L'espresso italiano verso l'Unesco Ne consumiamo 6 kg all'anno

Il percorso di candidatura a Patrimonio immateriale dell’umanità ha fatto tappa a Milano, in un open day organizzato dal Consorzio di Tutela in cui sono stati svelati i segreti su come si prepara un caffè perfetto . In Italia il 95% delle persone lo beve abitualmente; quasi 8 italiani su 10 non possono farne a meno appena svegli

22 novembre 2019 | 09:45
È la bevanda più consumata al mondo dopo l'acqua, ma è anche uno straordinario espediente narrativo utilizzato da scrittori e poeti di ogni epoca. Ed è anche forse l'unico in grado di cadenzare i ritmi di un'intera società, oltre a essere il frutto del lavoro di oltre 800 torrefazioni e 7000 addetti. Il caffè, o meglio, l’espresso italiano, si candida ad entrare nel Patrimonio Unesco, forte di una tradizione secolare capace di mettere d’accordo proprio tutti.

La candidatura Unesco risale a un paio d'anni fa

Del resto, i numeri parlano chiaro: in Italia, i consumi annuali pro capite di caffè nel 2018 sono di 5,9 kg, in aumento (5,3%) rispetto al 2017. Il 95% lo beve abitualmente, da gustare principalmente tra le mura domestiche (92%) o al bar (72%). Il 58% dice di berlo per trovare la carica necessaria ad affrontare la giornata e il 77% di chi beve caffè lo fa tutti i giorni appena sveglio. Il caffè però è anche un momento di relax (53%) e al contempo un piacere (47%) e un rito (37%) da consumare insieme agli altri.
 
Tutti aspetti che sono stati esaminati e approfonditi nel corso di un open day organizzato dal Consorzio per la Tutela del Caffè Espresso italiano Tradizionale a Milano per fare il punto sul percorso di candidatura del caffè a patrimonio immateriale dell'Unesco (di cui si parla ormai da almeno un paio d'anni). Un appuntamento cui hanno preso parte il presidente del Consorzio, Giorgio Caballini di Sassoferrato, il Maestro Caffettiere Pietro Rastelli, il sociologo Massimo Cerulo e Diego Galdino, scrittore e autore del best seller Il primo caffè del mattino.

Nove italiani su 10 bevono caffè tra le mura domestiche

«Per diventare patrimonio immateriale dell'umanità – ha spiegato il presidente Caballini - non è sufficiente che un prodotto sia speciale, e il caffè espresso italiano tradizionale, quello preparato nei bar italiani a regola d'arte, lo è senza dubbio. È essenziale che abbia un impatto sulla vita delle persone. Ed è esattamente quello che abbiamo voluto raccontare mettendo a confronto professionisti diversi che hanno dato letture e visioni differenti di questa bevanda che ha fatto la storia del nostro Paese e della nostra società. Un pensiero, visti i recenti avvenimenti, va al più antico caffè operante in Italia, il Caffè Florian di Piazza San Marco a Venezia che sin dal 1720 accoglie personalità da tutto il mondo per offrire l’espresso italiano tradizionale e che ci auguriamo possa riprendere quanto prima la sua attività».


Se si guarda al caffè dal punto di vista del rapporto che lega la bevanda ai consumatori, si apre un mondo. Un mondo analizzato dal sociologo specializzato in Scienze della cultura, Massimo Cerulo, che nel corso dell'open day, partendo dal suo saggio “La danza del Caffè”, ha provato a mettere in fila alcuni degli effetti peculiari che l'espresso italiano tradizionale ha su chi lo beve: accomunati da un linguaggio universalmente riconosciuto – “prendiamoci un caffè espresso” – mette in relazione due o più persone, anche di ruoli, classi, ceti e provenienze molto differenti tra loro favorendo la pratica dei comportamenti sociali e della generosità, uno dei gesti quotidiani più diffusi è infatti quello di offrire un caffè a qualcuno. Inoltre il caffè è uno straordinario alleato per abbattere le barriere e vincere gli imbarazzi: si pensi agli italiani all'estero che finiscono per conoscersi e “riconoscersi” proprio in ragione della loro ricerca di locali dove gustare un espresso italiano tradizionale, a regola d'arte.

Diego Galdino è invece scrittore e autore, tra gli altri, del best seller "Il primo caffè del mattino". Galdino però è anche per prima cosa un barista e lavora nello stesso locale in cui, insieme ai genitori, ha vissuto sin da bambino. Un punto di vista privilegiato il suo per osservare come, attorno al rituale del caffè, si sviluppi la vita di intere comunità. Non è un caso, infatti, che ripercorrendo la letteratura più o meno recente, sia facile imbattersi in numerosi casi in cui gli autori utilizzano il caffè come espediente narrativo da Saba a Svevo, da Kafka a James Joyce. Senza dimenticare Pirandello che trasforma il rito del caffè in una metafora del tempo che scorre.

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Alberto Lupini


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