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Manuele Colonna, professione publican Anello centrale della catena birraria

Parliamo di birrai, birrifici, birre, eventi brassicoli, nuovi trend da tutto il mondo ma mai del lavoro del publican, anello fondamentale nella catena birraria. Spesso sottovalutati, raramente riconosciuti, sono i gestori di pub, meglio identificati come “spacciatori di birra”, in gergo. E sono proprio loro a far la differenza.

Giovanni Angelucci
di Giovanni Angelucci
18 febbraio 2018 | 09:15
Manuele Colonna, professione publican 
Anello centrale della catena birraria

Parliamo di birrai, birrifici, birre, eventi brassicoli, nuovi trend da tutto il mondo ma mai del lavoro del publican, anello fondamentale nella catena birraria. Spesso sottovalutati, raramente riconosciuti, sono i gestori di pub, meglio identificati come “spacciatori di birra”, in gergo. E sono proprio loro a far la differenza.

Perchè ad essere importante non è solo la qualità dell’insegna in cui si beve, ma anche e soprattutto il tipo di lavoro svolto dal publican che nel proprio locale “spaccia” le pinte da lui selezionate, inserendole in un mondo culturale a disposizione del proprio pubblico.

Manuele Colonna (Manuele Colonna, professione publican Anello primario della catena birraria)
Manuele Colonna (foto: Slow Food)

Va da sé pensare ai Paesi dalle grandi tradizioni in fatto di birra, ma oggi più che mai non è vero che bisogna cercare i “big” soltanto lontano dallo stivale, anche in Italia abbiamo dei grandi e Manuele Colonna è un personaggio che di certo ha il suo peso nel mondo della birra italiana (e non solo come vedremo più avanti), un publican della vecchia guardia, a tratti estremista, in prima fila nel movimento artigianal-brassicolo italiano, uno degno di nota la cui firma è su alcuni dei migliori luoghi dove bere birra a Roma, a Berlino, un libro porta il suo nome così come alcuni eventi, primo tra tutti EurHop.

«Ho aperto il “Ma che siete venuti a fà” nel 2001 - racconta Manuele - facevo diverse cose all'epoca, nulla di “solido” a livello lavorativo e nulla di inerente al mondo birra che sarei andato poi ad affrontare, a parte il piacere di farmi una birra con gli amici. In quei momenti Roma non era certo l’ideale a livello di varietà di scelta, ma c’era già qualche posto dove la birra veniva concepita in maniera differente, come Le Bon Bock, un locale storico della capitale ora noto per la selezione di whisky, ma è stato il primo a offrire un servizio e una ricerca che a me personalmente entrò nel cuore. La filosofia del nostro lavoro è sempre stata quella della ricerca e del servizio, con la corretta spillatura per ogni stile di birra, offrire quindi al cliente un'esperienza gustativa per fargli capire le potenzialità che una birra può avere. Tutti bevono birra, ma a conoscerla sono veramente in pochi, da lì siamo partiti».

Cosa vuol dire publican? Quali sono le qualità di un valido publican?
Il publican e il suo staff devono essere il tramite per portare l’esperienza di cui sopra ai massimi livelli per un consumatore. Deve conoscere il prodotto e rispettarlo, attraverso una ricerca che comporta anche l’incontro con i vari birrai (qua si parla a volte di piccole aziende, dove il birraio propone ciò che a lui piace, non una multinazionale che standardizza il prodotto per renderlo appetibile alla massa), viaggi, corsi, fino al semplice stoccaggio e servizio della birra, che nel mondo artigianale necessita di una cura quasi maniacale. In tutto questo deve anche essere un buon comunicatore e un buon padrone di casa, in grado di creare una giusta atmosfera nel suo locale e una alchimia perfetta con il suo staff. Ma quelle sono componenti caratteriali, e a volte è proprio questa la caratteristica fondamentale per far andare alla grande un locale.

In quale paese la figura del publican è più radicata?
La risposta potrebbe portare ovviamente alla figura del Landlord inglese, ma nel mondo “moderno” del craft non riesco a vedere un Paese migliore di altri sulla figura centrale del publican. In Italia abbiamo moltissimi esempi di grande professionalità, come raramente ne vedo in altri Paesi. Se devo fare un nome però cito Stene Isacsson, padrone di casa del miglior pub al mondo, l'Akkurat di Stoccolma, che recentemente ha lasciato dopo 20 anni per riaprire quella che era la locanda più antica in città, caduta nel dimenticatoio.

Molti ti reputano uno “giusto”, forse un pizzico fondamentalista ma un professionista di cui fidarsi. Tu che publican sei?
Lavoro poco al bancone attualmente, mi occupo di formare la “squadra” e della selezione che mi piace avere nel mio pub. Come il suddetto Stene, faccio parte di un movimento più pionieristico, sono legato a momenti nei quali bisognava quasi “evangelizzare” ogni cliente che entrava, creare una base dal nulla. Sono quindi rimasto con un concetto forte di ricerca e di solidità sulla birra “da bere”, spesso non vedo di buon occhio le derivazioni gustative a volte esagerate che la birra artigianale ha preso negli ultimi anni, bado alla concretezza, a ciò che resiste alle mode, alla birra da bere con gli amici, semplice e complessa allo stesso modo… ma “resistente” nel tempo. Dico quello che penso e bevo ciò che mi piace, fortunatamente vedo che nel mio locale è una filosofia che funziona.

Come ha fatto il tuo locale a diventare meta di pellegrinaggio di appassionati e birrofili?
Proprio per le ragioni di cui sopra, aggiungendo la condivisione di una passione vera che trova il suo culmine quando incontri gente che viene appositamente per bere bene. Regaliamo un’esperienza, appunto. Mai essere passivi col cliente, ci vuole equilibrio senza forzature, ma bisogna comunque saper guidare il cliente cercando di prevedere cosa serve a lui per uscire da noi con un buon ricordo.

In una recente intervista hai definito il “bancone come un teatro”, cosa vuoi dire?
Il bancone è un teatro perchè tu dietro devi essere il protagonista, senza dimenticarti del pubblico che è lì per avere una esperienza piacevole, che potrà ricordare. Se non hai passione, se non sai comunicarla, meglio fare altro. I prodotti buoni non bastano.

Come scegli le birre che avranno l’onore di far parte della tuo impianto di spillatura?
Mi lascio la possibilità di farmi sorprendere. Anche il rapporto umano con il birraio conta molto. Cerco di capire se una birra ha la possibilità di fare la differenza, cosa che accade raramente, ma quando avviene mi riempie di felicità e non vedo l’ora di condividerla con il mio staff e la comunità più stretta che da anni forma la nostra clientela. È molto più intuitiva come cosa, c'è il lato dell'appassionato ma anche quello del commerciante che sa vedere le varie fasi del mercato, sia nel cavalcarlo, nel seguirlo gentilmente o provare a modificarlo creando nuove tendenze.

Di solito i publican sono influenzati nelle proprie scelte dai premi che le birre ricevono? E tu?
I premi contano poco, creano curiosità, ma spesso oltre quello non si va. Ci vuole altro per rendere una birra capace di rimanere nel cuore e nei fegati del consumatore per tanto tempo.

Che rapporto ha il publican con la schiuma delle birre che serve?
È il servizio, il saper ottimizzare ogni birra che viene servita. La schiuma e il giusto livello di anidride carbonica sono fondamentali per dare il giusto “vestito" alla birra che il cliente andrà a bere. Oltre ovviamente ad avere un impianto ben pulito per regalare l’aroma e il gusto sempre ai massimi livelli.

Che stato di salute ha secondo te il mondo brassicolo artigianale italiano? E chi sono i suoi angeli e demoni?
Visti i numeri sembrerebbe in salute, in costante crescita, ma ha anche i suoi lati oscuri che sono proprio nell’alto numero dei birrifici e dei punti vendita, spesso aperti senza cognizione, con approssimazione. Tutto questo porta al palato di molti birre discutibili, servite o brassate senza un minimo di cultura birraria dietro, e il consumatore potrebbe facilmente disaffezionarsi alla birra artigianale. Una industriale per sua natura non regala troppe sorprese, quella artigianale può essere buonissima ma anche pessima come poche cose da bere. Ci vuole attenzione e la giusta formazione per tutta la filiera, altrimenti il giocattolo si potrebbe rompere con estrema facilità.

Ma un publican non dovrebbe starsene dietro il suo bancone a servire i propri clienti? Tu invece hai scritto un libro, ti occupi di eventi. Racconta un po’ che fai e che progetti hai..
È la vecchiaia… dopo tanti anni di bancone non ho smesso di viaggiare per trovare nuove birre, per andare a trovare vecchi amici. Il libro è stato scritto per condividere queste esperienze, è una cosa che mi è piaciuto fare e non è detto che non scriva ancora, ogni tanto raccontare e consigliare a chi condivide la stessa passione, vedere negli occhi di chi poi segue quei consigli la stessa bella sensazione che si ha nell’incontrare le persone meravigliose che compongono il nostro mondo, è una cosa che dà soddisfazione. Se si ha o si vive una cosa bella, perché tenerla per sé?

La Franconia ti ha stregato, addirittura ne hai fatto un libro, perché? Aprirai mai un birrificio in Oberfranken?
La Franconia è una terra non solo naturalisticamente splendida, ma trascorrere del tempo nei suoi villaggi, visitando i piccoli birrifici familiari che lentamente segnano il ritmo della vita sociale di quei piccoli paesi, aiuta a tornare alle origini e al vero senso di una birra: la condivisione. Mai potrei pensare di aprire qualcosa là, bisogna solo preservare quello che già c'è, e non è un’impresa facile.

Il mondo della birra artigianale italiana pare essere colmo di esperti, a tratti saccenti, qual è secondo te il vero livello della cultura brassicola nel nostro Paese e come si può crescere?
Il livello è basso, e fin quando rimane tale, sarà possibile per molti attori della filiera essere protagonisti senza avere la minima competenza per farlo. Spero sempre in una maggiore consapevolezza da parte di tutti, proprio per la salvaguardia del mondo artigianale, che senza adeguata preparazione, rimane fine a se stesso e senza un solido futuro.

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