Negli Usa, nell’ultimo quinquennio, il prezzo dei vini fermi imbottigliati importati è cresciuto di quasi il 10% e, se si fa riferimento alle vendite off-trade, il posizionamento dell’Italia è tra i più alti.
È stato presentato a tale proposito presso la sala stampa Esteri, a Roma, uno studio condotto dall’Istituto Grandi Marchi in collaborazione con Nomisma Wine Monitor su “posizionamento, evoluzione e prospettive per i vini italiani di alta qualità nel mercato statunitense”.

La mission è di individuare i fattori che definiscono un “fine wine” ed i modelli che guidano il consumo di questi vini, nonché di comprendere il posizionamento dell’Italia in questo particolare segmento di mercato statunitense. Lo studio condotto ha visto intervistare circa a 2.400 persone nei 4 Stati federali maggiori importatori di vino del bel paese: New York, Florida, New Jersey e California. La quota italiana per l’importazione di vino negli States è salita negli ultimi dieci anni dal 31% al 34% per i vini fermi e al 32% nel caso degli spumanti.
Ma una volta individuato un fine wine, quali sono i criteri che determinano la scelta di un vino piuttosto che di un altro, per il consumatore americano? Ebbene, il 54% preferisce vini di produttori noti, il brand ha la sua importanza, il Made in Italy riscuote molto successo e le denominazioni e le regioni di appartenenza di un vino possono essere determinanti.
Proprio in riferimento a questi numeri
Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor dice: «Basti pensare che nel corso dell’ultimo quinquennio, il prezzo dei vini fermi importati negli Stati Uniti è cresciuto di quasi il 10%, passando da 5,32$/litro a 5,82$/litro, così come nel corso dell’ultimo anno, le vendite di vini fermi nel canale off-trade con prezzo superiore a 20$ a bottiglia sono cresciute di quasi l’8%, contro il 2,4% dei vini con prezzo inferiore».
Ovviamente, questi numeri ci impongono alcune riflessioni. La prima è su come si identifica un fine wine e quali devono esserne le caratteristiche; poi, bisognerebbe comprendere come e da chi il consumatore medio americano viene maggiormente influenzato nel riconoscimento di tale vino. È emerso, infatti, che i fattori determinanti sono quattro: qualità organolettiche, brand, prezzo e opinioni su guide, social e riviste specializzate.
Piero Mastroberardino, presidente dell’Istituto Grandi Marchi afferma: «I dati raccolti indicano la via maestra al vino italiano: la tendenza positiva deve farci lavorare alla ricerca del giusto posizionamento di pregio per il nostro prodotto, lavorando sempre più per la crescita del valore, perché i volumi discendano da un corretto approccio al valore e non da una logica di price competition» ed ancora «Il primato sui volumi non può essere un tema da celebrare a prescindere, dato che i volumi senza il valor portano allo sgretolamento della filiera per mancanza di capacità di remunerare gli investimenti effettuati». Non vi è dubbio che i fine wines possano essere utilizzati da volano per tutti gli altri prodotti e lanciare l’ennesima sfida per promuovere il Made in Italy di qualità.