Agricoltura, un settore da oltre 57 miliardi ma i redditi dei produttori calano dell'8%

30 marzo 2017 | 10:40
L’agricoltura crea valore, ma non “paga” chi la fa. Sembra un paradosso eppure è la realtà italiana. Mentre il comparto fattura oltre 57 miliardi di euro sui campi, i redditi degli agricoltori calano dell’8% annuo (contro la media Ue del 2%); mentre l’export del Made in Italy agroalimentare macina un record dopo l’altro superando la soglia di 38 miliardi sui mercati stranieri, i prezzi pagati ai produttori nel Paese diminuiscono di un altro 5% nell’ultimo anno; mentre il settore primario crea occupazione con quasi 1,2 milioni di unità attive, l’imprenditore agricolo perde un giorno di lavoro su quattro per assolvere pratiche e adempimenti burocratici.



Sono tutti esempi di una distorsione che va corretta, con interventi urgenti che finalmente restituiscano centralità all’agricoltura, rafforzando il suo ruolo lungo la catena del valore. Lo chiede la Cia - Confederazione italiana agricoltori, durante la sua 8ª conferenza economica, in corso a Bologna, spiegando che un’equa redistribuzione dei rapporti nella filiera, tra le fasi a monte e quelle a valle, oggi non è più rinviabile. Così come la semplificazione burocratica e una migliore organizzazione commerciale del prodotto.

Per pagare un caffè al bar, l’agricoltore tipo dovrebbe mettere sul bancone oltre 2 chili di riso o almeno 11 uova; l’allevatore invece dovrebbe consegnare più o meno 3 litri di latte e chi fa agrumi oltre 5 chili di arance. Ma anche per compare un biglietto del cinema, un produttore dovrebbe vendere quasi 18 chili di patate, che oggi “valgono” circa 45 centesimi al chilo, mentre al consumatore vengono proposte a 1,50 euro con un ricarico del 233%. Tutto questo mentre ogni azienda agricola è costretta a fornire oltre 2 chili di materiale cartaceo per una sola pratica Psr e, prima di poter commercializzare un litro di latte, deve superare 7 step normativi e mettere in conto uscite per la gestione aziendale di 20mila euro l’anno.

Non è un incubo né uno scherzo: questa è la situazione vera dell’agricoltura italiana, che da troppi anni combatte con il crollo dei prezzi sui campi e con la forbice esorbitante nella filiera agroalimentare tra i listini all’origine e quelli al consumo, dove in media per ogni euro speso dal consumatore, solo tra i 15 e i 18 centesimi arrivano nelle tasche del contadino. Per questo la Cia coglie l’occasione della conferenza economica per rilanciare il progetto del “Network dei valori”, su cui sta lavorando per raccogliere adesioni e contributi dalla presentazione ufficiale all’assemblea nazionale di novembre.

La proposta della Cia è semplice e chiara: bisogna creare accordi sinergici ben codificati tra l’agricoltura, l’artigianato, il commercio, la logistica, gli enti locali per costruire un percorso virtuoso intorno alle produzioni agroalimentari. Una sorta di patto per dare vita a “reti d’impresa territoriali” capaci di mettere in trasparenza l’intero processo di filiera che porta i prodotti agricoli e alimentari locali dal campo al consumatore. Con un codice di tracciabilità “ad hoc”, da apporre sul packaging dei cibi, a certificazione e garanzia del processo avvenuto all’interno di un accordo di “network”.

«Il progetto è ambizioso - ha spiegato la vicepresidente vicaria della Cia Cinzia Pagni durante il panel “Verso una nuova filiera agroalimentare” con il viceministro delle Politiche agricole Andrea Olivero e i vertici di Confcommercio, Federalimentare, Coop Italia, Alleanza delle cooperative italiane - ma è una strada che bisogna percorrere perché porterebbe benefici a tutti i comparti coinvolti: non solo quello produttivo, ma anche quello della logistica e del commercio fino ad arrivare ai consumatori».

Da una prima proiezione della fattibilità del progetto, con i “Network dei valori” secondo la Cia si potrebbero risparmiare circa 18 miliardi di euro. «Più di 800mila aziende agroalimentari italiane - ha concluso la vicepresidente della Cia - chiedono sostanzialmente questo: un netto abbattimento del peso burocratico e una più corretta distribuzione del valore, facendo leva su un sistema maggiormente fiduciario tra imprenditori e istituzioni e su reti semplici, snelle e dirette tra i vari componenti di ogni filiera».



Principali dati economici
valore negativo
  • -5% i prezzi pagati agli agricoltori, con cali particolarmente marcati nelle produzioni cerealicole (-12%) e negli oli vegetali (-18%).
  • -8% i redditi agricoli italiani. La contrazione media nell’Ue è del 2%. L’Italia è 22ª per calo reddituale. Peggio di noi solo Danimarca, Estonia, Francia, Belgio, Slovenia e Lituania.
  • Nell’ultimo anno, in un contesto di leggera ripresa dell’economia nazionale (+1% il Pil), l’agricoltura ha ceduto il 5% del suo valore aggiunto.
Burocrazia: tra ritardi, lungaggini, disservizi e inefficienze ogni impresa agricola
  • produce all’anno 4 km di materiale cartaceo;
  • Per una sola pratica Psr, utilizza in media oltre 2 kg di carta;
  • “Brucia” cento giornate di lavoro all’anno;
  • Per allevare 150 vacche, spende più di 20mila euro all’anno in adempimenti Pac.

valore positivo
Nonostante le criticità e le difficoltà, l’agricoltura:
  • Fattura all’origine 57,6 miliardi di euro (Plv).
  • Crea valore aggiunto (nonostante il calo recente richiamato) per 31,5 miliardi di euro (2,5% del totale economia).
  • Occupa circa 1,2 milioni di unità di lavoro totali.
  • Produce redditi da lavoro dipendente per 8,8 miliardi di euro.
  • Insieme all’alimentare, ha esportato nell’ultimo anno 38,4 miliardi di euro di prodotti made in Italy sui mercati stranieri.
  • In un contesto di invecchiamento generale, le aziende agricole italiane condotte dai giovani fatturano 73mila euro contro i 45mila della media Ue.
  • Una buona dimensione economica ma anche sociale: l’8% delle unità di lavoro delle aziende “under 40” Ue si trova in Italia.
  • L’agricoltura contribuisce alla leadership tricolore nelle produzioni di qualità certificata. Siamo primi al mondo con 571 Dop, 241 Igp e 2 Stg. Un patrimonio distintivo straordinario che fattura 13,8 miliardi tra cibi e vini e che sui mercati esteri vale 7,8 miliardi di euro.

Agricoltura e territorio
valore negativo
Le aree interne:
  • Comprendono il 75% dei Comuni italiani (6.902), che rappresentano il 79% della superficie nazionale e il 43% della popolazione;
  • Il 73% dei Comuni delle aree interne sono Comuni agricoli (5.400);
  • Negli ultimi quaranta anni, mentre la popolazione complessiva è aumentata di circa il 10%, la popolazione delle aree interne è fortemente diminuita e invecchiata;
  • Il reddito imponibile medio per abitante è del 20% inferiore a quello delle aree metropolitane e dei centri urbani.
Il consumo di suolo in Italia:
  • È passato dal 2,7% degli anni Cinquanta al 7% dell’ultimo anno: una crescita percentuale del 159%.
  • In termini assoluti, sono stati consumati circa 21.100 km quadrati del nostro territorio. Soltanto tra il 2013 e il 2015 quasi 250 km quadrati: vale a dire circa 35 ettari in media al giorno;
  • Il consumo di suolo ci costa in termini di servizi eco-sistemici cifre. Alcuni numeri: produzione agricola (oltre 400 milioni); stoccaggio di carbonio (circa 150 milioni); protezione dell'erosione (oltre 120 milioni); danni provocati dalla mancata infiltrazione dell'acqua (quasi 100 milioni); assenza di insetti impollinatori (quasi 3 milioni); regolazione del microclima urbano (10 milioni l'anno).
Il dissesto idrogeologico:
  • Le frane attive sono circa mezzo milione. Oltre il 15% della superficie nazionale è particolarmente esposta a gravi fenomeni di dissesto idrogeologico;
  • l’Italia è tra il quarto e il quinto posto in Europa, con superficie impermeabilizzata pari al 7,3% contro il 4,3% medio dell’Europa;
  • Oltre il 20% della superficie agricola italiana, il 40% nel sud, è a rischio di desertificazione, cioè a rischio di perdere in modo irreversibile la capacità di essere coltivati.

valore positivo
La presenza di un’agricoltura produttiva forte rappresenta un fattore necessario per lo sviluppo delle aree interne, precondizione essenziale per la crescita dell’intero Paese. Il rapporto tra agricoltura e territorio diventa strategico.

La gestione delle terre:
  • Le aziende agricole presenti sul territorio nazionale (oltre 1 milione di unità), gestiscono una superficie di 12,4 milioni di ettari. Una funzione preziosa e importante, soprattutto per le aree geografiche più marginali.
  • L’agricoltura è un’attività che produce beni e servizi ma anche fertilità. Sono gli agricoltori, con sacrifico, a mettere quotidianamente in campo pratiche a difesa del suolo.
Biologico:
  • Circa 60mila operatori biologici con una crescita, nell’ultimo anno, dell’8%;
  • Tra foraggio, pascoli, cereali e oliveti e vigneti, sono circa 1,4 milioni gli ettari coltivati a bio (oltre il 12% della Sau nazionale) con una crescita annua del 6%;
  • Non solo produzioni vegetali ma anche zootecnia, con l’allevamento di bovini e pollame in crescita, entrambi, di circa 19 punti percentuali;
  • Il mercato italiano del biologico esprime un valore al consumo superiore ai 2,1 miliardi di euro. Una stima destinata a superare i 2 miliardi e mezzo se si considerano le vendite della ristorazione, dei bar e dei food-service.
Agriturismo:
  • 22.238 aziende agrituristiche in Italia (+2,3% nell’ultimo anno);
  • Nelle aree interne le aziende agrituristiche sono presenti in quasi tutti i Comuni interessati (99,1%), a conferma del contributo dell’agriturismo al mantenimento degli insediamenti e dell’attività agricola in zone spesso svantaggiate;
  • Sono 8.027 gli agriturismi gestiti da donne con una crescita annua del 3%;
  • Oltre la metà degli agriturismi italiani (56%) affianca all’alloggio e alla ristorazione altre attività. Tra queste, le fattorie didattiche e sociali (1.402 in valore assoluto).
Altro su rapporto agricoltura-territorio:
  • Nell’ultimo anno il fatturato generato dalle attività di supporto all’agricoltura (al cui interno rientrano anche le attività di conservazione del suolo, la manutenzione dei terreni, la gestione dei sistemi di irrigazione etc.) è valso oltre 6,5 miliardi di euro;
  • Sono 2,5 milioni gli ettari irrigati da cui si produce oltre il 60% del Made in Italy agroalimentare.
  • Le agroenergie producono un fatturato annuo di 4 miliardi di euro (16% settore energie rinnovabili). Un sistema importante anche dal punto di vista occupazionale, che aggrega un quinto (24 mila occupati) della forza lavoro complessiva del settore rinnovabili. Con 2.482 impianti istallati in Italia, nell’ultimo anno le agroenergie hanno rappresentato il 15,5% della produzione totale italiana da fonti rinnovabili.
Clima:
  • Tra il 1990 ed il 2014 le emissioni di gas serra in Italia sono diminuite del 20% (da 522 a 419 tonnellate di CO2 equivalente).
  • L’81% delle emissioni sono dovute al settore energetico.
  • Il 7,6% delle emissioni dipendono dall’agricoltura.
Acqua:
  • L’agricoltura utilizza 16 miliardi di metri cubi di acqua. Gli utilizzi agricoli non sono commisurabili in termini qualitativi a quelli industriali e civili. Gran parte dell’acqua irrigua torna in falda;
  • In Italia ogni cittadino consuma 245 litri di acqua al giorno (2/3 di uno statunitense, 3 volte un cinese, 12 volte un africano);
  • Il 30% delle famiglie non si fida dell’acqua del rubinetto: era il 40% nel 2002.
  • Le perdite lungo il sistema distributivo sono pari al 38,2,% rispetto al 35,6% del 2012. Ma con picchi variabili dal 16,7% di Milano al 68,8% di Potenza.

Focus territori terremotati
Nelle 4 regioni (Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio) colpite dal sisma:
  • Oltre 9mila operatori che coltivano 238mila ettari (16% del totale nazionale) con il metodo biologico.
  • 53 prodotti (vini esclusi) di qualità territoriale certificata di cui: 31 Dop, 20 Igp e 2 Stg.
  • Ben 764 prodotti, espressioni delle tradizioni locali, sono iscritti nei rispettivi registri delle quattro regioni.
  • Sul territorio delle regioni colpite dal sisma ci sono 3.400 agriturismi, pari al 18% della distribuzione nazionale, che offrono ai turisti di tutto il mondo 53mila posti letto.
  • Se si circoscrive l’analisi all’interno dei comuni del cratere sismico, è presente un quarto (579 in valore assoluto) delle aziende agrituristiche delle rispettive province di appartenenza.

Pac - Politica agricola comune
  • La superficie “eleggibile” italiana (Eurostat 2008) su cui si è conteggiata la ripartizione della Pac era di 12,7 milioni di ettari. Oggi la superficie eleggibile riscontrata (dati provvisori Agea) è di 10,2 milioni di ettari (- 2,5 milioni di ettari in 8 anni);
  • Nella media 2008-2014 (ultimi dati consolidati) la spesa pubblica legata alla Pac (Pac + cofinanziamenti italiani) è di 6,8 miliardi di euro. Nel 2014 era di 7,4 miliardi di euro. Oggi si stima in circa 7 miliardi di euro all’anno.
  • Dei 6,8 miliardi di euro, il 59% riguarda i pagamenti diretti; il 28% i Psr e il 13% l’Ocm.
  • I beneficiari della Pac sono in Italia 1,3 milioni. Il 95% percepisce il pagamento diretto; il 12,5% almeno un pagamento Psr e il 3,4% almeno un pagamento Ocm.
  • Al 31 dicembre 2016 l’Italia ha speso il 6,2% dei fondi Psr contro il 14,2% della media europea. Siamo solo ventisettesimi, davanti a Malta!

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Alberto Lupini


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