Dolce e aromatica, la paprika è regina della cucina etnica
Si abbina bene a piatti a base di carne, ma spesso è utilizzata anche sul pesce e sui formaggi, per insaporire zuppe e per dare un aroma speziato alle verdure. Molto usata in Ungheria, India, Spagna e Portogallo
La paprika è una spezia che si presenta sotto forma di polvere e si ottiene dalla macinazione dei frutti essicati del Capsicum annuum L., il comune peperoncino. Per la sua produzione generalmente si utilizzano diverse specie, spesso miscelate insieme, che si distinguono per forma, colore e caratteristiche organolettiche. La paprika non è peperoncino in polvere e i due termini non sono sinonimi, indicano due spezie differenti. In particolare, ciò che distingue la paprika dalla polvere di peperoncino è la mondatura, una fase del processo di lavorazione che consiste nel privare il peperoncino dei semi e della membrana bianca interna alla quale sono attaccati i semi. Dopo la mondatura, il peperoncino viene essiccato e macinato. La mondatura fa sì quindi che la paprika sia più dolce e meno piccante del peperoncino in polvere, ottenuto invece macinando il frutto integro, compresi semi e membrana.
La paprika deve il suo colore rosso intenso ai carotenoidi, tra cui il licopene, e ai polifenoli, sostanze che, oltre a determinarne le caratteristiche cromatiche, sono potenti antiossidanti naturali che proteggono l’organismo dall’azione dei radicali liberi e dall’invecchiamento. Queste sostanze sono presenti nel frutto del peperoncino quando raggiunge il massimo grado di maturazione, perciò è importante che la raccolta avvenga nel momento giusto, ossia a fine estate, tra agosto e settembre. In linea generale, si può dire che la paprika ha proprietà toniche, stimola l’apparato digerente e facilita la digestione, rinforza il sistema circolatorio ed è antisettica. Le vitamine che contiene sono: vitamina E, vitamine del gruppo B, vitamina C, vitamina K e betacarotene. Calcio, ferro, fosforo, magnesio, manganese, potassio, selenio sono i minerali in essa contenuti.
Ha un gusto delicato, leggermente amaro, aromatico. È un ingrediente fondamentale della cucina etnica, in particolare dell’Ungheria - non può mancare nel gulasch, nel pörkölt (carne di manzo, cipolla e cumino) o nel più elaborato rakot kaposta (con carne di maiale, pancetta, salsiccia, cavolo, riso e cipolla) -, di quella indiana e anche di quella portoghese e spagnola, dove si ritrova nelle patatas bravas e nella fideuà. Si abbina bene a piatti a base di carne, ma spesso è utilizzata anche sul pesce e sui formaggi, per insaporire zuppe e per dare un aroma speziato alle verdure. Si aggiunge, secondo i propri gusti, in piccole quantità ai cibi solo quando la cottura è quasi al termine, per evitare che l’esposizione prolungata di questa spezia alle alte temperature possa alterare le sue caratteristiche organolettiche, dando un sapore amaro e una colorazione eccessivamente scura ai cibi. Si acquista già pronta in vasetti, va conservata in recipienti chiusi al riparo della luce, consumata in un tempo molto breve, in quanto tende a scurirsi presto e ad acquistare un sapore sgradevole.
In Ungheria, il momento del raccolto dei peperoncini usati per la paprika, chiamata “oro rosso” dai locali, viene vissuto come un rito gioioso. Cresce in tutto il Paese, ma Szeged e Kalocsa (dove c’è un museo dedicato) sono i principali distretti con importanti piantagioni. Il raccolto di paprika inizia dopo l’8 settembre, e può durare fino ad ottobre. Le donne, vestite con costumi sgargianti, raccolgono i peperoni nei campi e dopo averli infilzati con ago e filo e fanno delle lunghe ghirlande che appendono a speciali sostegni di legno e ai muri delle case.
© Riproduzione riservata
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini