzazione sindacali Cgil, Cisl e Uil ha inviato una lettera a Patuanelli chiedendo un incontro e l’apertura dello stato di crisi del settore. Patuanelli ha risposto in via “ufficiosa” (tramite un messaggio whatsapp) allo stesso Stoppani garantendo per oggi una convocazione.

«Uniti con le altre associazioni di categoria - ha detto Stoppani - riteniamo doveroso e urgente dichiarare con il Governo lo stato di crisi del settore che ci garantirebbe delle corsie preferenziali per ottenere aiuti. L’ultima ipotesi di impedire l’asporto dopo le 18 è incomprensibile per due aspetti: uno sanitario perché non si capisce come mai di sera il virus sia più pericoloso che di giorno; l’altro è relativo al fatto che ancora una volta si è capito che per lo Stato non siamo un settore essenziale e sicuro. Eppure su 6,8 milioni di controlli effettuati per verificare il rispetto del protocollo, solo lo 0,18% ha portato a sanzioni. Le ricadute sono molteplici, intaccano il turismo e rischiano di disperdere le tante professionalità attive in questo settore, gioiello per il nostro Paese.

Calugi: L'ora di dire "Basta"
Fronte Calugi. Niente mezze misure e attacco frontale al Governo: «Io - ha detto all’Adnkronos - credo che il Governo farebbe bene a iniziare la settimana controllando il territorio invece di massacrare un settore che invece è già di suo massacrato. È il caso di dire “Basta”, la misura è colma. Se il governo vuole vedere centinaia di migliaia di persone che vengono in piazza a protestare verso modalità che sono incomprensibili, allora questo è il modo giusto. Non ne possiamo veramente più. Nessuno ci coinvolge e la mattina ci vediamo le notizie sui giornali».

Torna caldissima la questione della reale pericolosità dei bar e dei ristoranti che il Governo indica ogni volta come luoghi ad altissimo rischio. Gli addetti ai lavori hanno già chiesto che si mostrino documenti scientifici che provino questa tesi e Calugi non si discosta da questa tendenza: «Ma il problema - sottolinea Calugi - è l'asporto dei bar e dei ristoranti dopo le 18? Mi viene da ridere. La questione è che se ci sono dei bar e dei ristoranti, come anche dei supermercati che sbagliano e non applicano le regole, chiudeteli. Ma non potete massacrare un'intera categoria in questo modo. C'è gente che si è tolta la vita, tanti non reggono più a livello psicologico, non si può scherzare sulla pelle delle persone in questa maniera», rimarca amaro Calugi.

Addetti ai lavori stanchi psicologicamente
E proprio sull’aspetto psicologico Calugi calca ulteriormente la mano perché i mesi di chiusure si stanno sommando sulle spalle degli imprenditori e all’orizzonte il baratro sembra ampliarsi sempre di più. La tensione nell’ambiente sta aumentando anche alla luce delle notizie agghiaccianti che arrivano da diverse zone d’Italia: l’ultima quella di un noto ristoratore che si è tolto la vita nella Bergamasca pochi giorni fa perché vessato dall’impossibilità di lavorare.

Secondo il direttore di Fipe la situazione degli esercenti è sempre più nera: «Noi diciamo - sottolinea - che il Governo deve pensare a controllare il territorio. Chi sbaglia paga ma non si può giocare sulla pelle delle persone, con annunci di questo genere che gettano centinaia di migliaia di persone nello sconforto. Senza minimamente ascoltare le associazioni di categoria. Siamo stufi di informazioni apprese dagli organi di stampa, non so a che titolo, e calate dall'alto».

Aiuti insufficienti, servono sostegni strutturali
In tutto questo ciò che fa mancare la terra sotto ai piedi degli imprenditori è la mancanza di aiuti economici oltre ad un contesto politico che si sta infiammando col Governo che rischia di cadere. Ma Calugi, anche in questo senso, ha le idee chiare: «Non possiamo stare qui con la spada di Damocle del governo, cade o non cade, si intervenga subito con uno scostamento di bilancio e si mettano in sicurezza quante più imprese possibili. L'anno scorso sui ristori è stata messa una cifra di 2 miliardi 490 milioni di euro per 300mila imprese. Bisogna perlomeno raddoppiare questa cifra».

Data la gravità della situazione tuttavia neanche i ristori possono più bastare in quanto rappresenterebbero solo una pezza, insufficiente. «Bisogna intervenire - spiega - sugli affitti, è necessario. Sarebbe un'operazione sostanzialmente a costo zero per lo Stato, si tratterebbe di dare degli incentivi fiscali ai proprietari delle mura che accettano di ridurre gli affitti di almeno il 30%. Ci auguriamo che rientri in un eventuale dl ristori quinques. E poi serve il prolungamento della cassa integrazione. Si farà nuovo debito? Bene, l'alternativa è vedere 300mila persone in mezzo a una strada. Quanto costa allo Stato mantenere queste persone? Così si capisce che in questo momento fare debito è un falso problema. Almeno così si riuscirebbe a salvaguardare un patrimonio di imprese che altrimenti andrebbe perso».

Città svuotate senza locali
Infine, ma non certo per ordine di importanza, c’è il tema legato al fatto che senza bar o ristoranti le città si svuotano e perdono la loro identità, oltre che il loro decoro. Le vie cittadine per tradizione italiana sono animate da sempre dai punti di ritrovo per un caffè, un aperitivo, un pranzo di lavoro o una cena in compagnia; un clima che non solo non si respira più da marzo per motivi più o meno validi (il lockdown iniziale era stato accettato, le concessioni estive sembravano portare ossigeno, ma l’alternanza di colori autunnale proprio è incomprensibile) ma che rischia di perdersi per sempre. I locali stanno chiudendo in serie e recuperare ciò che di secolare viene distrutto sarà un’impresa impossibile.

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Alberto Lupini


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