Novavax è il nuovo vaccino approvato dall’Ema, Agenzia europea dei farmaci. Il siero della società Usa con sede nel Maryland, chiamato Nuvaxovid (NVX-CoV2373) è stato infatti testato fino all'ultima fase e ora potrà essere commercializzato in Europa. È indicato dai 18 anni in su. Attualmente è autorizzato in via emergenziale in alcuni Paesi asiatici (Indonesia, Filippine). La Commissione europea ha già comunicato di aver ordinato 27 milioni di dosi che arriveranno nei primi mesi del 2022. Il contratto firmato con Novavax consente poi agli Stati membri di acquistare altri 100 milioni di dosi nel corso del 2022 e del 2023.

Il quinto vaccino è in arrivo
Efficacia al 100% sui casi severi
Il trial clinico di Fase 3 del vaccino ha mostrato un’efficacia comparabile a quelli a base di mRna (Pfizer e Moderna). Lo studio conclusivo, condotto in Gran Bretagna quando la variante Alfa era prevalente e pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha confermato un’efficacia del 96,4% contro il ceppo originario del virus, dell’86,3% contro la variante Alfa e dell’89,7% in generale.
Negli Stati Uniti e in Messico è stata condotta una seconda indagine, il cui risultato è stato del 100% di protezione contro la malattia moderata e grave e il 90,4% di efficacia totale. Il vaccino NVX-CoV2373 è anche sicuro: contiene un antigene proteico purificato e non può replicarsi né causare Covid.
Gli studi cardine menzionati sono: Prevent-19, che ha arruolato quasi 30.000 partecipanti negli Stati Uniti e in Messico (e ha raggiunto un’efficacia complessiva del 90,4%), i cui risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine; e uno studio con oltre 14.000 partecipanti nel Regno Unito che ha raggiunto un’efficacia complessiva dell’89,7%, i cui risultati sono stati pubblicati sempre su Nejm.
Un'arma contro Omicron
Ma come si comporta Novavax contro le varianti? Novavax sta proseguendo i test sulla sua terza dose confermando un aumento fino a 4,3 volte più del picco delle due dosi, con una risposta specifica della variante Delta di 8,1 volte superiore rispetto al ciclo di vaccinazioni primarie. Ecco perchè c'è fiducia sul fatto che il vaccino consenta anche una copertura anticorpale più ampia per avere una certa protezione contro l’Omicron, ma non ci sono studi specifici in merito. L’azienda ha annunciato di aver iniziato studi in merito e di aver avviato lo sviluppo di un vaccino specifico contro Omicron che potrebbe vedere la luce a gennaio.
L'ipotesi è che Novavax potrebbe essere usato solo come booster (terza dose) oppure che potrebbe essere usato nei Paesi in via di sviluppo dove i vaccini utilizzati non sono efficaci contro Omicron.
Dati confortanti sulla sicurezza
Gli effetti indesiderati osservati con Nuvaxovid negli studi sono stati generalmente lievi o moderati e sono stati eliminati entro un paio di giorni dopo la vaccinazione. I più comuni erano dolorabilità o dolore al sito di iniezione, stanchezza, dolori muscolari, mal di testa, sensazione generale di malessere, dolori articolari e nausea o vomito. Non sono stati rilevati episodi della sindrome di Guillain-Barré, di miocardite o pericardite e trombosi immunitaria indotta da vaccino con trombocitopenia durante il periodo di follow-up di sicurezza relativamente breve considerato (di due mesi). Il monitoraggio della sicurezza a lungo termine continua per 24 mesi dopo la vaccinazione iniziale.

Restano ancora alcuni dubbi
Il punto di forza di Novavax è la tecnologia su cui si basa, che, in uso da molti anni, potrebbe in teoria convincere anche chi non vuole vaccinarsi con Pfizer e Moderna. Il vaccino proposto dalla casa di biotecnologie statunitense è basato, infatti, sulla tecnologia delle «proteine ricombinanti», che possono, cioè, assemblarsi per formare particelle simil-virali che inducono il sistema immunitario a produrre anticorpi. È una piattaforma di vaccini ben testata in passato e ora. Il vaccino viene somministrato in due dosi uguali a distanza di 21 giorni e conservato a temperature di frigorifero normali fino a 6 mesi.
Il vaccino sui neonati
«NVX-CoV2373 (è il nome del vaccino, ndr) introduce nell’organismo la proteina Spike messa a punto in laboratorio e mixata con un adiuvante a base di saponina che serve per stimolare il sistema immunitario innato. Quest’ultimo aiuta a sua volta l’innesco della “risposta adattativa”, ovvero i linfociti T e B, e di conseguenza la produzione di anticorpi diretti contro il coronavirus», ha spiegato al Corriere Sergio Abrignani, membro del Comitato Tecnico Scientifico (Cts) e Ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano. «È una tecnica utilizzata da più di trent’anni: ha permesso di produrre vaccini oggi usati anche per proteggere i neonati, senza il rischio di effetti collaterali di rilievo: sono quelli contro l’epatite B, il meningococco B, l’herpes zoster e l’Hpv. Può rappresentare un’arma importante verso indecisi e timorosi», ha sottolineato Abrignani.
In conclusione, gli esperti di Ema sostengono che mantenere un portafoglio diversificato di vaccini che utilizzano tecnologie diverse è il modo migliore per proteggersi dalle nuove varianti del coronavirus e dagli sviluppi imprevisti della pandemia.