Limoni, boom di vendite (+50%) E i prezzi schizzano alle stelle
L’emergenza coronavirus ha fatto impennare le richieste di agrumi in tutto il mondo. In Turchia il limone viene utilizzato anche per la produzione di disinfettanti a base alcolica, molto ricercati in questo periodo
08 aprile 2020 | 10:59
Non solo pasta, uova, carne e pesce: in queste settimane crescono anche le richieste di limoni sia in Italia che all'estero. L’emergenza coronavirus ha fatto impennare le vendite, con la produzione insufficiente che ha fatto quasi raddoppiare i prezzi. Lo rileva un monitoraggio della Coldiretti: «Le esportazioni di limoni – si legge in una nota – sono sottoposte addirittura a controllo preventivo al pari di mascherine, ventilatori polmonari e altro materiale sanitario in Turchia dove l'agrume è impiegato in modo massiccio nella produzione di disinfettanti a base alcolica nelle abitazioni private e nei locali pubblici, con una conseguente impennata dei prezzi.
L'Italia è il secondo produttore europeo dopo la Spagna con una superficie coltivata di poco più di 25.000 ettari dalla quale si sono ottenuti circa 3,8 milioni di quintali nel 2019, in calo del 14%, secondo l’analisi della Coldiretti. La regione maggiormente interessata dalla coltura è la Sicilia, dove si ottiene più dell’87% del raccolto nazionale ed a seguire la Campania e la Basilicata. Una produzione che non è sufficiente a soddisfare i consumi nazionali con 1,2 milioni di quintali di importazioni e 0,48 milioni di quintali di esportazioni nel 2019.
L’aumento esplosivo della richiesta mondiale si è fatto sentire anche in Italia, con aumenti delle richieste del 30% in Sicilia. In Campania – riferisce la Coldiretti - per i limoni IGP di Amalfi salgono le richieste, ma c’è il 50% di produzione in meno ed il prezzo sulla pianta è quasi raddoppiato e oscilla fra 1,20 e 1,50 euro al chilo contro circa 0,60 dello stesso periodo dello scorso anno mentre in Calabria nell’alto Jonio a partire dalla piana di Sibari è caccia ai limoni con un aumento delle quotazioni fra il 10 e il 15%.
«Gli effetti della pandemia hanno fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dalla produzione agricola per l’alimentazione, l’ambiente e la salute dei cittadini - dice il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - l’Italia in futuro potrà trarre beneficio dalla sua tradizione rurale, ma occorre invertire la tendenza del passato a sottovalutare il patrimonio agroalimentare nazionale in una situazione in cui l’ultima generazione è stata responsabile della perdita di un quarto delle terre fertile nella Penisola per colpa all’urbanizzazione e all’abbandono forzato».
Limoni a peso d'oro
L'Italia è il secondo produttore europeo dopo la Spagna con una superficie coltivata di poco più di 25.000 ettari dalla quale si sono ottenuti circa 3,8 milioni di quintali nel 2019, in calo del 14%, secondo l’analisi della Coldiretti. La regione maggiormente interessata dalla coltura è la Sicilia, dove si ottiene più dell’87% del raccolto nazionale ed a seguire la Campania e la Basilicata. Una produzione che non è sufficiente a soddisfare i consumi nazionali con 1,2 milioni di quintali di importazioni e 0,48 milioni di quintali di esportazioni nel 2019.
L’aumento esplosivo della richiesta mondiale si è fatto sentire anche in Italia, con aumenti delle richieste del 30% in Sicilia. In Campania – riferisce la Coldiretti - per i limoni IGP di Amalfi salgono le richieste, ma c’è il 50% di produzione in meno ed il prezzo sulla pianta è quasi raddoppiato e oscilla fra 1,20 e 1,50 euro al chilo contro circa 0,60 dello stesso periodo dello scorso anno mentre in Calabria nell’alto Jonio a partire dalla piana di Sibari è caccia ai limoni con un aumento delle quotazioni fra il 10 e il 15%.
Ettore Prandini
«Gli effetti della pandemia hanno fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dalla produzione agricola per l’alimentazione, l’ambiente e la salute dei cittadini - dice il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - l’Italia in futuro potrà trarre beneficio dalla sua tradizione rurale, ma occorre invertire la tendenza del passato a sottovalutare il patrimonio agroalimentare nazionale in una situazione in cui l’ultima generazione è stata responsabile della perdita di un quarto delle terre fertile nella Penisola per colpa all’urbanizzazione e all’abbandono forzato».
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Alberto Lupini
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