Il riso italiano è in crisi, crolla la produzione e aumentano i costi
Secondo le stime della Coldiretti la produzione è precipitata quest'anno tra il 20 e il 25%. Gli addetti ai lavori chiedono al ministro dell'Agricoltura di aprire un tavolo di filiera
Secondo i dati di Coldiretti la produzione di riso in Italia ha subito una forte contrazione. E così, in questo contesto che la confederazione agricola chiede al ministero dell’Agricoltura un tavolo per far fronte alla situazione e per discutere dell’aumento eccessivo dei costi di produzione. Ecco i dati più clamorosi, quelli che stanno preoccupando il settore: la produzione di riso è crollata nel 2021 tra il 20 e il 25%. Le motivazioni vanno ricercate nell’andamento climatico avverso al quale si è aggiunta una crescita esponenziale dei costi di produzione per effetto dei rincari nei prezzi dei carburanti e mezzi tecnici, fertilizzanti in primis. Emerge dal primo bilancio della Coldiretti che chiede al ministero delle Politiche Agricole la convocazione urgente di un tavolo di filiera per individuare misure che possano salvaguardare un settore che vede l’Italia leader in Europa.
L'allarme sull'intero settore
«Gli aumenti dei costi di produzione - sottolinea la Coldiretti - stanno mettendo in serio pericolo l'intero comparto risicolo nazionale e l'economia di un settore che con 226.800 ettari coltivati quest’anno e 4mila aziende agricole, che raccolgono 1,50 milioni di tonnellate di risone all’anno, rappresenta circa il 50% dell’intera produzione Ue, con una gamma varietale unica e fra le migliori del mondo e una qualità del prodotto che anche quest’anno si è confermata ottima nonostante i problemi causati dal maltempo».
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A preoccupare è però, secondo Coldiretti, anche il fatto che il 18 gennaio 2022 scadrà la clausola di salvaguardia, la misura della Commissione Europea che ha eliminato la facilitazione del dazio zero sull’import di riso indica dalla Cambogia e dal Myanmar nell’ambito del regime Eba (tutto tranne le armi). Facilitazioni che, peraltro, sono state sospese solo per la varietà di riso indica, mentre per la japonica hanno continuato a rimanere attive, nonostante le violenze verificatesi nel Myanmar in seguito al golpe militare.
L'invasione di riso asiatico
«Una vera e propria invasione di prodotto asiatico a basso costo e scarsa qualità è dunque attesa - denunciano alcuni produttori di riso della provincia di Pavia, la prima area risicola europea con quasi 1500 aziende e 80mila ettari - se non si troveranno soluzioni atte a riconfermare la clausola di salvaguardia o per includere il riso nell'elenco dei prodotti riassoggettati a dazio. In pericolo non è solo la nostra economia e l’occupazione per oltre diecimila famiglie a livello italiano tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera ma anche la tutela dell’ambiente e della biodiversità».
Sono 200 infatti, conclude la Coldiretti, le varietà iscritte nel registro nazionale, dal vero Carnaroli, con elevati contenuto di amido e consistenza, spesso chiamato “re dei risi”, all’Arborio dai chicchi grandi e perlati che aumentano di volume durante la cottura fino al Vialone Nano, il primo riso ad avere in Europa il riconoscimento come Indicazione Geografica Protetta, passando per il Roma e il Baldo che hanno fatto la storia della risicoltura italiana.
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