Olio Extravergine: la disinformazione passa anche attraverso social e recensioni

È ancora viva la necessità di promuovere una comprensione più profonda dell'olio extravergine: lo dimostra quello che succede quando un cliente insoddisfatto lascia una recensione non veritiera frutto di poca informazione

18 marzo 2024 | 09:30
di Fausto Borella

Da oltre 20 anni cerco di raccontare l’olio extravergine di qualità in Italia e nel mondo attraverso corsi, eventi, educational appuntamenti in tv e molto altro. Nonostante i miei tentativi di educazione e sensibilizzazione a riconoscere questo prodotto, mi sono trovato ad affrontare una situazione che speravo, dopo anni di attività, potesse ripetersi sempre meno fino a scomparire.

Mi trovavo presso una delle aziende toscane produttrici di olio artigianale di eccellenza che seguo attraverso le nostre consulenze, quando una notifica arriva sul cellulare della titolare. Un commento, breve, tagliente, acuito dalla platea di pubblico di un social network che in poltrona, vicino all’orario di cena, era pronto a sferrare il proprio giudizio. La recensione recitava: “Ho comprato qualche giorno fa il vostro olio, ma è immangiabile… amaro come il veleno”

Continua la sfida dell'educazione  e la diffusione della cultura dell'olio di qualità in Italia

Un’opinione che ha lasciato lo stesso amaro in bocca a tutta l’azienda. Al tempo dei social sembra sempre doveroso dare un'opinione personale, un feedback un commento che rimane pubblico e soprattutto, rimane nel tempo. A parte la questione morale su quanto sia giusto o meno andare a pubblicare una propria idea sul profilo pubblico di un’azienda, ho riflettuto sul fatto di quanto fosse comune l’atteggiamento di pubblicare delle opinioni, riflessioni personali o gusti soggettivi.

La cosa che mi ha fatto più dispiacere di questo commento è stato leggere che la signora abbinava la sensazione di amaro e piccante ad una accezione totalmente negativa di un olio, come fosse immangiabile. Questo, mi ha riportato indietro di anni luce quando tenevo i primi corsi di olio extravergine a Roma, oltre 15 anni fa, dove era quasi normale sentire questo tipo di commenti. Oggi, dopo tutto il lavoro fatto, tutte le attività e il tempo speso all’insegna di questo nobile prodotto, speravo che fosse ormai diffusa la percezione comune che un olio buono, genuino e che fa veramente bene al nostro corpo sa essere profumato, amaro o piccante; pensavo fosse dato assodato.

Ovviamente l’azienda è una produttrice pluri premiata ogni anno, con tutta la sua gamma di olio extravergine biologici, da concorsi e premi a livello nazionale e internazionale. Questo quindi fa riflettere su quanto la cultura dell’olio extravergine vada ancora diffusa in modo più profondo anche in Italia. Considerato il mio rapporto con l’azienda in questione mi sono permesso di chiamare direttamente la signora insoddisfatta per darle tutte le spiegazioni del caso e dirle quanto un olio pieno di polifenolitocoferoli e vitamina E, franto rigorosamente entro le 12 ore dalla raccolta, sia così buono per natura e che l’amaro è indice di qualità.

Nonostante questo, la signora non ha voluto accettare il mio parere, neanche dopo aver proposto di andare gratuitamente a tenere una degustazione nella sua città di residenza, non ne ha voluto sapere. La strada è ancora lunga, e noi comunicatori, abbiamo il dovere di continuare a educare il consumatore finale e chi opera nel settore, per riuscire a far scoprire e assaggiare la differenza tra un olio commmerciale e un grande olio artigianale realizzato con fatica e passione. C’è ancora molto da fare, ma andiamo sempre avanti!

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Alberto Lupini


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