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Chi decide davvero il prezzo del vino al ristorante? Numeri, ricarichi e nuove regole

Tra costi nascosti, rischio d’invenduto, gestione tecnologica delle cantine, carte dei vini più snelle e clienti sempre più informati, il prezzo del vino non è un capriccio del ristoratore ma il risultato di un equilibrio delicato. Sommelier divisi sul servizio al calice, nuovi modelli di ricarico più etici e strategie di selezione mirata stanno ridisegnando la wine economy della ristorazione italiana

Mauro Taino
di Mauro Taino
Redattore
10 dicembre 2025 | 05:00
Chi decide davvero il prezzo del vino al ristorante? Numeri, ricarichi e nuove regole

Il vino non costa troppo: costa quel che costa gestirlo. E questo, spesso, il cliente non lo vede. La bottiglia che arriva in tavola sembra un semplice piacere, ma è in realtà un piccolo concentrato di costi: capitale immobilizzato, rischio di invenduto, cristalleria, temperature, formazione, servizio. Ecco perché il prezzo finale non è la copia carbone di quello trovato online: è una scelta strategica che mescola sostenibilità, psicologia del cliente e identità del locale. In mezzo ci stanno ricarichi regressivi, carte brevi, mescite ragionate, tecnologia che divide gli addetti ai lavori e un diritto di tappo che qualcuno ama e qualcun altro non vuole neanche vedere dipinto.

Perché il vino pesa più del cibo

Il prezzo del vino è spesso percepito come eccessivo, anche se rapportato al cibo, ma questa lettura superficiale ignora una serie di costi invisibili che ne giustificano il valore. Ogni bottiglia venduta contribuisce a sostenere struttura della sala, cristalleria professionale, formazione del personale, gestione della temperatura, immobilizzo di capitale in cantina e rischio di invenduto. In tutto il mondo si applica per questo il cosiddetto ricarico regressivo, un principio secondo cui i vini di ingresso hanno percentuali di ricarico più elevate, mentre quelle sui vini iconici sono più contenute. L’obiettivo non è solo economico, ma anche strategico: garantire l’accessibilità delle etichette più comuni e rendere sostenibile la presenza dei vini di pregio. Manuali operativi e letteratura di settore indicano come riferimento ricarichi medi compresi tra 2 e 3 volte il costo retail, con una diminuzione progressiva della percentuale al crescere del valore della bottiglia.

Chi decide davvero il prezzo del vino al ristorante? Numeri, ricarichi e nuove regole

Oscar Mazzoleni, titolare de Al Carroponte

«La mia politica -  dice Oscar Mazzoleni de Al Carroponte di Bergamo e miglior sommlier per la Guida Michelin 2025 - è cercare di far star bene gli ospiti e non farli sentire derubati. Nel momento in cui hai dei prezzi corretti, poco ricaricati, è più facile che il cliente beva due bottiglie. Se invece ricarichi troppo, un cliente si sente un po’ derubato e naturalmente o non beve o dice che i vini hanno troppo ricarico,. E ne beve solo una».

«Il prezzo - aggiunge Paolo Porfidio, miglior sommelier 2023 di Identità Golose e premio “Personaggio dell’anno - Italia a Tavola 2019” nella categoria Sala e Hotel, oggi head sommelier dell’Excelsior Gallia di Milano - varia tanto a seconda della tipologia di ristorante in cui ci si trova, della tipologia di servizio e della carta vini, oltre che del numero di referenze in cantina, oltre che chiaramente anche alla varietà dell’etichetta. Insomma, è difficile parlare di prezzo in maniera assoluta. Chiaramente bisogna essere prima di tutto corretti nei confronti dell’ospite e del cliente, soprattutto in questo periodo dove forse si è esagerato un po’ troppo con i ricarichi. Per cui penso che prima di tutto debba esserci la sostenibilità del ristorante, però con un’attenzione anche nei confronti del vino e dell’ospite».

Quanto si ricarica davvero sul vino

Il prezzo della bottiglia in ristorante si colloca generalmente tra il doppio e il triplo del costo d’acquisto o del prezzo retail. Su etichette rare o iconiche il ricarico in valore assoluto può salire, ma la percentuale tende a ridursi per non oltrepassare la soglia psicologica del cliente, evitando così di compromettere la fruizione del vino di qualità. Diversa è la logica del calice, che permette di proporre vini senza imporre l’acquisto della bottiglia intera. Molte carte applicano un prezzo compreso tra l’85 e il 100% del costo della bottiglia, un criterio che consente di coprire acquisto e cali fisiologici con la vendita di quattro o cinque bicchieri. Questa strategia rende sostenibile la mescita, amplia le possibilità di scelta per il cliente e consente al ristorante una rotazione più efficiente delle referenze.

Ricarico etico: equilibrio tra correttezza e sostenibilità

Non esiste un ricarico universalmente “giusto”, ma è possibile stabilire principi di coerenza, trasparenza e correttezza. Molti ristoranti adottano una fascia considerata equilibrata, con la maggior parte delle referenze posizionate tra +70% e +90% sul costo d’acquisto, mantenendo percentuali più basse sulle etichette di pregio. Questo approccio permette di preservare la fiducia del cliente, stimolare un consumo più consapevole e garantire una rotazione ottimale delle bottiglie, evitando accumuli in cantina e valorizzando le etichette di maggiore interesse.

I segreti del prezzo al calice tra scelta, sostenibilità e tecnologia

Il consumo “by the glass” non è più una scelta di nicchia, ma una pratica diffusa e strutturale. Tecnologie come Coravin hanno reso possibile servire bottiglie di alta gamma senza rischio di ossidazione, consentendo ai clienti di degustare anche etichette pregiate senza dover acquistare l’intera bottiglia. Il risultato è una gestione più efficiente della cantina, una riduzione degli sprechi e una maggiore varietà nell’offerta. Allo stesso tempo, il cliente può costruire percorsi di degustazione più articolati e consapevoli. Questo modello rappresenta un equilibrio tra rotazione del vino, sostenibilità economica e valorizzazione dell’esperienza enologica, senza penalizzare la qualità del servizio.

Chi decide davvero il prezzo del vino al ristorante? Numeri, ricarichi e nuove regole

Paolo Porfidio, head sommelier dell’Excelsior Gallia

«Penso - dice Porfidio - che siano strumenti che hanno cambiato la percezione e soprattutto la possibilità di dare come “vino della casa” anche bottiglie importanti e non solo un vino dalla facile mescita e dal consumo veloce. Per cui sicuramente hanno rivoluzionato il servizio: quindi fondamentale utilizzarli e fondamentale saperli utilizzare, raccontarli, anche perché poi spesso sono fonte di dialogo e di esperienza al tavolo. E quindi assolutamente il sommelier contemporaneo deve conoscere tutti questi sistemi moderni per poterli utilizzare al meglio e giustificare anche dei prezzi di gestione importanti».

Di diverso avviso, invece, è Mazzoleni: «Partiamo da una premessa: sono 11 anni che servo tutto al bicchiere. Quindi oggi sicuramente il servizio al calice deve essere un servizio importante per il cliente e non per te stesso. A mio giudizio il Coravin cambia la dinamica e la vita del vino stesso. Oggi c’è solo un metodo: aprire bottiglie e farle girare». «Quel che uso - aggiunge - è invece il System Perlage con cui vado a saturare di anidride carbonica la bottiglia per evitare dispersione della stessa. Così la mia bottiglia resta gasata e posso servirla per una, due o tre settimane».

Carte brevi e identità del locale: meno bottiglie, più esperienza

Negli ultimi anni si è consolidata la tendenza verso le cosiddette short wine list, composte da venti, trenta o massimo quaranta etichette. Carte più brevi non significano limitazione dell’offerta, ma razionalizzazione: riducono il capitale immobilizzato in cantina, consentono aggiornamenti più frequenti e rendono più chiaro il racconto dell’identità del locale. Un numero contenuto di referenze favorisce la coerenza con la cucina, permette di valorizzare il servizio al calice e offre al cliente una lettura più immediata dell’offerta. La filosofia di fondo è chiara: meno bottiglie, più calici, con l’obiettivo di stimolare rotazione, sperimentazione e consapevolezza nella scelta.

Chi decide davvero il prezzo del vino al ristorante? Numeri, ricarichi e nuove regole

Anche la carta ha un ruolo fondamentale nella determinazione del prezzo del vino

Per Porfidio molto «dipende dalla filosofia del ristorante: se vuole basare tutto - come alcuni locali importanti che conosciamo in tutto il mondo - sulle grandi verticali e sulla grande ampiezza della carta, è sicuramente vincente». Tuttavia chiarisce: «In generale penso che sempre di più si debba ridimensionare la carta vini anche per una sostenibilità generale, in funzione di una maggiore versatilità e di una rotazione più ampia dei vini in magazzino e in cantina. Per cui credo che sempre di più ci si stia allontanando dalle carte con migliaia di referenze per andare verso carte più mirate e più sostenibili». Un punto di compromesso lo offre però proprio Mazzoleni che ha sì una carta dei vini lunga («La nostra vanta 3.500 etichette con quasi 17.000 bottiglie in cantina»), ma che, come detto prima mette comunque tutto alla mescita con l’idea di «dare l’opportunità di bere anche i grandi vini a poco».

Diritto di tappo quando ha senso e quanto chiedere

In Italia il diritto di tappo è una scelta discrezionale del ristoratore e deve sempre essere comunicato con chiarezza. La fee serve a remunerare il servizio, la cristalleria, il decanter e la gestione del vino portato dal cliente. Nei locali informali può oscillare tra cinque e dieci euro, mentre nei ristoranti con sommelier e servizio strutturato può arrivare a quindici-venticinque euro, talvolta ancorata al prezzo della bottiglia più economica presente in carta. La chiave rimane la coerenza con il posizionamento del locale e la trasparenza nei confronti dell’ospite.

«Credo - sottolinea Porfidio - sia legittimo e sia legittima la possibilità di far portare all’ospite una bottiglia a cui tiene particolarmente, purché non sia presente nella carta vini del ristorante. Nel momento in cui io non ho la possibilità di offrire quella determinata bottiglia, allora do la possibilità di far portare questa etichetta direttamente all’ospite. Per cui sicuramente è utile. È chiaro che ci deve essere anche un attimo di criterio da parte del cliente, che non deve portare bottiglie di qualsiasi tipo, ma una bottiglia che abbia un valore personale reale, e non deve essere un modo per bypassare la carta vini del ristorante. Poi è chiaro che ogni ristorante, sul diritto di tappo, può applicare il criterio che preferisce. Anche in questo caso sarà il cliente a giudicare se è valida o meno. Credo sia sacrosanta questa alternativa, sia per il ristoratore sia per il cliente, ma ovviamente va gestita con buonsenso». Di diverso avviso Mazzoleni: «Non l’ho mai applicato e non ho intenzione di applicarlo. Credo che oggi, con i nostri ricarichi, sono in pochi che arrivano a portare delle bottiglie; ma chiunque le vuole portare, lo fa senza nessun problema, basta chiedere l’autorizzazione prima».

Allineare percezione e valore: il vino come esperienza culturale

Il cliente tende spesso a percepire i prezzi come elevati, confrontandoli con quelli online o in enoteca, senza considerare la complessità della gestione. Il ruolo del ristoratore è quello di rendere visibile il valore del servizio: calici specifici per tipologia di vino, temperature corrette, racconto e abbinamento con la cucina, possibilità di mezze bottiglie o calici premium e una carta chiara che racconti l’identità del locale. La vendita del vino non è difensiva, ma consulenziale. Quando il cliente percepisce chiaramente la qualità del servizio e la coerenza dell’offerta, il prezzo diventa comprensibile e giustificato. In questo senso, il vino diventa non solo un prodotto, ma un vero e proprio strumento di narrazione gastronomica e culturale.

Chi decide davvero il prezzo del vino al ristorante? Numeri, ricarichi e nuove regole

Il cliente percepisce la qualità del servizio

«Ormai - analizza Porfidio - i prezzi sono alla portata di tutti, anche online o in enoteca. Oggi chi specula in maniera eccessiva sul prezzo del vino si fa subito notare. Per cui bisogna trovare il giusto compromesso. È evidente che il prezzo online non è mai quello poi riconducibile anche all’hotel o al ristorante, però chiaramente bisogna fare i conti anche con questo aspetto, mentre in passato i prezzi erano esclusivamente, nei ristoranti, alla portata di chi accedeva alla carta vini. Oggi la prima cosa che fai è guardare internet. Per cui bisogna prima di tutto evitare di esagerare».

Trasparenza e comprensione prima della convenienza

In definitiva, il prezzo del vino non lo “decide” un singolo elemento, ma un sistema: costi, servizio, percezione e coerenza. È un patto tra chi versa e chi beve. Quando questo patto è chiaro - carte snelle, ricarichi comprensibili, calici ragionati, narrazione coerente - la discussione sul prezzo svanisce. Resta l’esperienza, che è poi il vero motivo per cui si apre una bottiglia. La nuova regola? Trasparenza e qualità percepibile. È così che il vino smette di sembrare caro e torna a fare ciò per cui esiste: far stare bene il cliente e sostenere, in modo pulito, l’economia del ristorante.

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