A Roma svelati tutti i segreti del Tartufo bianco d'Alba

Dopo la Fiera internazionale del Tartufo bianco d'Alba, l'Ente turismo Langhe Monferrato Roero ha organizzato un incontro per svelare, con testi sensoriali e una degustazione olfattiva, i segreti del tubero e del suo successo

05 dicembre 2023 | 16:53
di Mariella Morosi

In occasione della chiusura della 93esima edizione della Fiera internazionale del Tartufo bianco d'Alba, l'Ente turismo Langhe Monferrato Roero ha organizzato a Roma un incontro per svelare al pubblico, con testi sensoriali e una coinvolgente degustazione olfattiva, tutti i segreti del prezioso tubero e del suo successo. La raccolta del Tuber Magnatum Pico e la relativa commercializzazione proseguiranno fino al 31 gennaio, secondo il calendario regionale. Nelle sue nove settimane, la Fiera ha confermato il suo successo con 90mila ingressi e tutti appuntamenti tutti sold out.

La relazione svolta da Stefano Cometti, presidente della Giuria degli esperti giudici del Centro Nazionale Studi Tartufo, svoltasi nella sede della boutique Damiani di Via Condotti, è stata una vera e propria lectio magistralis che ha incantato il pubblico. È stata approfondita la conoscenza del tartufo bianco, pregiato dono della natura che anche quest'anno ha dato il benvenuto alla stagione autunnale con tutto il suo inebriante profumo, trasformando la cittadina cuneese in un polo mondiale del gusto. Per l'iniziativa, sono venuti nella capitale la presidente dell'Ente Fiera del Tartufo di Alba, Liliana Allena, il direttore Stefano Mosca e il direttore generale dell'Ente turismo Langhe Monferrato Roero, Bruno Bertero, insieme alla responsabile della comunicazione Cristina Borgogno.

Alla scoperta del Tartufo bianco d'Alba con un'analisi sensoriale

Ogni curiosità del pubblico è stata soddisfatta: dalle condizioni ambientali in cui il tartufo nasce alle regole per una raccolta corretta con l'ausilio del cane - attività tradizionale iscritta al Patrimonio Unesco - dalla degustazione alla sua conservazione prima di arrivare alla tavola. Ma - come ha detto il giudice Cometti - «più che conservarlo è bene consumarlo subito, al vertice della sua fragranza stagionale. È solo il ricordo che va conservato». L'analisi sensoriale - come ha raccontato - prevede l'utilizzo di tre dei nostri cinque sensi: vista, tatto e olfatto, per valutare l'integrità, la consistenza il profumo: un ventaglio di sensazioni, una fragranza di ampiezza variabile che ne ha determinato il successo.

Questo fungo ipogeo è conosciuto e apprezzato fin dall'antichità ma la sua nascita misteriosa alimentò non poche teorie, come quella -di Giovenale- che lo definì "frutto di un fulmine scagliato da Giove in prossimità di una quercia". Gli furono attribuite varie proprietà tra cui quella di indurre all'estasi e dal Settecento trionfò sulle tavole dei ghiottoni, dei papi e dei re. Ma la fama mondiale gliela dette un albergatore di Alba, Giacomo Morra, definito dal Times di Londra nel 1933 "Re dei Tartufi". Ristoratore visionario, comprese le potenzialità del tubero e la domenica in chiesa, dopo l'omelia, convinceva i concittadini a raccoglierli. Ebbe l'idea - geniale mossa di marketing - di mandare ogni anno in dono il tartufo più bello a capi di Stato ed attori, da Truman a Marilyn Monroe. Il resto è storia.

Gli studi e la ricerca, pur lasciandogli un tocco di mistero, ne hanno rivelato le fasi di un ciclo biologico strettamente legato agli ecositemi e allo stretto legame con alcuni alberi con cui vivono in simbiosi. Il collegamento è con le radici e con un reticolo di micorrize, per lo scambio reciproco di sostanze nutritive che permettono la nascita e lo sviluppo del tartufo. E in autunno, quando cadono le foglie, il tubero è al perfetto stadio di maturazione. L'intensità del profumo - ha spiegato Cometti - non è rivolto a noi buongustai quando ad insetti e mammiferi che cibandosene, provvedono alla diffusione delle spore. E' un frutto della terra raro e prezioso frutto di delicati equilibri che il "trifolao" albese ha imparato a rispettare, dotandosi di uno speciale tesserino e anche con l'imposizione di un fermo biologico. 

Infine una raccomandazione per i gourmet: gustarlo crudo, mai cotto, lamellato al tavolo al momento del consumo. Perfetto con i piemontesi tajarin o con l'uovo all'occhio di bue, rende migliore ogni piatto. E sempre più spesso il suo impiego dalla cucina sconfina nel dessert e nel gelato.

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Alberto Lupini


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