Il prezzo giusto per un caffè? Dipende dalla qualità della tazzina
Lo sostiene il presidente dell'Istituto Espresso Italiano, Luigi Morello. Qualche giorno dopo la riapertura dei bar l'argomento era stato al centro del dibattito per via di rincari operati in alcuni locali
31 maggio 2020 | 17:00
Quanto dovrebbe costare un espresso al bar? Il prezzo della tazzina di caffè è stato al centro di un dibattito in Italia, subito dopo la riapertura dei bar, il 18 maggio scorso. Qualcuno dopo il lockdown ha ritoccato il prezzo all’insù, complice la situazione di grave crisi che il settore sta attraversando, i più hanno preferito invece mantenere il prezzo di un tempo. Ma esiste un prezzo giusto per tutti? È la domanda alla quale hanno provato a dare una risposta, in un incontro organizzato sul web, l’Istituto Espresso Italiano (IEI) e SCA Italy (Specialty Coffee Association).
«Ci troviamo a discutere del paradosso di voler imporre un prezzo fisso a quello che è universalmente considerato un’eccellenza enogastronomica italiana, vero simbolo del made in Italy – ha dichiarato Alberto Polojac, Coordinatore Nazionale SCA Italy – Il prezzo di un espresso in Italia, per mera convenzione, resta fra i più bassi al mondo. Se per altri prodotti alimentari il pubblico può scegliere tra diverse proposte secondo una semplice logica di qualità/prezzo, per il caffè questa discrezionalità sembra non essere concessa».
«Il prezzo del caffè al bar deve essere legato alla sua qualità, uscendo da una logica di prezzo fisso della tazzina – ha affermato Luigi Morello, presidente dell’Istituto Espresso Italiano – Oggi il prezzo medio sul mercato italiano è difficilmente sostenibile limitando lo sviluppo del settore, sia a monte che a valle: i coltivatori nei paesi di origine non si vedono riconosciuto il proprio lavoro, così come non lo vede il barista che si trova inoltre senza risorse per l’evoluzione della propria attività a favore della clientela».
Tra i temi affrontati nel corso del dibattito, quello che costituisce forse il nodo principale della questione: restituire all’espresso la sua dignità di prodotto e valorizzare la figura del barista. Polojac ha sottolineato come il mercato debba potersi aprire a nuove opportunità di consumo, anche con caffè speciali, lavorati con capacità e con straordinario patrimonio organolettico.
Per determinare il prezzo equo della tazzina al bar, occorre considerare diversi fattori: la selezione della materia prima, la scelta delle attrezzature, la qualità del servizio e non da ultimo l’investimento nella formazione, fondamentale per potere acquisire le competenze. Un discorso valido in entrambi i sensi, perché se esistono tazzine che non valgono nemmeno l’euro convenzionale che si vorrebbe imporre al prodotto, esiste però anche una vastissima offerta, complessa e diversificata, che include miscele di alta qualità fino ad arrivare all’eccellenza proposta dal movimento dello specialty coffee, per la quale quell’euro, conti alla mano, non è certamente sostenibile. Il prezzo di un espresso in Italia è tra i più bassi in Europa. In Nord Europa si va da 2,36 a 3,00 euro, in Austria e in Germania tra 1,75 e 1,90, in Francia 1,60, in Spagna 1,39, in Russia e in Polonia 1,50 e inGrecia e in Romania 1,30.
È stato sollevato anche il tema importante della sostenibilità. Si è ricordato che 1 euro rappresenta il compenso medio giornaliero di un raccoglitore di caffè. Ecco che investire pochi euro su un prodotto di qualità acquista un significato diverso per la sostenibilità di tutta la filiera ed ecco che un incremento di qualche centesimo diventa giustificato se accompagnato da un prodotto migliore e preparato con la cura necessaria.
Morello ha sottolineato infine l’importanza delle sinergie da parte di tutti gli operatori del settore: occorre lavorare insieme per dare al consumatore consapevolezza e strumenti per riconoscere la qualità e premiarla, scegliendo autonomamente dove consumare il proprio rito quotidiano. Un primo passo in questa direzione è rappresentato dal dibattito intavolato da SCA Italy e IEI, che hanno scelto di unire le forze con un’iniziativa storica finalizzata a sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema così importante. L’auspicio è di poter entrare in un qualunque bar italiano e bere un caffè quanto meno fatto bene, corrispondendogli il giusto prezzo e poi da lì poter salire in una scala di qualità, pagando sempre di più quello che corrisponde effettivamente a una tazza migliore, risultato non scontato di una lunga e complessa filiera produttiva in cui ciascun passaggio ne determina il valore.
Il prezzo di una tazzina in Italia è tra i più bassi al mondo
«Ci troviamo a discutere del paradosso di voler imporre un prezzo fisso a quello che è universalmente considerato un’eccellenza enogastronomica italiana, vero simbolo del made in Italy – ha dichiarato Alberto Polojac, Coordinatore Nazionale SCA Italy – Il prezzo di un espresso in Italia, per mera convenzione, resta fra i più bassi al mondo. Se per altri prodotti alimentari il pubblico può scegliere tra diverse proposte secondo una semplice logica di qualità/prezzo, per il caffè questa discrezionalità sembra non essere concessa».
Alberto Polojac
«Il prezzo del caffè al bar deve essere legato alla sua qualità, uscendo da una logica di prezzo fisso della tazzina – ha affermato Luigi Morello, presidente dell’Istituto Espresso Italiano – Oggi il prezzo medio sul mercato italiano è difficilmente sostenibile limitando lo sviluppo del settore, sia a monte che a valle: i coltivatori nei paesi di origine non si vedono riconosciuto il proprio lavoro, così come non lo vede il barista che si trova inoltre senza risorse per l’evoluzione della propria attività a favore della clientela».
Luigi Morello
Tra i temi affrontati nel corso del dibattito, quello che costituisce forse il nodo principale della questione: restituire all’espresso la sua dignità di prodotto e valorizzare la figura del barista. Polojac ha sottolineato come il mercato debba potersi aprire a nuove opportunità di consumo, anche con caffè speciali, lavorati con capacità e con straordinario patrimonio organolettico.
Per determinare il prezzo equo della tazzina al bar, occorre considerare diversi fattori: la selezione della materia prima, la scelta delle attrezzature, la qualità del servizio e non da ultimo l’investimento nella formazione, fondamentale per potere acquisire le competenze. Un discorso valido in entrambi i sensi, perché se esistono tazzine che non valgono nemmeno l’euro convenzionale che si vorrebbe imporre al prodotto, esiste però anche una vastissima offerta, complessa e diversificata, che include miscele di alta qualità fino ad arrivare all’eccellenza proposta dal movimento dello specialty coffee, per la quale quell’euro, conti alla mano, non è certamente sostenibile. Il prezzo di un espresso in Italia è tra i più bassi in Europa. In Nord Europa si va da 2,36 a 3,00 euro, in Austria e in Germania tra 1,75 e 1,90, in Francia 1,60, in Spagna 1,39, in Russia e in Polonia 1,50 e inGrecia e in Romania 1,30.
È stato sollevato anche il tema importante della sostenibilità. Si è ricordato che 1 euro rappresenta il compenso medio giornaliero di un raccoglitore di caffè. Ecco che investire pochi euro su un prodotto di qualità acquista un significato diverso per la sostenibilità di tutta la filiera ed ecco che un incremento di qualche centesimo diventa giustificato se accompagnato da un prodotto migliore e preparato con la cura necessaria.
Morello ha sottolineato infine l’importanza delle sinergie da parte di tutti gli operatori del settore: occorre lavorare insieme per dare al consumatore consapevolezza e strumenti per riconoscere la qualità e premiarla, scegliendo autonomamente dove consumare il proprio rito quotidiano. Un primo passo in questa direzione è rappresentato dal dibattito intavolato da SCA Italy e IEI, che hanno scelto di unire le forze con un’iniziativa storica finalizzata a sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema così importante. L’auspicio è di poter entrare in un qualunque bar italiano e bere un caffè quanto meno fatto bene, corrispondendogli il giusto prezzo e poi da lì poter salire in una scala di qualità, pagando sempre di più quello che corrisponde effettivamente a una tazza migliore, risultato non scontato di una lunga e complessa filiera produttiva in cui ciascun passaggio ne determina il valore.
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Alberto Lupini
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