In Piemonte, nelle Langhe, c’è un piccolo comune con meno di 600 abitanti chiamato Verduno che forse deve l’origine del proprio nome ai Celti, antico popolo cui è attribuito un proverbio che più o meno recita così: «La morte è la metà di una lunga vita». Il commendator Giovan Battista Burlotto, pioniere verdunese del Barolo, non è più tra noi e forse non aveva origini celtiche ma i suoi eredi non hanno mai abbandonato la coltivazione del Pelaverga Piccolo. Soprattutto grazie alla famiglia Burlotto, il Verduno Pelaverga si è affermato nel tempo ottenendo la Doc nel 1995.

Vista sul borgo di Verduno nelle Langhe
Il “Piccolo” Pelaverga nelle Langhe del grande Nebbiolo
In una soleggiata giornata settembrina, i 17 viticoltori dell’associazione “Verduno è Uno” si sono dati appuntamento al Castello di Verduno con molti amici e a una nutrita rappresentanza di giornalisti, per degustare insieme l’annata 2024 e festeggiare il trentennale di una denominazione che interessa anche i comuni limitrofi di Roddi e La Morra. Diego Morra - produttore e presidente dell’associazione - e Sergio Germano - presidente del Consorzio di tutela dei vini di Langa - hanno ribadito l’impegno atto a garantire spazio e cura al Pelaverga, vitigno raro e dalle caratteristiche uniche che si fa spazio in una terra tradizionalmente vocata al Nebbiolo: nella Mga Monvigliero di Verduno c’è un cru di Barolo, infatti.

Un grappolo di Pelaverga
Dai circa 34 ettari di vigneti di Pelaverga Piccolo, nel 2024 si sono prodotte più di 230mila bottiglie di Verduno Pelaverga Doc. Si pensi che a metà del secolo scorso la produzione di G.B. Burlotto insieme a pochi altri viticoltori si era ridotta a un migliaio di bottiglie l’anno di Pelaverga.
Il premio a Ian D’Agata e il rotundone
Nel convegno svoltosi nelle antiche Cantine del Municipio si è ripercorsa la storia della denominazione, cogliendo l’occasione per premiare l’appassionato lavoro di promozione del Pelaverga svolto dal noto divulgatore italo-canadese Ian D’Agata - genuino estimatore dei vini italiani -, personalmente insignito del titolo onorifico di “Araldo del Verduno”. Protagonisti dell’evento anche l’ex sindaca di Verduno Renata Salvano - che nel 1995 diede un impulso determinante per l'ottenimento della Doc -, il giornalista Giancarlo Montaldo e Maurizio Petrozziello, ricercatore del centro di viticoltura ed enologia Crea-Ve di Asti. Quest’ultimo ha trattato con particolare attenzione il tema del rotundone, il composto chimico cui si devono le caratteristiche note pepate e speziate del Pelaverga.

La premiazione di Ian D’Agata
L’incontro è stato moderato dal sommelier e formatore della Barolo & Barbaresco Academy Sandro Minella, che ha anche guidato la degustazione dei Verduno Pelaverga 2024 prodotti dagli associati di “Verduno è Uno". L’annata è stata caratterizzata da pioggia, caldo (che ha influito sui sentori di pepe, poco marcati), vendemmia tardiva e basse rese. Abbiamo ritrovato delicati profumi tipici e piacevoli di chiodo di garofano e cannella in molti vini, con particolare equilibrio nel sorso dei Verduno di Poderi Einaudi, I Brè, G.B. Burlotto (gradevole persistenza) e F.lli Alessandria (bella mineralità). Questi i 17 Verduno Pelaverga Doc in degustazione:
- Bel Colle
- I Brè
- Comm. G.B. Burlotto
- Cadia
- Castello di Verduno, “Basadone”
- Morra Diego
- Fratelli Alessandria, “Speziale”
- Gian Luca Colombo
- Poderi Roset
- Poderi Luigi Einaudi
- Ramello Gianni
- Reverdito Michele
- San Biagio
- Scarpa
- Sordo Giovanni
- Cantina Massara
- Arnaldo Rivera, “SuiCristalli”

Le 17 etichette in degustazioni
Non si è bevuto solo Pelaverga per festeggiare i 30 anni della Doc. Nel pranzo conviviale ospitato nelle sale del ristorante del Castello, i viticoltori di “Verduno è Uno” hanno messo a disposizione anche gli altri vini di loro produzione, tra cui 18 Barolo. L’etichetta celebrativa del trentennale, dal titolo “Una volta qui c'era il mare” (riferimento a più di cinque milioni di anni fa), è stata disegnata da Elisabetta Buglioni di Monale, che gestisce il Real Castello curando la struttura ricettiva e le iniziative artistiche; sua sorella Alessandra si occupa invece del ristorante. Da autorevoli discendenti di Giovan Battista Burlotto, le due giovani donne testimoniano e garantiscono la sua lunga vita.