Pistacchio: oro verde e orgoglio siciliano
Il 26 febbraio si celebra la Giornata internazionale del pistacchio, un alimento che è stato portato in Sicilia dagli arabi che lo importarono dal lontano Afghanistan e che oggi è diventato un prodotto di punta regionale
«Allora Israele, loro padre, disse: “Se è così, fate pure: prendete nei vostri bagagli i prodotti scelti del paese e portateli in dono a quell’uomo: un po’ di balsamo, un po’ di miele, di gomma e resina, dei pistacchi e delle mandorle…» (La Bibbia, Genesi 43,11). Proprio così, tracce di quello che oggi è conosciuto come “oro verde”, il pistacchio, e che i siciliani dovrebbero cominciare a chiamare “orgoglio verde”, si trovano già nel Libro dei libri. Non un romanzo o una novella qualunque, ma la stessa Parola di Dio che, secondo Ebrei e Cristiani, è origine di tutte le cose. Ed è forse anche per questo motivo che qualcuno ha deciso di dedicare al pistacchio una giornata internazionale, che cade ogni anno il 26 febbraio.
Il pistacchio: orgoglio brontese ed etneo
Oggi, a distanza siderale da quei secoli, assoggettati come siamo al più crudo materialismo, abbiamo perduto il senso del sacro. Eppure questo splendido prodotto della terra è stato concesso anche al nostro Paese e in Sicilia se ne vanta la specie più pregiata: il Pistacchio Verde di Bronte Dop. Un prodotto talmente importante nel mondo che addirittura gli è stata dedicata una giornata internazionale per la sua celebrazione e valorizzazione, che cade il 26 febbraio. Un appuntamento al quale Italia a Tavola partecipa attivamente, lasciando la parola a chi di questa produzione vive ogni giorno e che di tale prezioso frutto conosce ogni aspetto. Come il professore Biagio Fallico, ordinario di Scienze e tecnologie alimentari al Dipartimento Di3A dell’Università di Catania, tra coloro che, in ambito scientifico, hanno dato un grande contributo sul pistacchio, fornendo dati tecnici molto interessanti che hanno condotto al riconoscimento della Dop. «Ce ne occupammo quando eravamo Facoltà di Agraria, – commenta Fallico – oggi siamo Dipartimento, ma la passione che mettiamo in questi studi è la medesima, se non di più».
Si parla di pistacchio già nel Vecchio Testamento. Quando inizia la vera storia come alimento di punta?
Si fa un gran parlare di pistacchio e questo a volte crea confusione. Il prodotto spesso è stato limitato a settori specifici, all’estero utilizzato come snack o prodotto da aperitivo. In Italia, invece, è molto usato nella pasticceria e nella gelateria. Oggi, poi, ci sono altri campi d’azione, come la cucina gourmet e stellata. Non dimentichiamo che era l’alimento dei re, anche prima dei Romani.
E a Bronte, il paese in provincia di Catania da cui lei proviene e che è la capitale del pistacchio?
Le cito un paradosso: a Bronte siamo grandi produttori ma fino a qualche anno fa non era molto diffuso nelle nostre ricette. Siamo cresciuti col divieto tassativo di mangiarlo durante la raccolta o ci sarebbe venuta la febbre! Lo dovevamo raccogliere, lavorare e vendere, ma non mangiarlo, tanto era ed è prezioso! Oggi ci sono circa duemila produttori ufficiali, con oltre il 60% (circa 700) che hanno pistacchieti di proprietà. I costi di produzione sono altissimi e non è sbagliato definirlo “oro verde”. All’interno della Dop è molto raro trovare un appezzamento meccanizzabile. Non è riconosciuta come coltivazione eroica, ma in realtà lo è! Mediamente un bravo operaio ogni giorno, in 6 o 7 ore, raccoglie circa 30 kg di prodotto in guscio.
Come si posiziona nel mercato nazionale e internazionale il pistacchio siciliano?
Il nostro pistacchio arriva in tutto il mondo. Fino a un trentennio fa, i clienti principali erano tedeschi, francesi e svizzeri, poi i giapponesi. Oggi, dopo l’invasione del prodotto iraniano, è cambiato il modo di utilizzarlo e, come dicevo, è tornato molto nella pasticceria e gelateria. Anche se bisogna fare molta attenzione!
In che senso?
Siamo cresciuti purtroppo col gelato quasi fosforescente al pistacchio, fino a quando negli anni ’80 qualche pasticcere corresse il tiro e fece un gelato al pistacchio molto scolorito, ma gustosissimo, rilanciandolo. Ora il rischio è che ci sia una marcia indietro. Sto vedendo del pistacchio in giro molto colorato, magari con estratti naturali, ma sempre colorati. Il lato forte del pistacchio non è nel colore, ma nel gusto! È quello che ti affascina, che ti colpisce! Spesso, invece, assaggiamo gelati al pistacchio che sanno di nocciola. Ed anche queste ultime, sanno troppo di tostato. Il gioco al ribasso porta sempre all’utilizzo di paste di bassissimo costo e qualità.
Quanti tipi di pistacchio vanta l’Italia? E la Sicilia, in particolare?
La varietà principe è la cosiddetta varietà Bianca o Bianca di Bronte. L’hanno portata gli Arabi. Un collega turco ha verificato coi suoi studi che il prodotto nasce in Afghanistan, in vere e proprie foreste, e si sposta poi a Ovest, tra Iran, Siria, Turchia, oltre mille anni fa, arrivando infine in Sicilia e colonizzando tutta la regione. La zona vocata naturalmente è Bronte, ma troviamo pistacchieti ovunque, in associazione ad altre produzioni come olive o mandorle. La varietà di Bronte cambia in base a dove cresce: la zona vulcanica dell’Etna, quella della Dop, è tra Adrano e Bronte, estesa su 2.800 ettari. Adesso nell’agrigentino, in zona Raffadali e San Biagio Platani, cominciano ad esserci territori interessanti. Ma il 98% del pistacchio viene da Bronte e si stanno facendo investimenti anche fuori dalla Dop e dalla zona vulcanica. Ci sono impianti interessanti nel calatino (Caltagirone, ndr) e nel ragusano. Per questo, penso che sarebbe utile la certificazione “pistacchio Sicilia”.
Quali sono le caratteristiche che fanno riconoscere il pistacchio di Bronte?
È molto simile a quello coltivato e prodotto fuori dalla Dop, la varietà è la stessa, con colorazione intensa, verde dentro e rossa esterna. Noi riusciamo a mantenere questo colore ed il rosso significa presenza di antocianine. La forma è allungata e molto vellutata in superficie. Fuori dalla op si presenta con un seme più bello e più grande, ma più legnoso e meno colorato. Il prodotto della Dop, invece, è più piccolo, concentrato e delicato. La componente vulcanica e minerale, poi, ha un aspetto molto importante. In Italia, inoltre, c’è una piccola produzione nel metapontino, tra Calabria e Basilicata, ma anche lì - il professore Fallico sorride, con orgoglio siciliano - c’è l’assistenza tecnica di un esperto brontese.
E nel mondo, professore?
La produzione internazionale, come detto, è concentrata più sugli snack, dove i grandi produttori sono da sempre gli Usa (California, Arizona, New Mexico). Poi, il Medioriente, con l’Iran e i suoi oltre 300 mila ettari, con varietà enormi, alcune di poco pregio, ma costose. Poi, Turchia, e prima ancora Siria, ma con la guerra è entrata in difficoltà. Invece, in Europa sta crescendo molto, oltre la Grecia, la Spagna, dove sono partiti da zero e che dovremo attenzionare nei prossimi anni. Ma stiamo crescendo anche noi.
Quali sono i tempi della sua fioritura e quelli della raccolta?
Nella zona Dop è a sesto spontaneo, lì viene innestato e poi la pianta va in produzione. Per fare una pianta ci vogliono tra gli 8 e i 10 anni. Se invece partiamo da zero, ci vogliono 12 - 13 anni. Il pistacchio può costare dai 12 ai 15 euro al chilo, con il guscio. La pianta tende ad accentuare l’alternanza, con un anno di carico ed uno di scarico. Questo comporta che si rinforza ed è una difesa naturale, bio, perché eventuali parassiti non riescono a riprodursi. Abbiamo zone attigue e contigue, con un pistacchieto che produce ed uno no. Non dobbiamo usare antiparassitari e anche questo ha contribuito alla creazione della Dop di Bronte. Come da disciplinare, produciamo tutti nell’anno dispari. La fioritura avviene tra aprile e maggio e da lì inizia a maturare fino alla raccolta, normalmente la prima settimana di settembre fino a fine mese. Quando il prodotto è maturo, forma un confetto bianco delicatissimo. Abbiamo un limite, sempre da disciplinare, di 17,5 quintali per ettaro, ma abbiamo pistacchieti che possono produrre 10 quintali, altri 25. La differenza la fa il sesto spontaneo. Poi, dipende dall’età: abbiamo piante secolari e più antica è la pianta più è solida nella produzione. Ma la devi rinnovare, poiché tende ad inselvatichire. Vanno rinnovati i rami, ma un nuovo ramo per produrre aspetta 4 - 6 anni. Nella sua coltivazione, importante è l’escursione termica: il pistacchio, infatti, ha bisogno di un numero preciso di ore di freddo. Per questo è tranquillo in inverno, ma teme molto le gelate tardive, nel periodo di fine aprile, maggio. Vuole il freddo, sì, ma non in certi periodi. L’altitudine di Bronte e la sua esposizione e protezione dai venti è quella ideale. Già se ci spostiamo a Maletto o a Randazzo è più esposta ai venti.
Si può consumare tutto l’anno?
È un prodotto molto pulito, senza rischi di contaminazione da aparossina. Non porta contaminazioni fungine dalla campagna. Quando è essiccato bene, asciugato e stabilizzato, dobbiamo venderlo entro i 24 mesi successivi, ma una volta si poteva conservare anche per 6 - 8 anni, finché il prezzo non era conveniente. Negli ultimi 15 anni la ricerca ha fornito dati molto validi, inserendolo tra i primi 50 alimenti con attività antiossidanti; è suggerito un consumo quotidiano, 30 grammi al giorno sarebbe l’ideale.
Il grande valore energetico del pistacchio
E sulle sue qualità come alimento da consumare tutto l’anno, abbiamo interpellato un altro esponente del Dipartimento Di3A dell’Università di Catania, la professoressa Rosa Palmeri, tecnologo alimentare iscritta all’Ordine: «Il valore energetico – spiega Palmeri – è di 549,5 kcal, contenuto proteico era di 24,5 g/100 g, il contenuto di grassi 49 g/100 g, contenuto in carboidrati 2,8 g/100 g, fibre 15,3 g/100 g di cui solubili 2,2 g/100 g insolubili 12,3 g/100 g, ceneri 3,06 g/100g. Il contenuto proteico medio indicato è piuttosto elevato se confrontato a quello di altra frutta a guscio. Diversamente, il contenuto in grassi è tra i più bassi rispetto a quelli di altra frutta a guscio. Diversi studi mostrano un contenuto in proteine minore e un diverso contenuto anche per gli altri costituenti. È stato dimostrato che il contenuto di grassi e la sua composizione sono fortemente influenzati dal luogo di origine e dalle specie. Bronte – aggiunge la professoressa – è anche un’ottima fonte di minerali, tra questi K (962 mg/100 g) e P (416 mg/100 g) in maggior quantità. Anche gli oligoelementi sono stati rilevati in quantità piuttosto elevate, Fe 4,5 mg/100 g, Zn 2,1 mg/100 g e Cu 1,2 mg/100 g). Anche se il pistacchio di Bronte è una ricca fonte di grassi, la maggior parte è di tipo insaturo (41,47 g/100 g, mono-più polinsaturi). Tra monoinsaturi acidi grassi (MUFA) l'acido oleico (acido cis-9 oleico) è nella quantità più alta (32,45 g/100 g). Gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) sono rappresentati principalmente dall'acido linoleico (7,49 g/100 g) seguito da una piccola quantità di acido linolenico (0,18 g/100 g) l'acido grasso vegetale noto come omega-3. Il pistacchio è, tra la frutta a guscio, l'unico che contiene buone quantità sia di carotenoidi che di clorofille. La luteina è il carotenoide più rappresentato nel pistacchio di Bronte (1,26 mg/100 g), seguito dal ß-carotene (0,18 mg/100 g) e violaxantina (0,04 mg/100 g). (Fonte: D’evoli et al., 2015)».
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Consorzio e produttori
«La Dop del Pistacchio Verde di Bronte è nata nel 2009 e siamo stati riconosciuti come Consorzio nel 2016 – spiega Enrico Cimbali, dal 2018 presidente del Consorzio di Tutela del Pistacchio Verde di Bronte Dop– Oggi il Consorzio gode di buona salute, con i suoi circa 280 soci. Lo scorso anno il prodotto certificato Dop si è aggirato intorno alle 2.100 tonnellate, arrivando sia in Italia che in tutto il mondo. Vantiamo altissimi controlli che tutelano il prodotto, attivati sia coi nostri agenti vigilatori che con il prezioso aiuto della repressione frodi, per quanto riguarda tutti i trasformati. Le nostre richieste, soprattutto all’Unione Europea, sono di snellire al più presto e semplificare i Programmi di sviluppo rurale (Psr), perché le pratiche per ottenere i contributi siano più veloci. Negli ultimi 2 anni, il commercio del pistacchio è andato a rilento, come altre categorie alimentari, ma posso confermare che alla fine l’intera produzione del 2019 è stata smaltita. I prossimi appuntamenti del Consorzio sono la presenza al Sigep (l'appuntamento di riferimento per il Foodservice Dolce. In fiera a Rimini, dal 12 al 16 marzo 2022) e l’elaborazione di un Progetto Integrato di Filiera, col Consorzio capofila»
Dello stesso tono ottimistico è Nino Prestianni, presidente della Cooperativa Produttori Pistacchio Smeraldo di Bronte, nata nel 1971 e che raccoglie una ventina di associati, tutti del territorio di Bronte. Sono produttori storici, che raccolgono, commercializzano e trasformano il prodotto. Prestianni è presidente dal 1985 e conosce bene il mondo del pistacchio. «Prima – dice – il grande interlocutore era la Germania, unico importatore di pistacchio. Poi, quando con la crisi tra Usa e Iran, il pistacchio non venduto (stoppato!) in Usa, è arrivato in Europa. C’è stata molta confusione e il riconoscimento della Dop ha fatto un po’ d’ordine».
L’applicazione in cosmesi
Infine, tra le prerogative di questo straordinario prodotto, c’è quella di non essere usato solo in campo alimentare. Ce lo conferma Arianna Campione, protagonista coi suoi soci della start-cup regionale “Kymia”, vera e propria azienda nata da poco, che lei stessa, Ceo e amministratrice, illustra: «Siamo partiti – dice Arianna – dalla valorizzazione degli scarti di produzione del pistacchio, il cosiddetto mallo, per l’applicazione in cosmesi; ci siamo costituiti in start up e poi in azienda. Lo scarto del pistacchio non era mai stato usato finora. Con l’esperienza dei miei studi e un master in cosmetologia, ho pensato di applicare anche la mia attività di medicina estetica a tale settore. Nel mallo c’è un fortissimo potere antiossidante, valutato in laboratorio, che trova applicazioni per la bellezza e anti-age. Poi, il pistacchio è un superfood, ma mai era stato applicato in cosmesi. Saremo, così, la prima azienda a fare qualcosa col mallo del pistacchio. Siamo 3 soci, ma l’azienda vanta già 7 persone all’interno. Abbiamo brevettato il principio attivo PISTACTIVE-f, fermentato di mallo di pistacchio. Con questa materia prima, in attesa di approvazione del brevetto, abbiamo creato una linea cosmetica e in queste settimane lanceremo la prima crema. Siamo tutti under 30 e da tutta Italia. Io sono di Adrano ma vivo e lavoro a Bronte. Siamo nati in piena pandemia e alcuni di noi si sono visti solo on-line. Abbiamo subito unito le nostre competenze tra marketing, design, comunicazione e abbiamo iniziato a collaborare con l’Università di Catania, avviando alcune tesi con gli studenti. Il progetto con l’Università è nato grazie alla collaborazione con la professoressa Rosa Palmeri, poiché parliamo di un fermentato enzimatico e lei lavora proprio con gli enzimi».
Quali sono le vostre prospettive?
Abbiamo già avviato contatti commerciali in Italia e all’estero, creato l’e-commerce e fatto indagini di mercato. Quello della cosmesi è in crescita e la pandemia ha cambiato le abitudini delle consumatrici. Proporremo il prodotto in due formati: da 50 ml e da 15 ml, in formato da viaggio. Il 3% di pistactive è contenuto nel 50 ml. Con 1 kg di mallo si producono 2 litri di pistactive e con 1 litro di pistactive circa 600 creme da 50 ml. Il prezzo su e-commerce, nel pre-lancio, sarà di 80 euro per il 50 ml e di 30 euro per il 15 ml. Ci siamo concentrati sul viso, ma stiamo studiando ulteriori utilizzi, anche nella nutraceutica e nel food, per esempio indagando su eventuali effetti benefici come bevanda.
Ma come nasce un’idea del genere?
Un giorno sono andata in campagna e ho partecipato alla raccolta del pistacchio. Ho visto che buttavano tonnellate di scarti, che per gli agricoltori sono solo un peso. La nostra azienda è nata con i dettami dell’economia circolare: recuperiamo lo scarto, il packaging per le spedizioni è biodegradabile e stiamo cercando una partnership con aziende che possano creare un packaging dedicato al green. I nostri soci siciliani hanno tutti deciso di rimanere nella nostra isola. E già questo credo che sia un ottimo risultato.
Ecco perché scrivevamo, oltre che di “oro verde”, di “orgoglio verde” tutto siciliano!
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Alberto Lupini