Alberghi di Roma in agonia Altri 280 chiudono di nuovo
Dei 700 hotel romani che avevano riaperto, ora il 40% non accetterà più prenotazioni a seguito di un settembre che ha segnato -90% di turisti sul 2019 e mesi che si preannunciano peggio
02 ottobre 2020 | 22:04
Roma non ce la fa più. Senza turisti (-90% a settembre rispetto al 2019) è una città che muore. Risultato? Dei 700 alberghi che hanno riaperto dopo il lockdown altri 280 riabbasseranno di nuovo la saracinesca nel mese di ottobre.
Dopo la lieve ripresa tra luglio e agosto (con 220mila presente registrate) con un settembre nero e un ottobre che promette peggio, visto l’andamento dei contagi, infatti, «le strutture non hanno margini per andare avanti e tenere aperto con questi numeri di turisti, per molti imprenditori è impossibile – spiega Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi – Il turismo romano viene soprattutto da Francia, Germania e dall’America. Paesi che in questo momento sono in grande sofferenza per la pandemia che, in aggiunta prevedono una quarantena. La questione è molto complessa». A pesare sui numeri è, soprattutto, la mancanza dei turisti americani che prima della pandemia arrivavano ai 2 milioni l’anno. I tedeschi erano mezzo milione. Numeri che non ci sono più.
Dello stesso avviso gli albergatori: «Ho deciso di chiudere perché la gestione di una struttura senza clienti non ha senso – spiega a il Messaggero – Roberto Necci, proprietario dell’Hotel XX Settembre, che aveva riaperto nei mesi di luglio e agosto». E al dolore dei proprietari che, loro malgrado, sono costretti a gettare la spugna, si aggiunge anche il grido d’allarme dei dipendenti: gli ultimi dati danno a rischio 1,3 milioni di lavoratori. «Siamo preoccupati per i nostri impiegati – spiega Roscioli – Sono quasi tutti in cassa integrazione e molti di loro non hanno ancora ricevuto un euro. Rischiamo che la situazione peggiori ancora se non arriveranno aiuti concreti per aiutarci a superare la crisi. Abbiamo bisogno di rispose in attesa di capire in che direzione andare».
«Ciò che doveva ripartire, secondo le ottimistiche promesse del ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini, non è ripartito, anzi si sta definitivamente arrestando – afferma Lega Gian Marco Centinaio, capodipartimento Turismo della Lega - Basta parlare con gli operatori della categoria per avere un quadro devastante: a Roma, nel periodo estivo si sono registrate appena solo 220mila presenze da spalmarsi tra i settecento hotel che avevano provato a ripartire: numeri di una cocente disfatta, che diventa beffa se si pensa che per tantissimi lavoratori del settore, gli interventi di sostegno promessi dal governo debbono ancora arrivare. La Lega da mesi propone misure di buonsenso, ma il distratto Franceschini non ascolta né noi né il settore. E il premier Giuseppe Conte aveva promesso che non sarebbe fallito nessuno. Lui e Franceschini lascino per un momento le comode poltrone dove siedono, vadano nel Paese, a parlare con i tanti imprenditori provati e con i loro lavoratori prossimi al licenziamento: troveranno una comunità ferita che chiede prospettiva, competenza e capacità per guardare al futuro con speranza e visione».
Senza turisti e con le saracinesche abbassate (in ginocchio sono anche le botteghe e i laboratori artigiani del centro storico con il 25% di esse che non hanno mai riaperto e un altro 20% che chiuderà entro l’anno), Roma non è più la stessa, anche se continua come sempre a lottare, sperando con le dita incrociate, nel turismo di prossimità e dal Nord d’Italia per superare il momento. In attesa che il peggio sia passato.
Tra luglio e agosto si sono registrate 220mila presenze
Dopo la lieve ripresa tra luglio e agosto (con 220mila presente registrate) con un settembre nero e un ottobre che promette peggio, visto l’andamento dei contagi, infatti, «le strutture non hanno margini per andare avanti e tenere aperto con questi numeri di turisti, per molti imprenditori è impossibile – spiega Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi – Il turismo romano viene soprattutto da Francia, Germania e dall’America. Paesi che in questo momento sono in grande sofferenza per la pandemia che, in aggiunta prevedono una quarantena. La questione è molto complessa». A pesare sui numeri è, soprattutto, la mancanza dei turisti americani che prima della pandemia arrivavano ai 2 milioni l’anno. I tedeschi erano mezzo milione. Numeri che non ci sono più.
Dello stesso avviso gli albergatori: «Ho deciso di chiudere perché la gestione di una struttura senza clienti non ha senso – spiega a il Messaggero – Roberto Necci, proprietario dell’Hotel XX Settembre, che aveva riaperto nei mesi di luglio e agosto». E al dolore dei proprietari che, loro malgrado, sono costretti a gettare la spugna, si aggiunge anche il grido d’allarme dei dipendenti: gli ultimi dati danno a rischio 1,3 milioni di lavoratori. «Siamo preoccupati per i nostri impiegati – spiega Roscioli – Sono quasi tutti in cassa integrazione e molti di loro non hanno ancora ricevuto un euro. Rischiamo che la situazione peggiori ancora se non arriveranno aiuti concreti per aiutarci a superare la crisi. Abbiamo bisogno di rispose in attesa di capire in che direzione andare».
«Ciò che doveva ripartire, secondo le ottimistiche promesse del ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini, non è ripartito, anzi si sta definitivamente arrestando – afferma Lega Gian Marco Centinaio, capodipartimento Turismo della Lega - Basta parlare con gli operatori della categoria per avere un quadro devastante: a Roma, nel periodo estivo si sono registrate appena solo 220mila presenze da spalmarsi tra i settecento hotel che avevano provato a ripartire: numeri di una cocente disfatta, che diventa beffa se si pensa che per tantissimi lavoratori del settore, gli interventi di sostegno promessi dal governo debbono ancora arrivare. La Lega da mesi propone misure di buonsenso, ma il distratto Franceschini non ascolta né noi né il settore. E il premier Giuseppe Conte aveva promesso che non sarebbe fallito nessuno. Lui e Franceschini lascino per un momento le comode poltrone dove siedono, vadano nel Paese, a parlare con i tanti imprenditori provati e con i loro lavoratori prossimi al licenziamento: troveranno una comunità ferita che chiede prospettiva, competenza e capacità per guardare al futuro con speranza e visione».
Senza turisti e con le saracinesche abbassate (in ginocchio sono anche le botteghe e i laboratori artigiani del centro storico con il 25% di esse che non hanno mai riaperto e un altro 20% che chiuderà entro l’anno), Roma non è più la stessa, anche se continua come sempre a lottare, sperando con le dita incrociate, nel turismo di prossimità e dal Nord d’Italia per superare il momento. In attesa che il peggio sia passato.
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Alberto Lupini
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