Mentre grandi cuochi in tutto il mondo scelgono di rinunciare ai giudizi delle Guide, TripAdvisor si consolida come realtà leader nell'inganno e nella truffa, a danno sia dei ristoratori che degli utenti.
Che le stelle Michelin non facciano più la differenza come un tempo, è ormai accettato dai più. Anche dalla stessa guida rossa che ora tenta di sopravvivere al crescente disinteresse verso queste formule con le incursioni nel terreno della pubblicità a pagamento per “segnalare” gli stessi locali che ha recensito (ma stavolta senza graduatorie...). E sarà forse per questo che qualche grande cuoco di fama internazionale - ancora pochissimi in verità - come il francese
Sébastien Bras o
Andre Chiang, rinunciano alle tanto ambite 3 stelle per proseguire con meno condizionamenti nella loro ricerca in Cucina.
Ciò non significa però che un qualche orientamento rispetto a ciò che vale davvero o meno nei ristoranti ci possa venire dai siti farlocchi dove gli algoritmi (condizionati da chi paga per le recensioni) stilano classifiche che, per usare un detto comune, fanno ridere i polli.
Al di là di come si possa giudicare un portale che come
TripAdvisor ha costruito le sue fortune sull’imbroglio degli utenti, lasciando drogare le classifiche di gradimento con recensioni prezzolate e anonime, stupisce che lo stesso Gufo che assegna certificati di eccellenza con almeno 4,5 pallini su 5 al 98% dei locali registrati (spesso contro il volere dei gestori) si permetta di stilare anche
classifiche sulla “raffinatezza” in una pretesa graduatoria di ristoranti di lusso. Una top ten 2017 che pur in presenza di locali dove realmente si può trovare l’eccellenza vera (ma ne mancano tantissimi) figurano delle “sole” clamorose che solo la stupidità di un algoritmo, associato all’assenza dei controlli e all’ignoranza del settore, può giustificare.
Come Italia a Tavola
cerchiamo di tutelare ogni tipo di attività di ristorazione od ospitalità, e non ci interessano le stelle o i riconoscimenti. Ciò su cui non accettiamo compromessi è però la categoria di appartenenza. Non si possono comparare le patate coi funghi porcini. Con molte spezie e tanta voglia di imbrogliare si possono fare passare melenzane per funghi, ma le patate no. E invece è ciò che TripAdvisor cerca di fare con una classifica dove a fianco di Don Alfonso, Da Vittorio e La Pergola si trova il Ristorante Ensama Pesce di Sala Bolognese (Bo), dove si mangia bene ma a livello di migliaia di altri locali in Italia...
Questo è il frutto di
recensioni non controllate, false, scritte
senza scrupolo o competenza, o addirittura
comprate, senza quindi alcun merito particolare. Chi le seleziona non è un esperto di cucina, ma un algoritmo, pura informatica. Eppure - e qui casca l’asino - il Gufo è attentissimo a che nessuno scriva male di lui. Al punto che dal sito di TripAdvisor e persino da Google è in grado di
fare sparire le pagine dei suoi profili ufficiali quando qualche buontempone scrive dei commenti negativi sull’attività di recensione. In quel caso le censure e i controlli sono accuratissimi. Al ristorante che non ha mai fatto pizze e che si trova con recensioni che contestano le sue “margherite”, invece, TripAdvisor non degna alcuna attenzione e lascia che locali come questo siano sputtanati a vita. Forse ha ragione
Chef Rubio quando definisce questo sito come un «male del sistema».