Alberghi aperti, ma senza clienti «Come un lockdown, servono aiuti»
La serrata dei ristoranti alle 18 è solo l'ultima tegola sulla testa degli albergatori, dopo la cancellazione di fiere e convegni. E con il turismo all'osso, il settore è tornato ai tempi del lockdown . Una chiusura a Natale cancellerebbe i viaggi di 10 milioni di italiani e per il 2021 non ci sono ancora spiragli
28 ottobre 2020 | 08:30
di Sergio Cotti
Le restrizioni stanno provocando la chiusura di tanti alberghi
Da qui la nuova richiesta al Governo da parte del settore, affinché venga confermata con urgenza la possibilità di svolgere riunioni (incontri commerciali, corsi di formazione, ecc…) nelle strutture turistico ricettive. Ora però il problema non sono soltanto i convegni, che pure generano un indotto di 64,7 miliardi di euro, con un impatto diretto sul Pil di 36,2 miliardi di euro all’anno. La raccomandazione a non muoversi di casa se non in casi di estrema necessità e, soprattutto, la serrata dei pubblici esercizi, sta complicando non poco la vita degli albergatori italiani.
Gli unici ristoranti a poter funzionare anche la sera (oltre a quelli di aeroporti e autogrill) sono quelli proprio degli alberghi, a condizione che servano unicamente gli ospiti alloggiati in hotel. Ma con le camere pressoché vuote, anche i ristoranti, che spesso invece ospitano tanti clienti che in albergo non dormono, sono di fatto privi di clienti. Ma gli italiani sono un popolo di gente estremamente ingegnosa e così, dopo le riaperture dei bar a mezzanotte e un quarto (prima che arrivasse l’ennesimo decreto a imporre la serrata fino alle 5 del mattino), ecco che a Roma lo chef Francesco Apreda, 1 stella Michelin, si è inventato una “promozione eccezionale”, invitando i suoi clienti a passare una serata in albergo a tariffe super scontate, per gustare con tranquillità, serenità e sicurezza i suoi piatti al suo ristorante, l’Idylio, all’interno dell’hotel The Pantheon di Roma. Un’iniziativa che va oltre quella che all’inizio poteva sembrare una semplice provocazione.
Il problema, però, rimane e così tante strutture si stanno attrezzando per non perdere anche i pochi clienti che sono rimasti. Il compito più arduo è proprio per gli hotel che non hanno il ristorante, che in questo momento sono i più penalizzati. «Gli albergatori potrebbero affiancare i loro ospiti nel servizio di delivery, mettendo a disposizione, se li hanno, spazi e sale colazione, per far consumare loro un pasto dignitoso, sempre nel rispetto del distanziamento - spiega Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi - Non stiamo parlando di una soluzione al problema, ma di una toppa per fare fronte all’emergenza. Nel caso in cui gli alberghi avessero dei gruppi tra i loro ospiti, potrebbero rivolgersi ai servizi di catering, oppure accordarsi con alberghi vicini per ospitare i loro clienti a cena».
Alessandro Nucara
Una toppa, secondo il direttore generale di Federalberghi, che potrebbe non bastare a convincere la gente a prenotare o a non disdire i viaggi già programmati. «D’altronde - riprende Nucara - non ci sono eventi né spettacoli, i trasporti sono limitati e i negozi chiudono presto. Sembra si stia facendo di tutto per scoraggiare anche i pochi che in questo periodo viaggiano per lavoro». Insomma, gli alberghi sono aperti, «ma i clienti sono chiusi - dice ancora Nucara - Oggi a differenza di questa primavera non siamo a zero, ma il riempimento delle camere è davvero al minimo. Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni. A pesare, subito dopo l’annuncio del nuovo decreto, è stata anche l’informazione distorta data in merito ai centri termali, che in tanti hanno dato per chiusi. Per questo gli operatori hanno ricevuto migliaia di disdette. I flussi già asfittici - conclude Nucara - si stanno restringendo ancora di più».
L’apertura degli alberghi in questo periodo è «solo formale - fa notare la vicepresidente di Confindustria Alberghi, Maria Carmela Colaiacovo - Siamo davanti a un lockdown non dichiarato, perché senza clienti e senza poter la possibilità di svolgere le attività primarie legate al nostro lavoro, di fatto siamo chiusi», dice senza troppi giri di parole. «Più che denunciare un momento di enorme difficoltà e di perdite - prosegue - non possiamo fare. Speriamo solo che la curva dei contagi diminuisca e che si possa riprendere un’attività regolare. Con questo virus bisognerà imparare a convivere e non possiamo neppure nascondere le difficoltà che ci sono sia nello svolgimento delle nostre attività, che stanno soffrendo, senza che per il 2021 ci siano ancora dei segnali di ripresa incoraggianti».
Maria Carmela Colaiacovo
L’ultimo decreto ha tagliato le gambe anche alle strutture che stavano provando a riprendersi: «È una crisi paurosa - ammette Ezio Indiani, general manager dell’hotel Hotel Principe di Savoia di Milano e Delegato Nazionale Italia Ehma, l’associazione europea dei manager d’albergo - Il decreto ha fatto precipitare tutto, proprio nel momento in cui eravamo tornati a lavorare bene sia a mezzogiorno che la sera. Ora a cena i pochi clienti dell’albergo si dividono tra servizio in camera e ristorante, il crollo è stato verticale, al punto che si va avanti solo per una questione d’immagine e di servizio. Vogliamo far vedere che Milano, comunque vada, non si spegne, ma se fosse per l’aspetto economico, potremmo anche chiudere. Teniamo duro, ma lo facciamo in perdita».
Ezio Indiani
La possibilità che gli alberghi hanno, almeno sulla carta, di continuare a lavorare come se nulla fosse, è vissuta un po’ come una beffa da tutte le categorie di lavoratori del settore: «Com’è già successo in passato - spiega Alessandro D’Andrea, presidente di Ada, l’Associazione dei Direttori d’Albergo - ci ritroviamo ad essere uno degli anelli deboli della catena: limitando gli spostamenti delle persone, si limita anche la possibilità per gli alberghi di avere ospiti, questo è evidente. Nell’ultima settimana abbiamo ricevuto parecchie cancellazioni rispetto alle poche camere prenotate. Ora la situazione è molto difficile, l’occupazione è scesa sotto il 20%, tanti alberghi stanno chiudendo, compresi quelli che avevano riaperto a settembre nelle città, dopo un’estate disastrosa per il turismo delle località d’arte».
Alessandro D'Andrea
Spazzati via fiere e convegni, il Governo attraverso gli ultimi decreti è tornato a sostenere con forza il ricorso allo smart working. «Questo per le aziende significa anche fare riunioni a distanza - puntualizza D’Andrea - Meno spostamenti, significa minor utilizzo degli hotel, anche per quel che riguarda la parte della ristorazione (coffee break, pranzi di lavoro, colazioni)». E a fare arrabbiare gli albergatori - così come i ristoranti - sono gli investimenti, anche costosi, effettuati per adeguarsi alle normative e garantire la sicurezza: «Noi siamo certi di poter offrire servizi in sicurezza rispetto al problema sanitario - conclude D’Andrea - per questo ci sentiamo molto danneggiati dalla situazione paradossale che si è venuta a creare in queste settimane».
E mentre le associazioni di categoria - Federalberghi e Confindustria Alberghi in primis - tornano a chiedere al Governo di far rientrare il comparto alberghiero tra le categorie per cui sono previsti gli indennizzi annunciati dal Premier da un’analisi di Coldiretti arriva l’ennesima tegola sul settore. Nuove restrizioni nel periodo di Natale cancellerebbero il desiderio di vacanze di oltre 10 milioni di italiani che lo scorso anno si sono messi in viaggio proprio nel periodo delle feste di fine anno. Da qui la necessità, secondo Coldiretti di fare tutto il possibile per evitare di paralizzare i comparti del turismo e del commercio in uno dei periodo più importanti per i consumi delle famiglie.
«Per quanto ci riguarda - dice ancora Ezio Indiani - aspettiamo di vedere cosa succederà il 23 novembre. Oggi è inutile fare previsioni: i nostri programmi per il periodo natalizio sono pronti, ma pubblicizzarli adesso sarebbe inutile. Di certo non andremo a cercare i clienti all’estero, perché non arriveranno di sicuro. Piuttosto, se sarà possibile, cercheremo di lavorare sulla clientela italiana. Ormai si vive alla giornata».
A pagare il prezzo più salato di ulteriori nuove restrizioni sarebbero proprio le strutture impegnate nell’alloggio, nell’alimentazione, nei trasporti, divertimenti, shopping e souvenir, con una perdita stimata di 4,1 miliardi solo per i turisti nazionali. «A rischio c’è un tessuto produttivo già duramente provato - si legge in una nota dell’associazione - da un’estate che ha lasciato un buco da 23 miliardi nei conti turistici nazionali per il calo delle presenze italiane e l’assenza praticamente totale degli stranieri».
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Alberto Lupini