Un 2020 senza paure per il caviale di Calvisano, che piace anche ai russi

Nonostante la chiusura dell'Horeca, il brand Calvisius è riuscito a non perdere terreno a causa della pandemia. Fondamentali export (soprattutto negli Usa) e Gdo. Motivo? «La qualità di casa nostra non ha paragoni»

21 luglio 2021 | 12:29
di Renato Andreolassi

Vendere caviale e storione al tempo del Covid non è stata - ed è - impresa facile. A Calvisano, patria dell'italico Calvisius e dell'Agroittica che lo commercializza, ci sono riusci! Anzitutto negli Stati Uniti, e poi nella rete della  grande distribuzione. Richiesti tanto il "Siberian" Classico, quanto il "Tradition" Royal, l'intramontabile "Beluga" Royal e soprattutto la tradizionale linea degli affumicati.

 

Nell'anno della pandemia, il caviale ha retto nella grande distribuzione e all'estero

«Il canale Horeca, purtroppo, è stato un disastro. Le catene dei super invece - dice il direttore commerciale Stefano Bottoli - hanno retto bene, soprattutto nel periodo delle grandi festività». Ancor più interessanti i mercati esteri dove sono state molto richieste le uova di caviale e le carni del pesce allevato nelle 110 vasche della bassa bresciana. «In particolare negli Usa - rimarca il direttore generale Carla Sora - i nostri prodotti sono stati apprezzati». Insomma, per il caviale Made in Italy la pandemia non ha  provocato - seppur con qualche normale flessione - particolari criticità, anzi. Anche perché la qualità di casa nostra non ha paragoni, come hanno ammesso pure i russi, padri nobili dello storione che dà le prelibate uova prodotte da ben 27 specie.

 

Da Calvisano al mercato nazionale del caviale vince la naturalezza

Una curiosità, il peso del pesce può variare: da pochi chili fino a 2/3 quintali, come gli esemplari che abbiamo visto nell'acquario aziendale di Calvisano (che possono raggiungere in casi eccezionali anche una tonnellata). E mediamente hanno 20-25 anni di vita. Va ricordato che l'Italia e la seconda produttrice mondiale di caviale, con 90 tonnellate all'anno, alle spalle della Cina che a differenza nostra però ibrida i pesci. La produzione mondiale è di 450 tonnellate annue, per un giro d'affari di circa 500 milioni. «Noi non facciano ibridi - sottolinea Sora - tutta la nostra produzione è naturale. Abbiamo fatto una scelta di fondo, nel pieno rispetto delle biodiversità. L'acqua è un bene prezioso che tuteliamo e che sgorga copiosa dalle risorgive della pianura bresciana con i giusti sali minerali. Fino a qualche anno fa avevamo l'oro in casa, e non lo sapevamo».

 

Il segreto sta nell'acqua

Grazie all'acqua e al calore prodotto dalle vicine acciaierie di Calvisano della famiglia Pasini, nel 1998 è iniziata l'avventura bresciana. Idea geniale di Giovanni Tolentini. Sfruttando tanta acqua (calda) e tanto calore prodotto dalle torri di raffreddamento sono state create le prime vasche, allevando prima anguille (poi abbandonate perché troppo difficile la riproduzione) e poi lo storione bianco. Sette le specie oggi presenti negli impianti dell'Agroittica. Pesce sostenibile lo storione, che però ha bisogno di notevoli investimenti e tempi lunghi per crescere e riprodursi a partire dai 5 anni quando avviene il sessaggio. Una grande risorsa, che non dà solo un bene di lusso, come il Caviar tradizionale prestige. Lo abbiamo gustato sugli spaghetti freddi al nero, al Castello Malvezzi magistralmente preparati dallo chef stellato Alberto Reboldi. Insuperabili.


 

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