La chiocciola sana e buona di Cherasco lancia la sfida alle escargot francesi

Genuina, biologica, naturale. La chiocciola "metodo Cherasco" è fonte di proteine e ottima alternativa a carne e pesce. Versatile in cucina, sta sorgendo a nuova vita nelle proposte di diversi ristoranti italiani

03 ottobre 2018 | 15:21
di Alberto Lupini
Dietro il prodotto c'è una filiera importante e strategica, fatta di agricoltura assolutamente bio e pulita, nonché un lavoro di ricerca e ottimizzazione che solo in parte si può cogliere durante il Festival della Chiocciola in cucina a Cherasco (Cn), un lavoro che si rivolge anche ad altri settori all'infuori di quello alimentare, come la cosmetica. L'evento è giunto quest'anno al 13° appuntamento, unica occasione per esplorare il mondo dell'elicicoltura di qualità in Italia che, con 580 impianti di allevamento su 800, si incentra non a caso sulla Chiocciola Metodo Cherasco, come dire sul prodotto finale per eccellenza oggi al mondo.

Dal 28 settembre all'1 ottobre il Festival ha riunito gourmand, cuochi e allevatori. Sono state quattro giornate all'insegna della qualità Chiocciola di Cherasco, declinata in alta gastronomia, street food e didattica in cucina, per scoprire un mollusco versatile e promettente che solo per tradizione, ed errore, si continua a chiamare lumaca (che è poi la "cugina" senza il guscio...) invece che chiocciola. Nome fra l'altro molto più armonioso e rappresentativo di un animale che per moltissime proprietà oggi può essere la vera alternativa ai consumi eccessivi di carne o a quello di tanto pesce allevato. Una storia secolare nell'alta cucina come in quella più popolare, fa delle chiocciole un elemento versatile per svariate ricette, molte delle quali di recente ideazione, come i panini capaci di competere per gusto e proprietà salutistiche a quelli dei fast food tipo McDonald's. L'unica questione aperta è quella di fare conoscere al consumatore, perché consumare chiocciole è buono, è sano ed è ecologico, visto che avviene a costo zero a livello ambientale.



La chiocciola e l'istituto internazionale di elicicoltura di Cherasco
A lavorare sull'informazione, la promozione e la diffusione dell'allevamento ci sono l'associazione nazionale elicicoltori e l'Istituto internazionale di elicicoltura di Cherasco di cui è rispettivamente presidente e direttore Simone Sampò, vulcanico animatore di un mondo fatto di contadini e riceratori che in questi anni, grazie al Metodo Cherasco, hanno sdoganato la chiocciola facendone un prodotto che si trova ormai nella gran parte dei ristoranti che fanno Cucina di qualità. Assolutamente sane per il tipo di allevamento (mangiano solo verdure coltivate ad hoc, perdendo così ogni sentore di terra...), le chicciole in questione non hanno nulla a vedere con quelle un tempo raccolte nei campi, tanto che per Sampò «non c'è oggi possibilità di paragonare le garanzie che offriamo con nessun'altra chiocciola al mondo».

Alla base c'è il ricordato disciplinare Chiocciola Metodo Cherasco che si ispira alle leggi della natura: è un modello di allevamento all'aperto, che non prevede l'intervento umano. Questo metodo costituisce un omaggio alla tradizione che la comunità di Cherasco ha protetto e valorizzato nel tempo (tanto da essere da sempre la capitale italiana dell'elicicoltura), puntando a diffondere un'elicicoltura di qualità che rispetta la natura accettando i limiti che questa impone. A partire dalla "semina" fino a tempi della raccolta.

«Questo nuovo disciplinare, nato solo 2 anni fa - spiega il presidente dell'associazione elicicoltori - ci permette di dare delle regole alla nostra filiera, che si concretizzano anche in continui controlli, perché l'alimentazione» è una cosa importante e anch'essa «ha bisogno di regole». Nei piccoli appezzamenti recintati la chiocciola è allevata fra coltivazioni di erbe che non vengono mangiate dalle chiocciole, ma che garantiscono loro copertura e protezione. Le verdure vengono aggiunte al bisogno e sono calibrate per garantire risultati un tempo impensabili a livello organolettico.


Simone Sampò

La chiocciola di Cherasco e il mercato italiano
Se quindi Simone Sampò può dirsi soddisfatto perché più del 60% degli elicicoltori seguono il disciplinare prestabilito, non esulta, dall'altra parte, osservando che la richiesta italiana di chiocciole interessa solo per il 20% quelle di Cherasco, chiocciole che sono garantite, biologiche e naturali. «Ancora oggi gran parte delle chiocciole arrivano da mercati esteri come Romania, Tunisia e Marocco. Sono chiocciole di bassa qualità, che nulla hanno a che vedere con le nostre».

«Queste chiocciole - ha proseguito Sampò, sempre riferendosi ad esemplari importati - arrivano senza controlli sanitari». Una situazione resa ancor più grave se la chiocciola viene coltivata su terreni inquinati: «La chiocciola assorbe, è un conduttore di inquinamento». Chiaramente i danni per l'essere umano che le sceglie per i propri piatti non sono molti, poiché «le chiocciole vengono bollite, le problematiche maggiori vengono eliminate, ma è proprio a causa della bassa qualità di queste chiocciole che noi non cresciamo. Abbiamo un pontenziale di crescita uguale all'80%». E questo perché, va ricordato, la chiocciola metodo Cherasco è realmente più buona rispetto alle altre sul mercato.



La chiocciola di Cherasco e le prospettive
«La Chiocciola metodo Cherasco è un'Helix Aspersa», la più diffusa della fascia mediterranea. Tre le razze di questa chiocciola più utilizzate, la Aspersa Müller, la Aspersa Aspersa e la Aspersa Maxima. «Questa chiocciola è alimentata naturalmente è sprigiona in tavola un grande gusto. Quello che facciamo è toglierle il sapore di terra alimentandola con cavoli, biete, girasoli, zucche e carote».

La carne della chiocciola di Cherasco è leggera e il gusto è autentico. È dietetica, ricca di proteine e povera di grassi. La tradizione piemontese è perfetta per esaltarne la delicatezza e il gusto erborinato.

Questa cultura non è cosa da poco. Anche soltanto il nome corretto, secondo Sampò, è determinante: «Non è lumaca, ma chiocciola: se vogliamo realmente avviare una conquista dei mercati internazionali, il nostro prodotto deve essere chiamato con la denominazione corretta, chioccola. Così facendo potremo iniziare a "dare fastidio alle escargot francesci"». Il direttore dell'Istituto internazionale di elicicoltura di Cherasco ha messo in evidenza un valido esempio, a supporto di questa prospettiva: «La parola lumaca non è detto piaccia a tutti se presentata all'interno di un menu, ma se io propongo per cena un piatto ad esempio di cozze, vongole e chioccole, lo rendo più intrigante. La parola chiocciola, anche a livello di marketing, spinge il cliente a consumarla. Ecco perché io dico che il futuro è proprio la chiocciola».

E proprio per questo futuro, «abbiamo in cantiere un grande piano di sviluppo, un grande piano per valorizzare i nostri terreni, arricchendo le nostre cucine con un prodotto di alta qualità e con proteine importanti». Proteine i cui costi di produzione sono decisamente più bassi di quelli da carne bovina, in assenza di qualunque tipo di inquinamento.



Il 13° Festival della chiocciola, numeri da record
I quattro giorni del 47° Incontro internazionale di elicicoltura e del 13° Festival della chiocciola in cucina hanno permesso di riscoprire l'animale che pian piano sta conquistando consumatori sempre più esigenti, informati e attenti. E per quest'edizione i numeri sono stati da record: 20mila visitatori (10mila nella sola giornata di domenica), rappresentanti di 28 Paesi del mondo, 15mila mq di tensostrutture montate, 846 partecipanti alla giornata informativa del sabato, 250 al convegno della domenica. Nel padiglione gastronomico si sono sedute 3.700 persone.

La Chiocciola metodo Cherasco infatti si sta con il tempo rivelando protagonista di una rivoluzione agricola e gastronomica, una materia prima d'eccellenza che permette agli agricoltori di diventare veri e propri imprenditori.

Il 28 settembre era stato tagliato il nastro di Expochiocciola, una piazza dove degustare prelibatezze culinarie e godere di pranzi e cene di alta gastronomia, scoprendo allo stesso tempo l'incredibile versatilità della chiocciola. Poi convegni, momenti informativi e visite agli allevamenti di chiocciole della zona hanno trasformato questi quattro giorni in una vera full immersion dentro questa realtà in ascesa. Non sono mancati nemmeno laboratori di cucina e di abbinamenti food and beverage per adulti e bambini.

Un'attività che non poteva non richiamare l'attenzione di chi è interessato allo sviluppo economico del territorio. «Noi le chiamiamo chiocciole non è soltanto un interessante e importante appuntamento di alta gastronomia - ha ad esempio detto Gianluca Lingua, vice responsabile commerciale di Banca di Cherasco - ma rappresenta l'elicicoltura 2.0, una rivoluzione di innovazione e sostenibilità». «Siamo orgogliosi - ha detto per sua l'assessore al Turismo e al commercio della città di Torino Alberto Sacco - di essere stati scelti come ambasciatori per annunciare a Torino questo Festival che sposa in pieno la nostra filosofia: portare Torino e il Piemonte ai primi posti della classifica gusto e qualità enogastronomica nel mondo».

Per informazioni: www.istitutodielicicoltura.it

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