Agli italiani piace l'olio, ma il 50% non sa riconoscerne la qualità

Secondo l'analisi del Consorzio olivicolo italiano, gli italiani consumano 7,5 chili di olio d'oliva a testa e detengono il primato a livello mondiale per l'extravergine d'oliva. Ma manca l'educazione alimentare corretta

10 settembre 2021 | 17:10

Agli italiani piace l'olio. Così tanto da detenere, a livello Paese, il primato mondiale in termini di consumi annui di extravergine d'oliva: oltre 500mila tonnellate. Peccato che la metà dei consumatori tricolori non sia in grado di distinguere un prodotto di qualità da uno meno pregiato. A dirlo è l'analisi elaborata da Unaprol, il consorzio olivicolo italiano, sulla base di dati Ismea e presentati durante la prima sessione di incontri di Evootrends, l'evento dedicato alla filiera olivicola nazionale a Roma. 

Alti consumi ma bassa conoscenza

Nonostante un consumo medio pro-capite di circa 7,5 chili di olio di oliva, i consumatori nazionali faticano ancora a riconoscere la qualità del prodotto. Perché? Secondo l'analisi Unaprol ciò che manca sono soprattutto gli strumenti per una scelta consapevole relativamente alle proprietà chimiche e organolettiche. E questo anche a fronte del fatto che gli italiani siano disposti a dedicare il  2,3% del proprio budget di spesa all'olio extravergine d'oliva, con una larga propensione all'acquisto diretto presso frantoi, cooperative ed olivicoltori (30%).

 

Garnieri (presidente Unaprol): «C'è da lavorare sull'educazione al consumo»

«Abbiamo la necessità di lavorare all'educazione al consumo di oli extravergine d'oliva di qualità per valorizzare in questo modo l'impegno e il lavoro dei produttori italiani - ha spiegato il presidente di Unaprol, David Granieri - per questo motivo, insieme a Campagna Amica e Fondazione Evoo School, stiamo cercando di formare, attraverso diversi eventi dedicati, consumatori più attenti e consapevoli».

Amaro e piccante, due caratteristiche positive degli oli, non possono essere scambiati per difetti, così come è necessario pretendere al tavolo di un ristorante che l'olio abbia la sua dignità e non venga servito in una oliera che ne distrugge le caratteristiche organolettiche e salutistiche e mortifica i produttori di qualità. «Chi impara a conoscere e a distinguere un olio extravergine d'oliva italiano di qualità - conclude Granieri - non torna più indietro e non si lascia più tentare dalle offerte civetta che danneggiano il mercato».

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Alberto Lupini


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