Anche i Food designer in campo: Alcuni bar potevano restare aperti
La loro idea per limitare i danni è di creare codici Ateco diversi, per gestire meglio il settore: «Restrizioni in base al tipo di ristorazione del locale. Colazioni e cocktail non possono finire nello stesso calderone»
I Food designer: da sinistra Mauro Olivieri, Francesco Subioli, Ilaria Legato, Paolo Barichella e Marco Pietrosante
RIPIOMBATI NELLO STESSO INCUBO DOPO L'ILLUSIONE ESTIVA
Secondo Subioli «durante la tregua estiva si iniziava a pensare che il lockdown fosse solo un brutto ricordo», mentre ora «i ristoratori ancora intenti a leccarsi le ferite causate dal primo blocco sono ripiombati nello stesso incubo e siamo certi che assisteremo a un cambiamento ulteriore dei connotati della ristorazione per come la conoscevamo prima della pandemia».
GRANDI INVESTIMENTI PER ADEGUARE LE STRUTTURE ALLE NORME
Legato ha ricordato che «molti imprenditori hanno investito per adeguare le strutture alle norme imposte, hanno capito l’importanza della squadra e di avere un team di persone coeso, non semplici dipendenti ma risorse con la mente aperta pronte a mettersi in gioco e a cambiare dettagli del servizio o semplicemente a lavorare con il sorriso anche quando tutto intorno sembra crollare».
SI È PUNTATO SULLA FORMAZIONE DEL PERSONALE DI SALA E DI CUCINA
I Food designer hanno lavorato al loro fianco «puntando l’attenzione sull’importanza di creare dei circoli virtuosi anche quando le risorse sono scarse. È stato dato valore e priorità alla formazione dei ragazzi di sala e di cucina su tutta la parte delle soft skill. Formazione sempre più richiesta per accogliere in modo adeguato gli ospiti con cura e attenzione soprattutto nel rispetto delle nuove norme anti-Covid».
OLTRE AL MANCATO FATTURATO, DANNI DAL BLOCCO DI TURISMO E FIERE
E ora? «Al danno subito dal periodo di mancato fatturato va sommato il fatto che dall'inizio della pandemia le grandi metropoli hanno mutato il loro aspetto, vedendo drasticamente ridotto l'afflusso di turismo, viaggi di lavoro, traffico fieristico e pendolarismo quotidiano», sottolinea Pietrosante.
IN CAMPO ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA E ANCHE OPINION LEADER
Già penalizzato dalla riduzione di clientela, scesa a punte di -80%, il settore «con la nuova serie di restrizioni di fine ottobre ha subito un ulteriore contraccolpo andando incontro a un mutamento epocale che mai sarebbe stato ipotizzabile. Non è un caso se questa volta per protestare contro le scelte del governo siano scesi in campo associazioni di categoria tipo la Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) e Jeunes restaurateurs (Jre, giovani chef e ristoratori), oltre a opinion leader come Massimo Bottura e Nico Romito, tutti impegnati nel far comprendere quanto il Dpcm penalizzi un settore fortemente messo alla prova».
SERVIZI DESTINATI A UN PUBBLICO CON INTENZIONI DIVERSE
In realtà, fa notare Olivieri, «dobbiamo analizzare un aspetto importante: quando si parla di ristorazione ci sono differenti segmenti che rispondono a specifiche richieste e necessità completamente differenti tra loro destinati a un pubblico con intenzioni diverse. Si parla di pausa pranzo, movida e cucina esperienziale fatta di ricerca e avanguardia, ma anche di cultura, tradizione e dettaglio. Tutti e tre i segmenti sono orientati al mangiare, ma ognuno per motivi opposti e con approcci estremamente distanti. Se parliamo di bar per esempio, non possiamo non valutare che un locale che fa caffè, colazioni e pausa pranzo raggiunge circa l'80% del suo fatturato alle 15, mentre un cocktail bar sviluppa il 100% dopo le 18 perché prima è chiuso».
ATTENZIONE AL DISTANZIAMENTO, MA NON SUI MEZZI PUBBLICI
Barichella è convinto che l'errore macroscopico compiuto dal governo sia stato «mettere tutti insieme in un unico calderone questi modelli, sottovalutando che il terzo, la cucina esperienziale, fosse quello che più aveva rispettato e seguito le indicazioni, investendo importanti risorse in un momento in cui non ce ne erano per mettere a norma le proprie strutture con non pochi sacrifici e senza alcun aiuto o incentivo dallo Stato. Si è penalizzato un settore che applicava le norme di distanziamento e nulla si è fatto per i mezzi pubblici dove la sicurezza è nulla. Due pesi e due misure che non sono andate giù».
DIFFERENTI CODICI ATECO A SECONDA DELLA RISTORAZIONE
I Food designer dunque propongono di creare differenti codici Ateco sulla base del tipo di ristorazione proposta dal locale, perché gestire tutte queste differenti specializzazioni in un unico codice che identifica la somministrazione di cibi e bevande non aiuta in casi come questi dove era ampiamente possibile decidere quali fossero le strutture che potevano generare potenziali rischi e quindi da chiudere, e quali invece hanno ridotto al minimo se non azzerato le possibilità di contagio.
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Alberto Lupini
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