Alimentari, nel 2022 cresceranno il doppio del Pil. Obiettivo sostenibilità
Sono le previsioni del Food industry monitor dell'Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo. A crescere maggiormente saranno i comparti del caffè, delle farine e dell'olio
Il 2021 ha segnato una forte ripresa nel settore del food, con una crescita record del 6,8%, superiore a quella del Pil (6,6%). La crescita si protrarrà anche nel 2022 e nel 2023, con tassi intorno al 4% annuo, più del doppio del Pil. Le previsioni sono quelle del Food Industry Monitor (Fim), l’Osservatorio sul settore food, realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e da Ceresio Investors.
Giunto alla sua 8ª edizione, l’Osservatorio è dedicato quest’anno all’analisi del rapporto tra innovazione e crescita sostenibile delle aziende alimentari, con un focus sulle aziende familiari e le specificità dei loro modelli di business. In particolare, a crescere maggiormente saranno le aziende che producono farine, caffè e latte, seguite da surgelati e vino.
I comparti delle farine e del caffè saranno interessati nel 2022 da una crescita a due cifre. Faranno bene anche i comparti dell’olio, dei surgelati e del latte. Il vino crescerà del 4,8%, appena al di sotto della media settoriale. Invece i comparti più dinamici per le esportazioni nel 2022 saranno: distillati, birra, latte e soft drink, ma anche vino e pasta fanno bene nell’export.
Il passato, il presente e il futuro del mercato alimentare al Food Industry Monitor
Lo studio ha analizzato la redditività commerciale (Ros) delle aziende che ha raggiunto il 6,5% nel 2021, e le proiezioni indicano una sostanziale tenuta anche per il 2022, nonostante le forti tensioni sui prezzi delle materie prime.
La struttura finanziaria delle aziende del settore resta solida, con una lieve crescita del tasso di indebitamento.
Inoltre nel 2021 le esportazioni hanno ripreso a crescere con un tasso superiore al 10%, in forte rimbalzo rispetto al -0,4% del 2020. Le esportazioni continueranno a crescere, ma a tassi molto più contenuti fino al 2023.
Le previsioni per il 2022-2023
I comparti delle farine e del caffè saranno interessati nel 2022 da una crescita a due cifre. Faranno bene anche i comparti dell’olio, dei surgelati e del latte. Il vino crescerà del 4,8%, appena al di sotto della media settoriale. I comparti più dinamici per le esportazioni nel 2022 saranno: distillati, birra, latte e soft drink, ma anche vino e pasta fanno bene nell’export.
Il primo investimento è sulla sostenibilità
L’analisi delle performance di sostenibilità evidenzia che il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime a ridotto impatto ambientale. Circa l’88% delle aziende usa in via esclusiva o prevalente packaging sostenibili.
Circa il 57% ha ottenuto una o più certificazioni inerenti alla sostenibilità ambientale e il 30% circa pubblica un bilancio di sostenibilità, mediamente da almeno tre anni. «Materie prime a ridotto impatto ambientale significa che sono state prodotte secondo criteri quali il km zero o l’agricoltura biologica, con fonti di energia rinnovabile e/o packaging da materie prime riciclate. La tendenza è molto diffusa, anche se utilizzata in modo non esclusivo - ha precisato Carmine Garzia, responsabile Scientifico dell’Osservatorio, docente di Management presso l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo - Se dunque il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime sostenibili, solo un 22% le utilizza in modo prevalente. Rispetto ai dati dello scorso anno, le imprese stanno comunque incrementando in modo significativo gli investimenti in sostenibilità».
Il ruolo preponderante delle società familiari
Le società familiari hanno un ruolo preponderante nel settore del food. Il 78% del campione di aziende analizzato è controllato da una o più famiglie. L’86% ha un Consiglio d’Amministrazione interamente composto da membri della famiglia, l’11% è caratterizzato da una composizione del CdA mista, che comprende membri esterni e interni alla famiglia; il 3% ha un CdA composto interamente da membri esterni.
Solo l’8% delle imprese analizzate ha un CEO esterno alla famiglia: «un elemento su cui riflettere – sottolinea Alessandro Santini, Head of Corporate & Investment Banking per Ceresio Investors – Se si considera che circa il 65% delle aziende è attualmente gestito dalla prima generazione di imprenditori, il 30% dalla seconda e poco più del 4,5% riesce a giungere alla terza e quarta generazione. In molti casi, insomma, non si considerano i benefici di un modello gestionale aperto, che preveda l’affiancamento di manager esterni a membri familiari, e questo è spesso una delle cause di forte freno allo sviluppo. In taluni casi può minare la continuità familiare dell’azienda».
In generale, comunque, le aziende familiari che riescono a mantenere una guida solida e stabile hanno performance di redditività e produttività superiori a quelle con un CEO non familiare.
«I dati dimostrano che la scelta vincente è un management team con membri della famiglia affiancati da manager professionisti, cosa che consentirebbe alle aziende di ottenere migliori performance di redditività (ROS) e soprattutto di costruire un profilo di sostenibilità più solido», conclude Gabriele Corte, direttore generale di Banca del Ceresio.
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Alberto Lupini
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