Dal pistacchio al miele, dalle fragole alle mele: tutto il gusto dell’Etna
Il territorio ai piedi dal vulcano è caratterizzato da microclimi differenti, che hanno dato vita a vere eccellenze. La più nota è il Pistacchio di Bronte. Ci sono poi il Miele di Zafferana Etnea, le Fragole di Maletto e molto altro
Non c’è un solo Etna. O meglio, c’è un solo vulcano circondato però da un territorio ogni volta diverso. Microclimi differenti che hanno dato vita a vere e proprie eccellenze, frutto di tradizioni tramandate e di un terreno vulcanico unico, perché ricco e minerale. Scopriamo allora questi “morsi” di vulcano, gusti imperdibili per chi si appresta a scoprire l’Etna e il suo territorio.
Il Pistacchio verde di BronteDop
Bronte è un paese poggiato sulle pendici occidentali del vulcano. Non arriva nemmeno a ventimila abitanti, ma è la culla del prodotto etneo più famoso, non soltanto in Italia, ma in tutto il mondo. Stiamo parlando del Pistacchio verde di Bronte, che dal 2009 può fregiarsi del titolo di Dop. L’Oro Verde, secondo il disciplinare, può essere prodotto soltanto nei territori di Bronte, Adrano e Biancavilla e deve avere un colore verde intenso e un sapore aromatico forte.
La raccolta non avviene tutti gli anni, ma con cadenza biennale. Negli anni dispari, solitamente agli inizi di settembre, si procede alla raccolta della tignosella (il nome del frutto smallato ed asciugato). Negli anni pari, invece, si procede con la potatura verde, una tradizione tramandata di padre in figlio che permette alla pianta di riassorbire da terreno vulcanico le sostanze necessarie alla produzione dell’anno successivo.
Il Miele di Zafferana Etnea: l’oro dell’Etna
Alle pendici del vulcano non c’è però soltanto l’Oro Verde di Bronte, ma anche l’Oro dell’Etna. Di cosa si tratta? Del Miele di Zafferana Etnea. Il comune, che si trova sul versante orientale del vulcano, è considerato una delle capitali italiane del miele, sia per la quantità sia per la qualità. Si parla infatti di circa 700 apicoltori che garantiscono il 15% della produzione nazionale di miele. Le varietà sono le più disparate: si va dal millefiori al miele di castagno, dal miele d’arancio al miele di zagara.
I Custodi dell’Ape Nera
Api e miele non sono però prerogativa della sola Zafferana Etnea. Siamo infatti di fronte a una tradizione diffusa in tutta la zona dell’Etna, custode, tra le altre, di storie che raccontano di rinascita. È il caso dell’Ape nera, sottospecie autoctona che si credeva ormai scomparsa. Dopo aver resistito per millenni, gli apicoltori siciliani le avevano preferito la più redditizia Ape ligustica. Poi tre fratelli, Giuseppe, Simone e Gianluca Lazzaro, hanno deciso che la storia dell’Ape nera non poteva finire e l’hanno riportata sulle pendici del vulcano, dando vita al progetto “I Custodi dell’Ape Nera” a Macchia di Giarre. Il risultato? Prodotti d’eccellenza, salutari e in grado di riportare in auge sapori che si pensavano persi per sempre.
La Dop di tutto il vulcano: la Ciliegia dell’Etna
Tra le eccellenze etnee non può mancare la Ciliegia dell’Etna Dop, che può essere considerata la denominazione di tutto il vulcano. La zona di produzione si estende infatti dal mare Ionio fino a 1.600 metri di altitudine sui versanti Est e Sud-Est dell’Etna e comprende i comuni di: Giarre, Riposto, Mascali, Fiumefreddo di Sicilia, Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Randazzo, Milo, Zafferana Etnea, S. Venerina, Sant’Alfio, Trecastagni, Pedara, Viagrande, Nicolosi, Ragalna, Adrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Belpasso, Aci S. Antonio, Acireale. Di pezzatura medio-grande, la Ciliegia dell’Etna viene raccolta tra giugno e luglio e ha tempi di maturazione molto più lunghi rispetto ad altre varietà.
La Fragola di Maletto De.Co.
A pochi passi dalla già citata Bronte, c’è Maletto. Qui l’orgoglio locale non è il pistacchio, bensì la fragola. Stiamo parlando della Fragola di Maletto, che può fregiarsi del titolo di De.Co., Denominazione comunale, e che fa parte dei prodotti dell’Arca del Gusto di Slow Food, che raccoglie le eccellenze che appartengono alle comunità, che si sono impegnate per mantenerle vive. Di pezzatura grande, dolce e molto profumata, la Fragola di Maletto deriva da una cultivar francese, la “Madame Moutot”, coltivata nella Ducea dell’Ammiraglio Nelson a Bronte. Il prodotto oggi è a forte rischio di estinzione. Avendo il cuore vuoto è, infatti, altamente deperibile e quindi poco adatta alla commercializzazione.
Le antiche mele dell’Etna
Se il destino della Fragola di Maletto è a rischio, quello delle mele dell’Etna appare altrettanto critico. La loro storia somiglia però più a quella delle Api nere che a quella della fragola. Storicamente, infatti, le pendici del vulcano hanno sempre ospitato numerosi frutteti, soprattutto meleti, con varietà tipicamente locali: la mela cola, la gelato, la gelato cola e la cirino. Poi, negli anni ’70, la scelta di puntare su varietà più fruttuose a livello economico e più apprezzate dal mercato. Così oggi sono pochissimi i coltivatori che lavorano per preservare le varietà storiche etnee. Si parla, secondo Slow Food, si poche centinaia di quintali, vendute esclusivamente nei mercati locali.
La Pera Coscia dell’Etna
Accanto alle mele, sulle pendici dell’Etna crescono storicamente anche le pere. La varietà di riferimento è la Pera Coscia, caratterizzata da una polpa bianca e un gusto molto dolce. Coltivata sul versante occidentale del vulcano, ha un colore verde brillante su cui compaiono spesso striature rosse. Non si tratta però dell’unica varietà etnea. Oltre alla Coscia c’è, infatti, la Pera Spinelli, conosciuta anche come “pira spineddi”. Al contrario della sua “collega”, si tratta di una pera dura e aspra al palato, perfetta per essere cotta. Durante la cottura rilascia in maniera naturale i suoi zuccheri, creando un’incredibile caramellatura naturale. Per lo stesso motivo sono ottime per le marmellate.
Monte Etna Dop, l’olio Evo del vulcano
Tra le Dop etnee figura anche l’olio Monte Etna Dop. Gusto erbaceo, fresco, fruttato leggero, può essere prodotto nei comuni di: Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Camporotondo Etneo, Castiglione di Sicilia, Maletto, Maniace, Motta S. Anastasia, Paternò, Ragalna, Randazzo, Santa Maria di Licodia, San Pietro Clarenza, Centuripe, Malvagna, Mojo Alcantara, Roccella Valdemone e Santa Domenica Vittoria. La cultivar preponderante è la Nocellara Etnea, che può essere utilizzata anche come oliva da tavola.
La Salsiccia al ceppo di Linguaglossa
Le eccellenze non sono soltanto quelle della natura, abbiamo visto, ma anche quelle frutto di tradizioni che si tramandano da secoli. È il caso, per esempio, della Salsiccia al ceppo di Linguaglossa, presidio Slow Food. Un tempo, tutti i macellai siciliani avevano la loro “chianca”, un ceppo in legno su cui lavorare la carne. Questa tradizione prosegue ancora oggi a Linguaglossa. Alla base della salsiccia c’è un mix di di tagli di coscia, pancetta, guanciale, lardo e capocollo, che vengono tagliuzzati in pezzi piccolissimi con il “partituri” (un coltello locale) e poi impastati a mano e conditi con sale, pepe nero e semi di finocchietto selvatico raccolto sull’Etna. La Salsiccia al ceppo di Linguaglossa si mangia fresca e cotta, ma alcuni macellai la appendono in un luogo fresco e ventilato per una essicazione leggera che dura 20, 25 giorni. La ricetta più classica, racconta Slow Food, è la salsiccia alla brace con i caliceddi, una verdura spontanea moto diffusa sulle pendici dell’Etna, che si sbollenta e si passa in padella. Secondo la tradizione, “caliceddi e sasizza” non possono mancare dalla tavola l’11 novembre, il giorno di San Martino.
Sicilia chiama arancia: la Rossa Igp anche sull'Etna
Parli di Sicilia e non puoi non parlare di arance e nello specifico di Arancia Rossa di Sicilia Igp. La sua zona di produzione è vasta e comprende diversi comuni delle province di Enna, Siracusa e Catania. Tra questi anche Biancavilla, Adrano, Belpasso e Santa Maria di Licodia, poggiati sulle pendici meridionali dell’Etna. Si tratta di arance ottenute dalle varietà Tarocco, Sanguinello e Moro. A dar loro il tradizionale colore rosso è la presenza di antocianine. Il frutto è ricco di vitamine, polifenoli (flavonoidi), acido folico e sostanze benefiche utili per regolare le funzioni digestive e metaboliche, nonché prevenire infezioni e invecchiamento cellulare, grazie alle notevoli quantità di antiossidanti.
Del Fico d'India, infine, non ci siamo dimenticati. Ne abbiamo parlato approfonditamente qui.
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Alberto Lupini