Ad Asti, a cento anni dalla sua morte, Federico Martinotti è stato ricordato nella sede astigiana dell’Onav, l’Organizzazione nazionale degli assaggiatori di vino nata proprio nella città piemontese nel 1951. Il convegno è stato moderato dal professor Vincenzo Gerbi, vicepresidente dell’Accademia della Vite e del Vino e presidente del Comitato Scientifico Onav, con gli interventi di Giusi Mainardi direttrice di Oicce Times, Antonella Bosso dirigente tecnologo del Crea-Ve, Andrea Desana presidente del Comitato Casale Monferrato capitale della Doc, Pierstefano Berta direttore Oicce, Enzo Cagnasso professore dell’Università di Torino, Diego Tomasi direttore del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg e Giacomo Pondini direttore del Consorzio Asti Docg.

Federico Martinotti è stato ricordato nella sede astigiana dell’Onav
Chi era Federico Martinotti
La figura dell’enologo monferrino nato nel 1860 può definirsi come quella di un “uomo d'altri tempi” che racchiudeva in sé l’onestà intellettuale e la consistenza di una cultura scientifica. Martinotti fu il padre della spumantizzazione italiana, con particolare riferimento al Moscato d’Asti per ragioni di territorialità; più in generale va menzionato tra i principali studiosi di vino italiani. Laureatosi in chimica e farmacia, Martinotti diventò ricercatore presso la Regia Stazione Agraria di Torino e nel 1901 fu nominato direttore della Regia Stazione Enologica di Asti - oggi Centro di Ricerca Viticoltura ed Enologia -, lui che nel 1895 aveva già brevettato in Italia, Francia e Svizzera un “apparecchio e procedimento per la fabbricazione continua dei vini spumanti”. Si trattava di tre autoclavi di ferro smaltato con l’anima in legno.
Federico Martinotti, studioso appassionato
A noi piace ricordare Martinotti anche per l’amore che nutrì nei confronti di uno dei vitigni tipici della sua zona d’origine, il Grignolino: a tal proposito, esortava i contadini a non abbandonarne la coltivazione. I suoi studi furono determinanti per il salvataggio della produzione vinicola italiana dalla fillossera. Individuò infatti come unica soluzione quella di impiantare le viti sulle radici americane che avevano resistito al parassita e studiò il comportamento delle piante una volta innestate.

L’evento Onav è stato utile per parlare del successo mondiale del Prosecco
A proposito degli Stati Uniti, una curiosità: durante il proibizionismo l’azienda vinicola Calissano di Alba commissionò a Martinotti uno studio per la produzione di vino e vermouth senza alcol. Oltre a trattare le similitudini e le differenze tra i due metodi di produzione degli spumanti che a tutt’oggi caratterizzano il Moscato d’Asti - il classico Champenoise e il Martinotti-Charmat (l’enologo e ingegnere francese che sull’idea del piemontese brevettò nel 1910 l’attrezzatura per la produzione su larga scala) - l’evento Onav è stato utile per parlare del successo mondiale del Prosecco.
Antonio Carpenè e il Prosecco
L’approfondimento curato dal ricercatore Diego Tomasi ha riguardato la figura di Antonio Carpenè, chimico ed enologo che per primo scrisse “Prosecco” su un'etichetta e nel 1880 brevettò un impianto di gassificazione con l’anidride carbonica .Inoltre avviò un’industria veneta a Conegliano (Tv) capace di produrre ventimila bottiglie di vino frizzante già nel primo anno di attività. Mentre Martinotti proseguiva spedito sulla sua strada, Carpenè cercò più volte di convincerlo della bontà del proprio progetto alternativo senza mai riuscirci. A distanza di più di un secolo possiamo serenamente affermare che la diatriba tra i due scienziati non poteva che prevedere un solo finale. Il merito del successo del Prosecco e della valorizzazione delle peculiarità del vitigno Glera va infatti ascritto a Federico Martinotti da Villanova Monferrato (Al).

Durante la serata è stata approfondita anche la figura di Antonio Carpenè, il pimo a scrivere Prosecco su un'etichetta
Al di là delle polemiche del passato, e del dubbio che tuttora attanaglia i consumatori del vino con bollicine se preferire il Metodo Classico o il Martinotti (paragone improponibile visto che nel primo caso troviamo sfumature aromatiche più composite e profonde e nel secondo una maggiore attenzione alle caratteristiche varietali delle uve), il vantaggio più rilevante dell’intuizione del piemontese fu quella di consentire la produzione di vino spumante in tempi brevi, senza dover attendere il lavoro a lungo termine dei lieviti del metodo champenoise. Nel tempo, proprio le tempistiche snelle della rifermentazione in autoclave hanno contribuito a fare dello spumante Metodo Martinotti un comparto essenziale per l’economia italiana.