Dunque, si può fare. Cancellare una pagina sia da Google che da TripAdvisor, con recensioni allegate e postate dagli utenti del web, è possibile, il che non dovrebbe essere una notizia ma, ahinoi, lo è visto che il caso che è accaduto tre giorni fa rappresenta un “unicum” e arriva dopo numerose polemiche.
La notizia però assume tinte ben diverse se la si approfondisce e cambia da un certo punto di vista perché il “locale” che è stato rimosso da Google e che non ha passato l’iscrizione al “Gufo” si chiama “TripAdvisor Head Quarters”. L’esperimento è stato messo in atto da uno dei tanti protagonisti del mondo della ristorazione e dell’accoglienza che hanno
deciso di dichiarare guerra aperta a TripAdvisor, esausti per i continui tentativi di rimuovere o far “rettificare” le
recensioni fasulle postate sul portale che tanto male stanno facendo al settore. J.D., queste le iniziali del protagonista, ha provato ad aprire una pagina chiamata appunto TripAdvisor Head Quarters sia su Google che sullo stesso portale invitando poi alcuni gruppi di altri “combattenti” a recensire negativamente il “locale” da un lato per screditarlo (cosa è diventata una sorta di gara per molti stupidi del web), dall’altro per vedere cosa sarebbe accaduto: lo avrebbero mantenuto online o rimosso?
Da qui la svolta a questa vicenda perché neanche 24 ore dopo la pagina è stata rimossa improvvisamente da Google mentre TripAdvisor non ha accettato la richiesta di registrazione sul proprio sito con relativa cancellazione, ovviamente, del fiume di recensioni negative che era stato postato. È stata anche inviata una mail a J.D. da parte del Gufo in cui si spiega che “alcune volte le richieste sulla posizione non risultano conformi al nostro regolamento e non possono essere applicate”.
Dunque, TripAdvisor è vivo. Dunque è una realtà che si muove e ha un’anima, dietro alla quale ci sono persone che scientemente decidono cosa fare, non c’è un computer e una serie di algoritmi che da soli decidono l’andamento del portale, mettono in ordine le recensioni e stilano classifiche di gradimento relativamente a questo o quell’altro locale. Dunque qualcosa si può fare, non è vero che cancellare recensioni false - che spesso sono vere e proprie offese - non è possibile. Ora che tutto è decisamente più chiaro tuttavia la situazione che si apre di fronte ai nostri occhi è probabilmente ancor più losca di quanto potevamo immaginare prima, nonostante fossimo già assai contrari a questo sistema che non offre garanzie di correttezza e trasparenza.
Quel che ha chiarito questa vicenda è che i burattinai di TripAdvisor sanno cosa pubblicare e cosa no, sanno cosa lasciare online e cosa bannare, possono oscurare o consentire recensioni - che spesso non si fermano alle offese ma sono diffamazioni, manovrando (e deturpando) di fatto un mercato enorme e illustre come quello della ristorazione e dell’accoglienza. Ancor di più si palesa un altro scenario agghiacciante: in questa guerra di mercato Google - il colosso Google - è un alleato stretto di TripAdvisor e fa spallucce davanti agli utenti che si sono affrettati a chiedere spiegazioni sull’improvvisa sparizione di “TripAdvisor Head Quarters” dal motore di ricerca più importante al mondo rimbalzando le responsabilità ad “altre piattaforme” o linkando statuti e regolamenti che, tuttavia, non sono uguali per tutti.
Insomma il messaggio agli utenti del web è piuttosto chiaro, potete… “gufare” su chiunque ma non sul Gufo stesso, che è il “boss” ed è quindi intoccabile. E Google non è un portale così corretto e indipendente come vorrebbe fare credere. Forse è per questo che in tanti in questi giorni stanno guardando con speranza all’arrivo anche in versione italiana del motore di ricerca Qwant, che non traccia profili degli utenti e resta neutrale rispetto alle abitudini degli utenti.