Chissà se Simona, una carriera a Milano nella moda, si sia innamorata prima dei vecchi alberelli di zibibbo oppure di Fabrizio Basile, pantesco doc che ha deciso di ristrutturare i locali di un’antica falegnameria spagnola nella storica contrada Bukkuram, a tre chilometri dal mare, per farne una cantina e un luogo dove accogliere amici e ospiti venuti a visitare l’isola.

Cantina Basile, i vini nascono sul mare
Ma quella della cantina Basile è anche la storia dell’amore per una terra: Pantelleria, conosciuta anche come perla nera del Mediterraneo o Isola del Vento per le sue rocce vulcaniche color nero pece e per un vento costante che tiene il cielo sempre libero dalle nuvole. Geograficamente molto più vicina all’Africa, Pantelleria è la più grande e la più occidentale delle isole della Sicilia.
Vulcanico, intraprendente, spesso controcorrente, ma sempre fedele a se stesso,
Fabrizio Basile è un vignaiolo che non ha mai smesso di investire sulla qualità dei suoi vini, senza prostrarsi passivamente alle richieste del mercato o alle mode del momento.
“Il vino si fa in vigna” recita un antico detto. E questo Fabrizio lo ha imparato dal padre e dal nonno che hanno curato i loro vigneti fin dai primi decenni del secolo scorso. Sapevano come lavorare la terra, conoscevano l’influenza delle condizioni meteorologiche sulla qualità del raccolto, l’importanza dell’esposizione al sole e della protezione dal vento che spesso soffia prepotente sull’isola.
Le bottiglie dell'azienda
Nasce così il desiderio di intraprendere la strada del vino, con la produzione e la trasformazione delle proprie uve. Dopo la ristrutturazione del settecentesco “dammuso”, tipica abitazione di Pantelleria, il “sogno” comincia a prendere piede. E finalmente nel 2006 avviene la prima vinificazione. Oggi la cantina produce 50mila bottiglie con raccolta dell’uva e imbottigliamento fatto nell’isola.
Accanto a lui Simona, oggi sua moglie, che decide di mollare tutto per seguire Fabrizio. A Milano si occupava di moda, prima per Valentino e poi per una camiceria di Napoli. Nel 2004 lascia la città e si trasferisce definitivamente nell’isola.
Agrumi canditi, dattero, fico secco e caramello. Questi e molti altri i profumi racchiusi in un bicchiere di passito di Pantelleria. Come il finale lungo, persistente e fresco, che regala nuove note di cacao, menta e una bella sensazione salina. Ma Fabrizio, che con il Passito di Pantelleria Dop “Shamira” 2009 è stato l’unico italiano ad aver vinto la gran medaglia d’oro al concorso “Mondial des vins extrêmes” 2016, sta sperimentando qualcosa di diverso: un passito maturato all’aperto in una botte scolma di castagno. «Qui senti proprio Pantelleria, senti il sulfureo - spiega -. Lo chiamo vino dei pirati perché te ne basta poco. Quest’anno usciamo con la prima annata. Verranno fuori meno di 500 bottiglie».
Tempo di vendemmia
Ci spostiamo in mezzo agli alberelli di zibibbo dove, a 150 metri in linea d’aria dal mare, troviamo il cabernet franc più a sud d’Italia, prima di fare tappa in cantina dove c’è ancora l’etichettatrice a mano. «L’ho fatta io ed è ancora attiva anche perché qualche bottiglia la etichettiamo ancora così. Fino a 6-7 anni fa etichettavamo tutto a mano».
In questi giorni inizia la vendemmia e per l'«oro giallo» di Pantelleria sarà presto tempo di bilanci. «Faccio parte del consiglio di amministrazione del Consorzio Volontario di Tutela e Valorizzazione dei vini a Doc dell’Isola di Pantelleria (promotore della tutela della pratica agricola della Vite ad Alberello di Pantelleria in sede internazionale e culminata con la sua iscrizione nel registro dei Beni immateriali dell’umanità Unesco). Una cosa che andrò a proporre è l’introduzione della menzione riserva. Ed entro fine anno voglio creare un’associazione di vignaioli di Pantelleria per differenziarci da tutti coloro che imbottigliano in Sicilia. È arrivato il momento di cominciare a distinguerci e di fare qualcosa che sia diverso dalla solita Doc», conclude Basile.