A Bruxelles la protesta dei ristoranti In piazza il cimitero dei cuochi

Iniziativa spettacolare di un migliaio di cuochi: sul pavimento della piazza le loro giacche per mostrare la disperazione di aziende in crisi nera e senza aiuti nella gran parte dei Paesi di tutta Europa . I ristoranti sono chiusi in tutta l'Unione europea. Nel solo in Belgio il comparto rappresenta un terzo dell'occupazione nazionale

09 maggio 2020 | 17:00
La Grand Place della capitale belga, sede dell’Unione Europea, è stata il teatro di un cimitero virtuale allestito per la protesta dai cuochi di tutta Europa, un po' come accaduto nei giorni scorsi a Milano con le sedie vuote all'Arco della Pace. Una manifestzazione che vuole dimostrare  lo stato tragico in cui si ritrova il settore in tutto il continente, più che mai vicino ad una morte per via dell’emergenza coronavirus che ha chiuso tutti i pubblici esercizi.


La protesta a Bruxelles

Mille le giacchette bianche disposte sulla pavimentazione. Come stiamo ormai raccontando da settimane per l’Italia, anche negli altri Paesi gli chef stanno lanciando l'allarme dopo due mesi di chiusura obbligatoria dei loro ristoranti.

Un settore che sta soffocando ovunque e che lo sta facendo anche per via di mancati aiuti massicci e concreti delle istituzioni. La protesta è maturata sotto lo slogan “sono un operatore della ristorazione e vorrei rimanere tale”. Per rafforzare la forza della ristorazione, i cuochi belgi hanno ricordato che il loro settore è il terzo datore di lavoro nel Paese, con 180mila posti a tempo pieno, 200mila lavoratori indiretti e 60mila liberi professionisti e imprese.

In Italia, secondo le stime della Fipe, rischiano di non riaprire più quasi 50mila locali. La lotta per una riapertura anticipata sta proseguendo, ma mancano ancora risposte certe o quantomeno rassicuranti.

“Ad oggi, non abbiamo ancora ricevuto misure specifiche dal governo per il nostro deconfinamento. Questa incapacità di assumersi la responsabilità del governo è mortale”, hanno denunciato gli organizzatori della protesta.

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Alberto Lupini


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