Tutto il dolce della Turchia A Roma i dessert Ottomani

Serata di degustazione nella Capitale organizzata dall’Istituto Yunus Emre e dal Centro culturale turco per far conoscere le specialità del territorio del Mar Nero

19 novembre 2019 | 17:00
di Mariella Morosi
La baklava, l'asura,l'halva, il sutlak, i lukumi: sono tutte dolcezze indimenticabili di cui si ricorda il gusto dopo un viaggio in Turchia. L’istituto Yunus Emre, il Centro Culturale Turco di Roma, in collaborazione con il comune della città di Ordu e la provincia Ünye, insieme a Çatom, una Ong locale e all’Associazione delle donne imprenditrici di Ünye, li hanno presentati e fatti degustare nella Capitale nel corso di una giornata speciale dedicata ai “Dolci tradizionali ottomani” e ai piatti più antichi, orgoglio dell’attuale cucina turca.

I dolci tradizionali ottomani hanno conquistato il gusto dei romani

L'evento, che si è svolto nei saloni di Palazzo Lancellotti, sede dell’Istituto che si occupa della divulgazione della cultura del Paese, era articolato in una mostra fotografica, in un’esposizione degli accessori di cucina e di tavola e in uno show cooking di alcune delle ricette dolci più amate in Turchia, condotto da uno chef pasticcere professionista di Istanbul. L'importanza e le funzioni dei dolci nei rituali, nelle occasioni speciali e nelle abitudini del popolo turco sono state ampiamente illustrate in una conferenza introdotta dalla direttrice dell’Istituto Yunus Emre Sevim Aktas con interventi del deputato della città di Ordu Mustafa Hamarat, del sindaco di Ünye, Hüseyin Tavli, del direttore del Museo di Unye Ihsan Akbulut e di Selma Hasdemir in rappresentanza delle donne imprenditrici della provincia di Ünye, dal comune di Ünye e Ordu.

Il salone di Palazzo Lancellotti a Roma

Questo territorio della regione del Mar Nero della Turchia è famoso per la produzione di nocciole, di thè di formaggi e di stoffe preziose tessute a mano con i tradizionali telai. Presenti all'evento anche alcuni rappresentanti delle aziende locali di prodotti tipici. Inamovibile, dal top della tradizione e dalle preferenze dei turchi, è baklava: strati di pasta tirata sottilissima alternati con burro,noci, nocciole e pistacchi, irrorati dopo la cottura in forno da una densa soluzione di acqua con miele zucchero, limone, acqua di rose e spezie come cannella, cardamomo o chiodi di garofano.

Grande affluenza alla degustazione romana

È servita poi in larghi vassoi tagliata a rombi. Se con qualche variante questo dolce ottomano è presente in altre culture mediorientali e balcaniche, solo questo, creato secoli fa nel Palazzo Topkapi di Istanbul, può vantare la certificazione di dolce tradizionale tipico. Il Sultano era solito donarlo ai propri soldati il 15 del mese di Ramadan nella cerimonia chiamata Baklava Alayi. Gli strati di pasta - anche trenta - dovevano essere tanto sottili da permettere che una moneta d'oro poggiata sopra potesse attraversarli. Un'altra famosa specialità sono i lokumi, prodotti dal XV secolo. Coloratissimi, gelatinosi e tagliati a quadrotti, sono a base di amido di mais e di zucchero a velo. Vengono aromatizzato con melassa, miele, acqua di riso, succhi di frutta e di fiori, limone e pistacchi. Storica e ancora oggi attiva è la ditta “Ali Muhiddin Haci Bekir”. Ne furono stregati gli inglesi che nell'Ottocento li introdussero in Inghilterra e in Europa con il nome di Turkish Delight (delizia turca). L'halva è un altro dolce legato ad eventi religiosi o ad occasioni familiari come nascite o matrimoni, è morbido, friabile. Fatto con semolino o farina, burro, mandorle e sesamo, è gustato al cucchiaio o confezionato in varie fantasiose forme.

Dolcissimo, come tutti i dolci, è il sutlak, crema di riso al latte speziata e coperto di mandorle e pistacchi. Dopo la tappa romana la delegazione turca si recherà ad Ascoli Piceno e all’Isola di Burano di Venezia, due comuni che come Ordu sviluppano il proprio artigianato sui merletti con una proposta di gemellaggio e di collaborazione sul tema dell'artigianato con progetti in programma nei prossimi anni.

Foto di Francesco Cicconi

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