La “Gigante bergamasca” regina per una sera alla Braseria
Luca Brasi, patron del ristorante di Osio Sotto (Bg) e Ivano Gelsomino hanno cucinato la carne di pecora proveniente dagli allevamenti della Valle Seriana
14 novembre 2019 | 19:15
di Alberto Lupini
Ivano Gelsomino e Luca Brasi
Se poi la pecora è la “Gigante bergamasca”, quella dalla taglia più grande di tutta la razza ovina, si può parlare di capolavoro gastronomico. Che poi è quanto si è verificato alla degustazione a la Braseria di Osio Sotto (Bg), dove le carni già di loro straordinarie fornite da Massimo Balduzzi di Clusone sono state preparate alla grande dal patron Luca Brasi e da Ivano Gelsomino del ristorante La Selva di gelso di Clusone (Bg).
Sushi di pecora gigante alla soia e senape dolce
Intriganti quanto originali i piatti proposti, a partire Sushi di pecora gigante alla soia e senape dolce, dove una mini tartare è stata abbinata a uno spumante metodo classico Bonaldi. A seguire una Salsiccia di pecora gigante grigliata in crosta di mais rostrato di Rovetta, salsa bbq e maionese affumicata, dove l’aspettativa di rusticità del piatto cedeva il posto ad un gusto elegante e senza alcuna sbavatura di “selvatico”.
Salsiccia di pecora gigante grigliata in crosta di mais rostrato di Rovetta
In questo caso il vino servito era Valcalepio rosso Bonaldi 2016 che ha accompagnato anche un delicatissimo Tortello ripieno di pecora gigante e crema alle erbe, salsa al tartufo nero e il piatto forte della serata, Costine di pecora gigante cotta 8 ore al barbecue (in realtà cotte 4 ore in griglia al vapore).
Tortello ripieno di pecora gigante e crema alle erbe, salsa al tartufo nero
Piatto che da solo valeva la sera, anche se lo stesso si può dire del fuoriprogramma, le fettine di spalla cruda (Bernia) con 4 giorni di salamoia, che sono un po’ un inno al valore della pecora bergamasca. Questi proposti con Valcalepio rosso bio Frontemura 2015.
La Bernia, fettine di spalla di pecora cruda
Mangiare carne di pecora non è comune. Se ne è perso il valore. Anche se per secoli è stata l’attività prevalente sulle montagne orobiche; ora fare il bergamino, il pastore di pecore, è una vera scelta di vita: ce ne sono pochi- E farlo in maniera rispettosa dell’ambiente e dell’animale è ancora più raro. Pur fra mille difficoltà (dai permessi di passaggio sui prati alle norme igieniche sottoposte a controlli periodici) ci sono per fortuna ancora dei giovani che praticano un allevamento naturale, di oltre duecento capi adulti che permette di avere animali sani che conducono anche secondo ritmi antichi.
Al pascolo e con periodi di transumanza fra località Zò in Presolana e la bassa milanese. Massimo Balduzzi ne è un esempio e la sua fortuna è di condividere questa attività con la compagna Silvia Locatelli, un’ingegnera che ha scelto la montagna e la campagna per seguire gli animali. Un becco, il maschio della pecora, da 4 o 5 anni la segue e la “difende” meglio di un cane. E questo avviene anche con alcune pecore ormai ‘di famiglia’ che non sono state macellate pur avendo superato l’età dei 5 o 6 anni. Anche questa è vita da pastori e spiega perché alla fine anche la carne può essere buona.
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Alberto Lupini