A Milano su i canoni dei dehors in centro, giù in periferia. Cosa pensano bar e ristoranti
Dal 1° gennaio i canoni più cari in centro fino al 40% in più. Stoppani (Epam): «La mediazione che abbiamo svolto non ci soddisfa al 100%, perché gli aumenti rappresentano un peso per tutti, ma soluzioni perfette non esistono».
A Milano si riparla di dehors e di costi per i pubblici esercizi. Una recentissima delibera del Comune di Milano andrà a incidere su un tessuto ipersensibile, quello dei costi e della sostenibilità economica dei negozi di vicinato e dei fornitori di servizi al pubblico, che oggi già fanno i conti con l’inflazione e con la concorrenza spietata della Grande Distribuzione. La delibera stabilisce che da gennaio 2024 entreranno in vigore i nuovi criteri del regolamento comunale per gli spazi concessi a dehors. Ne consegue un aumento delle tariffe, che sarà però diversificato: pagheranno di più le attività del centro.
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E difatti il provvedimento, presentato dagli assessori Alessia Cappello ed Emmanuel Conte, va ad aggiornare la classificazione delle strade, prevedendo riduzioni per le zone più periferiche. Un atto dovuto, dicono le autorità cittadine, visto che il regolamento precedente risaliva a dodici anni fa ed era basato su una configurazione non più attuale di Milano: basti pensare che diverse zone prima considerate poco attraenti sono state completamente riqualificate, come Citylife o Porta Nuova-Garibaldi. Per inquadrare l’entità del cambiamento potrebbe bastare un esempio: chi in centro storico prima pagava 10.600 euro al mese per 50 metri quadrati nel 2024 ne pagherà circa 15mila, mentre chi, in zona Certosa-Musocco ne pagava 5.700 in futuro passerà a circa 3.500.
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Stoppani (Fipe): Sui dehors serve una valutazione non solo economica
Siamo andati a chiedere a Lino Stoppani, presidente di Epam - associazione dei pubblici esercizi legata a Confcommercio Milano, quale potrebbe essere l’impatto del provvedimento comunale sulle attività commerciali.
«È necessaria - sottolinea il presidente - una valutazione di carattere non solo economico, ma a più ampio raggio, su tutte quelle che si possono considerare come attività di scambio o somministrazione in spazi aperti al pubblico. Se l’intenzione è quella di adoperare i ricavi portati dai dehors per rimpinguare le casse comunali, l’approccio è miope. L’occupazione di suolo pubblico contribuisce a dare sicurezza, vivibilità, animazione e socialità ai quartieri, se correttamente gestita. In periodo Covid tutto ciò è servito anche a ridurre i rischi di contagio. Uno strumento di valorizzazione del territorio, insomma, che va valutato in tutti i suoi aspetti».
Ma non si aspetta che i suoi associati contestino l’aumento delle tariffe?
«Che non va bene a prescindere, essendo le attività commerciali già gravate da un’intera collezione di tasse, contributi e oneri, ma ci sono due fattori da considerare. Il primo è temporale, perché è difficile contestare quanto asserito dagli assessori rispetto alla necessità di revisionare tariffe ferme dal 2011. Il secondo è politico, e attiene al ruolo delle associazioni di categoria come l’Epam: abbiamo svolto una funzione essenziale di mediazione, dato che l’amministrazione comunale ci ha coinvolto nel processo di revisione, cosa che va interpretata come un segnale positivo per tutta la comunità economica. Ci siamo trovati di fronte a delle proposte che in qualche caso triplicavano l’ammontare precedente; noi abbiamo controproposto un riesame più articolato e ragionato, basato sul diverso valore commerciale delle zone della metropoli, così differenziate fra loro. La mediazione che abbiamo svolto non ci soddisfa al 100%, perché gli aumenti rappresentano un peso per tutti, ma le soluzioni perfette non esistono. È bene, comunque, che sia passato il messaggio che volevamo: i dehors non servono solo a produrre ricavi aggiuntivi per gli esercenti ma danno un’idea di accoglienza, servono ad animare gli spazi urbani, in un certo senso contribuiscono alla vivibilità: pensi alla differenza fra affollarsi e far caciara, a ora tarda, all’uscita di un locale e sedersi in uno spazio esterno, magari protetto da vetrate, aspettando con calma la propria ordinazione».
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Alberto Lupini