Le Carni del Bosco Sant’Uberto: buone, sane e nutrienti
In località Pizzano, a Monterenzio, in provincia di Bologna, si trova una realtà nata 15 anni fa con lo scopo di lavorare carni italiane provenienti da fauna selvatica da pelo, cioè cervi, cinghiali, daini e caprioli
La location è quella meravigliosa delle colline bolognesi. Il territorio è quello di Monterenzio, nella valle dell’Idice. Qui, in località Pizzano, ha sede l’azienda “Sant’Uberto Le Carni del Bosco”, una realtà nata una quindicina di anni fa, con lo scopo di lavorare carni italiane provenienti da fauna selvatica da pelo, cioè cervi, cinghiali, daini e caprioli. Carni dalle eccezionali proprietà organolettiche che gli animali d'allevamento non hanno.
Oggi la società, dispone di un impianto di macellazione all’avanguardia, certificato per la lavorazione delle carni degli ungulati selvatici, che trasforma circa 3 tonnellate di carne a settimana, per una totale di seimila capi all’anno.
Gli animali provengono esclusivamente dalla “caccia di selezione” in territorio 100% Italiano. Il cacciatore subito dopo l’abbattimento deve collocare l’animale in una “cella di stazionamento” per consentirne il ritiro, in condizioni ottimali, da parte dei mezzi refrigerati dell’azienda Sant’Uberto.
I singoli capi che arrivano in azienda vengono lavorati con cura artigianale per mantenere integre le qualità delle carni e le loro caratteristiche nutrizionali: si inizia con la frollatura per garantirne la tenerezza, poi si passa all’abbattitore a -30°C ed infine si prosegue con la lavorazione, il porzionamento e lo stoccaggio sottovuoto delle singole confezioni che vengono conservate in cella frigorifera a -20°C pronte per essere commercializzate.
Sant’Uberto: una storia iniziata 60 anni fa
Il cammino dell’azienda è cominciato nel lontano 1963 quando il fondatore Valter Aleotti per valorizzare l’unicità delle colline bolognesi diede vita ad una riserva protetta compatibile con il territorio. Oggi la realtà, trasformata in bioagriturismo, è guidata da suo figlio Roberto, la seconda generazione, assieme alla moglie Lucia Santini.
La vasta tenuta Sant’Uberto, di un migliaio di ettari, comprende un’azienda agricola biologica, numerosi ettari di bosco di castagno, due laghi naturali, un orto, un centro di controllo della fauna selvatica e un agriturismo con 12 camere.
Proprio Roberto una quindicina di anni fa si rese conto che era arrivato il momento di “dare valore” alle carni degli ungulati selvatici presenti nei boschi attorno alla sua tenuta e renderle fruibili al grande pubblico attraverso una lavorazione corretta e certificata. Assieme alla moglie Lucia ed all’amico e collega Salvatore Arcidiacona ha dato vita alla “Sant’Uberto Le Carni del Bosco”, una società che ha ottenuto nel 2005 il riconoscimento del Bollo CE per la lavorazione e produzione di alimenti di origine animale. Poi in stretto raccordo con l’Azienda Sanitaria di Bologna ha messo a punto il modo corretto della lavorazione di questa carne eccezionale ricca di Omega 3, di ferro e poverissima di grasso.
Proprietà organolettica e nutrizionale della selvaggina
Le qualità ed i valori nutrizionali della carne di cinghiali, daini, caprioli e cervi che vivono allo stato brado, in un ambiente naturalmente biologico, sono state illustrate nella sede dell’azienda da Susanna Bramante, consulente della nutrizione e divulgatrice scientifica. «La carne selvatica è una risorsa rinnovabile e sostenibile – ha detto la dottoressa Bramante - naturalmente biologica a impatto zero, con un incomparabile valore nutrizionale e qualità organolettiche uniche».
Lo stato brado dell'animale, in continuo movimento, garantisce la totale naturalità della nutrizione. Questo conferisce alla carne un basso contenuto di grassi e un alto valore di vitamina B12 e B3.
«Infatti – ha continuato la nutrizionista – gli animali sono liberi nel loro ambiente naturale e si cibano delle essenze spontanee che trovano e che più preferiscono. Ciò abbassa il contenuto di grassi ad un quarto rispetto a quello delle carni tradizionali. Il muscolo è molto ossigenato e la carne risulta ricchissima di ferro, ma anche zinco, selenio, calcio, magnesio e rame. Gli acidi grassi polinsaturi, omega 3 benefici, sono presenti in genere in un contenuto cinque volte superiore rispetto alle carni allevate. Sono presenti tutte le vitamine del gruppo B».
La carne di selvaggina è più etica rispetto a quella da allevamenti intensivi
La carne di selvaggina è infinitamente più etica e salubre della carne di allevamenti intensivi: non subisce trattamenti farmacologici e garantisce una riduzione della produzione di CO2 limitando così l’impatto ambientale negativo dovuto alle produzioni zootecniche
«Le nostre carni– hanno spiegato Lucia Santini e Salvatore Arcidiacona – sono caratterizzate da una filiera cortissima, dal bosco al piatto. Hanno un gusto saporito, intenso e deciso. Sono perfette per cucinare piatti di raffinata prelibatezza. Ottimi anche i salumi di cinghiale e di cervo e capriolo. Da provare anche “Selvaggia” la mortadella artigianale di cinghiale, 100% gluten free».
Il progetto è stato messo a punto assieme ai veterinari dell’Azienda sanitaria di Bologna e grazie alla regolamentazione della “caccia di selezione” attuata dalla Regione Emilia Romagna.
I controlli ASL sui Centri di lavorazione della selvaggina
«Nel territorio bolognese in particolare quello collinare - ha detto Giulia Lalinga medico veterinario dell’Asl di Bologna – la presenza sempre più significativa di animali selvatici impone il controllo assiduo di ogni anello della filiera, dal cacciatore ai centri di lavorazione con traccaibilità dei capi abbattuti. Ciò per garantire che quando un alimento di origine animale finisce nel piatto sia sicuro e non porti malattie a chi lo consuma. Il primo anello è il cacciatore, che deve seguire specifici corsi di formazione per essere, nel bosco, una sorta di “telecontrollore” in grado di distinguere le tipologie di animali che incontra e valutare se siano o meno sani ed agire di conseguenza. Molto importante è la refrigerazione dell’animale che deve iniziare in un breve lasso di tempo dopo l’abbattimento. Fondamentali anche i Centri di lavorazione della selvaggina, strutture in possesso di riconoscimento comunitario e quindi in grado di garantire l’utilizzo di locali ed attrezzature idonei».
«Il nostro obiettivo – ha concluso l’altro titolare Roberto Aleotti - è mettere a disposizione della clientela, che va dal privato, al ristoratore, al macellaio, tutta l’esperienza che l’Azienda riesce a esprimere in termini di altissima qualità di prodotto e di lavorazione. Le nostre gustosissime carni provengono solo da territori boschivi italiani controllati e sono disponibili in tutti i periodi dell’anno. Surgelate con abbattitori di calore e confezionate sottovuoto, conservano inalterati i loro sapori genuini. Come quelli che andremo ora ad assaggiare».
Infatti a conclusione dell’incontro, Gianluca Rienzi giovanissimo chef del Ristorante “I Portici” di Bologna assieme al suo vice Daniele Bertuzzi, con la collaborazione della cuoca di casa, hanno deliziato i presenti con un menu a base di selvaggina. Davvero molto apprezzato.
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Alberto Lupini