Le mani della mafia si allungano su Milano e nel mirino ci sono ancora una volta bar e ristoranti; sia quelli in centro, posti nel cuore della movida meneghina e sia quelli periferici, che si trovano specialmente nei quartieri più difficili come Rozzano, Comasina, Affori e Barona.
Dopo la relazione semestrale della Dia, la Direzione investigativa antimafia nella quale si segnalava l'interesse per le organizzazioni criminali e in particolare dell'ndrangheta, nei confronti di bar e ristoranti del capoluogo di Regione, stavolta è stata la coordinatrice della Direzione Antimafia Alessandra Dolci a lanciare un nuovo allarme direttamente dall'Aula del Consiglio comunale.
«Le mafie a Milano reinvestono i capitali in attività di ristorazione», ha detto.
D'altronde per le organizzazioni criminali questo è un periodo favorevole. Molti imprenditori si trovano in difficoltà, per i due anni di crisi legati all'emergenza pandemica seguita quest'anno dall'impennata dei costi delle bollette e delle materie prime, e fanno fatica a rivolgersi alle banche per accedere ai crediti.
Tanti finiscono così per trovare i soldi altrove cadendo nelle mani di associazioni criminali che offrono crediti a prezzi di usura fino a soccombere, cedendo l'attività.
Un allarme reale che Italia a tavola ha lanciato già nell'aprile di due anni fa e ha riportato a galla più volte, ma che resta per molti un tabù difficile da nominare.
Bar e ristoranti di Milano nel mirino della Mafia
Una mafia meno visibile e sempre più infiltrata che ricicla denaro investendolo in bar e ristoranti. Questo il quadro delineato dalla procuratrice aggiunta e coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia, Alessandra Dolci, sulla presenza della criminalità organizzata a Milano.
Dolci lo ha tracciato dopo essere stata invitata in Comune a Palazzo Marino per esporre la Relazione redatta dalla Direzione distrettuale antimafia sul contrasto alla criminalità organizzata.
Seduta di fianco del sindaco Giuseppe Sala, Dolci ha ricordato i tempi in cui il prefetto Gian Valerio Lombardi affermava che a Milano la mafia non c'era. Era il 2010 e da allora la visione è cambiata. «Non è in discussione ammettere la sua presenza, quanto il suo modo di agire. È una mafia imprenditrice», ha premesso Dolci.
«Le mafie a Milano reinvestono molto i capitali in attività di ristorazione soprattutto nei quartieri periferici e difficili come Rozzano, Comasina, Affori e Barona - ha proseguito la coordinatrice della Dia - In periferia rilevare un bar significa marcare il territorio. Ma anche rilevare locali nelle zone più centrali della movida può essere, oltre che redditizio, un modo per aumentare la rete di conoscenze, per conoscere l’imprenditore o il professionista, o il politico. È un modo anche per creare posti di lavoro e trovare quel consenso che sta alla base della formazione delle mafie sul nostro territorio».
L'importanza dei controlli delle Forze dell'ordine
Per Dolci contro queste attività è molto importante il ruolo della Polizia locale e in particolare dell'Unità Annonaria. Il suo compito è eseguire le operazioni di controllo riguardanti l'intero settore del commercio in sede fissa, su area pubblica, e sui pubblici esercizi. Queste le principali mansioni: Controllo sistematico delle attività commerciali di qualunque tipo e dei pubblici esercizi
«Rilevare un bar per le mafie significa marcare il territorio. Per questo motivo spesso il mafioso di turno in quel locale ci andrà spesso. Per questo l’intervento della Polizia locale può essere fondamentale», ha precisato poi Dolci.
Il profilo dell'imprenditore disonesto
«Otto volte su dieci è l’imprenditore che cerca i servizi del mafioso perché è un modo semplice per alterare le regole del mercato o per avere una posizione di monopolio». Per Alessandra Dolci è proprio qui che deve intervenire la prevenzione delle infiltrazioni mafiose, ovvero nell’economia legale, impedendo che si crei una rete con l’imprenditoria e facendo in modo che fare affari con la criminalità organizzata non sia conveniente.
Il grimaldello per acquisire un locale è l'usura
Molti imprenditori, in difficoltà per i due anni di emergenza pandemica sono allo stremo. I locali sono rimasti chiusi durante il lockdown, poi sono scappati i turisti e gli impiegati (a causa dello smart working). Adesso c'è la ripartenza, ma è frenata dai rincari delle materie prime e dell'energia. In questa situazione di crisi nera molti finiscono per rivolgersi agli strozzini che propongono prestiti a tassi di usura. Un reato di non facile e immediata rilevazione a detta degli agenti della Dia, perché molti preferiscono tacere.
La tecnologia corre in aiuto delle Forze dell'ordine
Dolci ha sottolineato quindi l’importanza della sinergia delle istituzioni nel contrasto alle infiltrazioni mafiose, per mettere a sistema conoscenze e dati che possono servire nella prevenzione. Un esempio virtuoso per Dolci è il Protocollo d’intesa che ha permesso la creazione della piattaforma informatica per il controllo delle licenze commerciali degli esercizi della città di Milano perché incrocia diversi dati e permette la segnalazione di anomalie.
«È stata una riforma informatica per noi molto importante - ha aggiunto - che riesce a collegare banche dati già esistenti trasmettendo una serie di alert».
Tra questi possono essere segnali importanti i profili dell’imprenditore, la modifica continua della sede e della compagine societaria.
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Beni confiscati alle mafie, la Lombardia è quarta
La piaga del fenomeno delle infiltrazioni mafiose, non soltanto a Milano, ma in tutta la Regione, è spiegata anche dal fatto che la Lombardia è quarta per il numero dei beni sequestrati e confiscati. Sono in tutto 3.256 a fronte dei 4.93 della Calabria, dei 6.091 della Campania e dei 14.036 della Sicilia.
La diffusione delle 'ndrine nelle province lombarde
Tra l'altro la Dia ha recentemente segnalato che nella Regione risultano operativi 25 gruppi di 'ndrangheta che insistono su 28 Comuni nelle province di Milano (nelle città di Milano, Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro, Legnano), Como (a Erba, Canzo, Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco, Cermenate), Monza-Brianza (a Monza, Desio, Seregno, Lentate sul Seveso, Limbiate), Lecco (a Lecco e Calolziocorte), Brescia (a Lumezzane), Pavia (a Pavia e Voghera) e Varese (a Lonate Pozzolo).
Associazioni di categoria e istituzioni devono fare rete
Nel frattempo le istituzioni e le Forze dell'ordine stanno provando a reagire. Dia, Dna (Direzione nazionale antimafia) e Confindustria Alberghi hanno siglato un protocollo d'intesa per la tutela del settore alberghiero da rischio di infiltrazioni. In cosa consiste? Nella costituzione di un tavolo permanente per il monitoraggio dei fenomeni e la definizione degli ambiti operativi attraverso la strutturazione di un modello di raccolta e trasmissione di dati relativi ai rapporti economici in essere. Tutto con l'obiettivo di tutelare le imprese, gli operatori economici e il regolare svolgimento delle dinamiche imprenditoriali.
Il ruolo del Comitato Antimafia
A Milano il Sindaco di Milano, Giuseppe Sala ha costituito, con apposito decreto, il Comitato Antimafia, per lo studio e la promozione di attività finalizzate al contrasto dei fenomeni di tipo mafioso e della criminalità organizzata sul territorio milanese. È composto da cinque componenti che resteranno in carico fino alla fine del mandato, collaborando a titolo gratuito, Fernando dalla Chiesa (presidente), David Gentili, Ciro Dovizio, Laura Ninni, Elenora Montani.
Lo scopo è scongiurare l'espansione delle organizzazioni criminali e dei fenomeni di tipo mafioso.
Ma l'allarme è anche sui grandi cantieri
La partita più grande, sicuramente, Milano la gioca sui grandi cantieri che si realizzeranno grazie alla cascata di fondi in arrivo con il Pnrr (Il Piano nazionale di ripresa e resilienza) e la sfida olimpica (nel 2026 ci saranno le Olimpiadi invernali e Milano ospiterà insieme a Cortina parte delle gare). E su questo punto arriva l'interrogativo: «Siamo pronti? Ci rendiamo conto del pericolo che corriamo di mettere i soldi pubblici nelle tasche delle famiglie mafiose? Una parte di interventi delle Olimpiadi ha committenti privati - ha concluso Dolci - e a questi non possiamo imporre di dare la documentazione antimafia. Serve un'operazione di moral suasion (invito a correggere o rivedere determinate scelte o comportamenti). E gli strumenti ci sono».
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Alberto Lupini
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