Bianca, friabile, intensa. La Feta è più di un formaggio: è un simbolo identitario della Grecia, un ingrediente che racconta secoli di tradizione pastorale e una versatilità che ha conquistato le cucine di tutto il mondo. Dal 2002 è tutelata come Dop dall’Unione Europea, ma la sua storia affonda le radici in un tempo ben più remoto, tra le colline dell’Epiro e i pascoli della Tessaglia. Il nome feta deriva dall’italiano “fetta”, un retaggio della dominazione veneziana nel Mar Egeo.

La Feta, un formaggio antichissimo ma molto duttile
Le prime testimonianze e la tecnica di produzione
Ma la sua origine è greca fino al midollo. Le prime tracce scritte risalgono all’VIII secolo a.C., quando Omero, nell’Odissea, descrive il ciclope Polifemo intento a conservare formaggio di latte ovino in otri di pelle. È il primo riferimento noto a una tecnica di salagione e stagionatura che, nel tempo, si sarebbe affinata fino a diventare quella della Feta moderna: un formaggio a pasta semidura ottenuto da latte di pecora o da una miscela con latte di capra (fino al 30%), coagulato con caglio animale, salato e immerso in salamoia per la maturazione. Oggi la denominazione “Feta DOP” è riservata esclusivamente al prodotto realizzato in specifiche regioni della Grecia - Macedonia, Tracia, Epiro, Tessaglia, Grecia Centrale, Peloponneso e Lesbo - con latte proveniente da razze locali allevate al pascolo.
Caratteristiche sensoriali e usi nella cucina greca
La Feta si distingue per la sua struttura compatta ma friabile, il colore bianco puro e il sapore equilibrato tra acidulo e salato. In Grecia si consuma in ogni modo: nelle insalate (la celebre choriatiki), nei saganaki (fette di formaggio fritte e servite calde), nei pita (sfoglie di pasta fillo con ripieni di verdure o spinaci), o semplicemente con un filo d’olio d’oliva e origano.
L’utilizzo della Feta nella ristorazione professionale
Nelle cucine professionali la Feta è oggi un ingrediente di straordinaria duttilità. La sua sapidità naturale consente di ridurre l’uso del sale nei piatti, il suo equilibrio di acidità la rende ideale per bilanciare componenti grasse o dolci. Funziona nelle insalate mediterranee, nelle torte salate e nei piatti di pasta, ma anche come contrasto fresco in piatti di carne bianca o di pesce. Gli chef più curiosi la utilizzano anche in chiave contemporanea: sbriciolata su gazpacho di pomodoro giallo, grigliata per un antipasto gourmet, o montata in crema con yogurt greco per accompagnare crudité o carpacci di verdure.

Feta in un'insalata di barbabietole, un piatto fresco
Stagionatura, tipologie e corretta conservazione
Una Feta autentica non si presenta mai uniforme: le piccole fessurazioni e la leggera friabilità sono indice di lavorazione tradizionale. La salamoia, in cui la Feta matura per almeno due mesi, non è solo conservante ma parte integrante del profilo aromatico: contribuisce alla sua acidità e alla tenuta in bocca. Esistono due tipi di Feta a seconda della stagionatura: quella “morbida”, più cremosa e delicata, e quella “dura”, più asciutta e sapida, ideale per grattugiare o cuocere. Per una conservazione ottimale, va mantenuta immersa nella sua salamoia fino al consumo.
La nuova stagione della Feta nella gastronomia globale
Nel panorama gastronomico attuale, la Feta vive una seconda giovinezza. La crescente attenzione verso le cucine mediterranee e le diete plant-based la rende protagonista non solo nei piatti greci tradizionali ma anche in reinterpretazioni globali: dalle bowl con cereali e legumi alle focacce gourmet, fino alle versioni fusion con spezie mediorientali o marinature asiatiche. È un ingrediente che “fa piatto” anche in piccole dosi: un accento sapido e aromatico che valorizza la materia prima, perfetto per ristoratori e chef che cercano autenticità senza rinunciare alla creatività.